08 – Favignana




Facciamo gasolio al distributore bunker che c’è al molo principale dei traghetti, cosa peraltro che pensavo non fosse possibile per le barche da diporto, visto che le colonnine distributrici sono sottoterra e da lì escono dei tubi enormi che si collegano ai serbatoio degli aliscafi. E invece, con un tubo lunghissimo e di poco più sottile degli altri, il benzinaio mi porge una pistola enorme che poggio delicatamente alla bocchetta del serbatoio e inizio piano piano a riempirlo. Usciamo dal porto e con il solito venticello da nord raggiungiamo Favignana in un paio d’ore. La baia di Preveto è piena di barche, non ho voglia di intrupparmi in questi mega parcheggi vacanzieri. Poco più avanti c’è una seconda baia, Cala Stornello, che è abbastanza riparata dal mare da nord, non ha tanta sabbia sul fondo, ma qualche chiazza qua e là, giusto per dare àncora in sicurezza. Acqua bella, un po’ mossa dal vento e dai gommoni che anche qui, seppur in misura molto minore, fanno avanti e indietro facendo il tour di tutta l’isola. Non ho voglia di fare il bagno, gli altri invece sono tutti giù, a nuotare e a fare tuffi. Per oggi staremo qui, poi domani vedremo. Mari vorrebbe andare a Marettimo, Tom invece vorrebbe scendere a terra, a Favignana, non so se più per la sua voglia insaziabile di gelati e granite, o se per la nausea che ogni tanto lo affligge con questo mare mai calmo, nemmeno in baia.

Il cortile della Tonnara Florio

Mercoledì 6 agosto, La Tonnara Florio
 
Facciamo colazione, un tuffo rinfrescante e poi via verso Lido Burrone, un’ampia baia qualche miglio più a est, da dove pare sia possibile andare a terra e raggiungere la città senza dover circumnavigare l’isola ed entrare in porto grande. Doppiamo Punta Sottile e di dirigiamo verso il piccolo porto di Calamonaci, alla ricerca delle solite macchie di sabbia per mettere àncora in sicurezza e senza rovinare la posidonia. Ero già pronto a fare due viaggi con Ev per raggiungere il porto ma Matt ha deciso di andare a nuoto, e così in quattro sul dinghi, con il bordo del tubolare che sfiora pericolosamente il pelo dell’acqua, lentamente entriamo in questo minuscolo e grazioso porticciolo. 

Il porticciolo di
Calamonaci

La strada per la città è tutta sotto il sole cocente d’agosto, e ahimè nessun albero ci concede la sua preziosa ombra. Incontriamo tanti turisti, quasi tutti in bici elettriche, che in costume e borsa mare al seguito, pedalano allegramente diretti proprio alla grande spiaggia di Lido Burrone. Le vie cittadine brulicano di turisti, tutti a ripararsi sotto le tende o gli ombrelloni di bar e ristoranti. L’odore di arancini esce invitante dai piccoli negozi lungo la strada che porta alla piazza, con i loro dehors di pochi tavoli sempre affollati, e anche noi ne cerchiamo uno prima di andare a visitare lo Stabilimento Florio, la grande tonnara di Favignana che per più di cento anni ha pescato e inscatolato decine di migliaia di tonni, sgombri e sardine.  



Oggi è un museo sulla storia della pasca al tonno di Favignana, molto interessante ma non ben organizzato. Gli spazi enormi di questo complesso industriale sono stati tutti ristrutturati, ma solo in parte sono occupati dal “percorso museale”, che sparpagliato in tanti edifici è alla fine un po’ caotico e ti racconta poco di questa storia del lavoro dell’uomo. 

Le barche dei tonnarioti

Le vecchie ed enormi barche in legno, con i remi quadrati, sono ancora visibili sotto le arcate aperte verso la spiaggia, pronte ad essere calate in acqua; in uno dei cortili, a fianco delle ciminiere, si vedono i pentoloni dove si cuoceva il tonno, e in un altro padiglione ci sono anche le pile di scatole di latta, stampate, piegate e assemblate dentro lo stabilimento. Non so se in tutte le tonnare si producevano le scatole per il tonno, ma in questo sì, e ce ne sono di tutti i formati e colori, un vero ciclo completo della lavorazione del pesce. Sotto la volta di un dei portoni di ingresso ci sono le targhe che commemorano le grandi annate di pesca, come quella del 1859, con più di diecimila tonni pescati!
La tonnara ha chiuso la sua attività negli anni settanta del secolo scorso, e il racconto degli ultimi  vecchi lavoratori, con le video interviste a figura intera proiettate all’interno di uno dei padiglioni, è forse la cosa che più mi è piaciuta, cercando di immaginare la vita di questi pescatori e operai del mare. Racconti spesso fatti in dialetto, o meglio in una lingua mista di siciliano italianizzato, dove parole e verbi si fondono in una costruzione fantasiosa e tenera.


Il padiglione delle
interviste

Giovedì 7 agosto
 
Oggi pomeriggio abbiamo rischiato di andare a fuoco. Dopo una giornata passata a fare dei bagni, e dopo aver visitato il Centro recupero delle tartarughe, ci siamo spostati in una nuova baia per passare la notte un po’ più riparati dal moto ondoso, vero “nemico pubblico” di queste giornate all’àncora. Siamo alla ricerca della solita chiazza di sabbia facendo lo slalom fra le tante barche già ferme nella baia di Preveto, quando uno strano odore di bruciato mi pizzica le narici, ma non ci faccio molto caso, sarà qualche cosa che brucia a terra, penso io. Poco dopo però Tom, che era sottocoperta, urla che c’è del fumo nella mia cabina! Mi precipito sottocoperta, lasciando il timone a Mari e cerco di capire che succede. Apro lo stipetto a prua, dove c’è alloggiato il motorino del salpa ancora, e viene fuori tanto altro fumo. Temo che sia andato qualcosa in fiamme e libero immediatamente lo spazio dalle magliette, mutande e ciabatte che ci sono dentro. Alla mie spalle arriva Matt, che ha sentito il mio “stiamo bruciando”, con un estintore in mano, pronto a riempire la cabina di polvere antincendio. Per nostra fortuna è solo fumo, puzzolentissimo ma solo fumo. Non capisco cosa sia successo. Tocco il motorino con una mano, bollente; i fili elettrici che collegano il winch a motorino, anche loro caldi. Temo che si sia fuso tutto e che rimarremo senza salpa ancora per il resto del viaggio. Mi viene lo sconforto, ma secondo Matt non è detto che si sia rovinato il motorino; si è solo surriscaldato, forse perché è stato azionato involontariamente a lungo, proveremo più tardi, quando si sarà raffreddato; per il momento daremo ancora “a mano”. Così si mette un bel paio di guanti e torna a prua. Io mi rimetto al timone e Mari a mezza barca a passare gli ordini da prua a poppa e viceversa. Tutto va alla perfezione e ci fermiamo comodamente fra due gommoni di bagnanti, molto vicini e molto incuriositi dal nostro ancoraggio manuale.
Verso sera, quando ormai in tanti hanno lasciato Preveto, e il motorino elettrico si è raffreddato, facciamo la nostra prova: funziona, nessun problema ulteriore, se non una tremenda puzza di bruciato con la quale dovrò condividere il sonno nelle prossime notti.



 
Venerdì 8 agosto, Trapani
 
Anche questa notte vento forte da nord, con tante raffiche che secondo me hanno toccato i 20 nodi. Vogliamo rientrare a Trapani in mattinata, ma abbiamo il vento contro e non possiamo sfruttare le vele. Al marina dove abbiamo prenotato ci aspettano solo nel pomeriggio, ma se riusciamo ad arrivare per le 12 c’è il marinaio che può farci ormeggiare. Salpiamo immediatamente e a tutta birra, per modo di dire, corriamo verso il porto. Doppiamo la punta sud-ovest di Favignana e lungo tutta la costa vediamo decine di barche alla fonda, molte di più di quelle che abbiamo lasciato a Preveto. E tante altre arrivano da Trapani e da Marsala, tutte barche a motore e gommoni, che saltano e rimbalzano sulle onde, con i passeggeri aggrappati alle cime laterali dei tubolari per non essere sbalzati fuoribordo, e con i “piloti” che spingono al massimo i loro motori, fieri e orgogliosi della potenza dei loro cavalli! È un assalto, e ci viene spontaneo pensare ad Apocalipsy now e alla valchirie!
A Trapani ci arriviamo alle 13 in punto, un’ora dopo del previsto, ma Cristian ci ha aspettato per l’ormeggio, nonostante dovesse scappare a casa a preparar da mangiare ai suoi figli. 
Assaporo già una mega doccia e mi godo l’acqua calda che scorre sulla mia pelle insaponata. Un po’ troppo calda però, e quando giro il rubinetto verso l’acqua fredda diventa ancora più calda. Mi sto ustionando senza capire dove trovare l’acqua fredda! Alla fine sono costretto ad uscire dalla doccia del bagno e ad andare in quella esterna, a temperatura ambiente, praticamente calda, ma almeno utilizzabile.
Questa sera si va al ristorante, niente pentole e padelle e niente piatti da lavare. Mari ha prenotato al Cartagho, ristorante tunisino dove pare facciano un ottimo couscous. È vero, si mangia bene e le porzioni sono così abbondanti che ci portiamo via ben tre dog-bag!




Sabato 9 agosto
 
È l’ultimo giorno di vacanza per i nostri amici “amburghesi” e già dalla mattina cominciano i preparativi. Scarpe, magliette, pantaloni, costumi, libri, borracce e asciugamani escono alla rinfusa dalla cabina di Tom e Sophia per trovare posto ordinatamente nel loro rispettivi zaini prima ancora di andare a far colazione. Tom da giorni sogna di mangiare un cannolo, ma per un motivo o per un altro ha sempre dovuto rinviare, oggi invece è la volta buona e la pasticceria di fronte al Palazzo delle Poste è un ottima scelta. Fanno anche delle buone granite di mandorla e brioche, che diventa subito la mia scelta per colazione.
Passiamo il resto della mattinata passeggiando per Trapani e poi rientriamo in barca, aspettando le tre del pomeriggio al fresco del tendalino. Quando il bus per Palermo si allontana mi viene il solito momento di nostalgia, e senza voltarmi a guardar dentro mi incammino verso il Marina.


Non ho voglia di tornare in barca, continuo a camminare verso la periferia della città dove ho visto che c’è l’unica ferramenta aperta questo sabato pomeriggio. Mezz’ora a piedi, dice googlemaps, non è tanto. Devo trovare un pulisci contatti elettrici, che Max mi ha suggerito di comprare per fare un po’ di manutenzione al salpa ancora. Lui e Roberta arriveranno stasera tardi a Trapani e staranno con me in barca fino a Lampedusa, dopo ferragosto. Spariscono le ultime case, accanto a me solo capannoni, parcheggi di bus urbani, e le mura di confine dei cantieri del porto commerciale. La strade a doppia corsia su cui cammino è deserta e poco usata, ci crescono in mezzo anche le erbacce. Svolto l’angolo di un magazzino chiuso e lungo il marciapiede incontro un uomo e una donna che hanno tutta l’aria di essere dei turisti. Ma che ci fanno qui? Uno dei due ha in mano un telefono, sicuramente vittime anche loro di Maps e delle sue strade più brevi che suggerisce sempre improbabili e orribili scorciatoie.
La ferramenta c’è, è aperta, ma non ha quello che cerco. Torno mestamente indietro e passo il resto del pomeriggio a riorganizzare gli spazi in barca, a pulire un po’ le cabine e a rifornire il frigo del necessario, birre in primis.
 
Domenica 10 agosto
 
Max e Roberta sono arrivati ieri sera poco prima di mezzanotte. Avevo pensato di passare un giorno a Trapani, immaginando che volessero vedere la città prima di andare “al mare”, ma non è così. La conoscono già e quindi facciamo cambusa per qualche giorno e ci prepariamo a partire. Vento da nord, al solito, e vele spiegate per una bellissima veleggiata al traverso, con velocità che supera gli 8 nodi! Mi sono dimenticato però di chiudere le prese a mare, e con la barca così sbandata è risalita l’acqua allagando il bagno. Solo il bagno però, le bottiglie di vino in sentina sono salve! Ci fermiamo a Lido Burrone, ancora una volta a sud di Favignana. Da tre giorni non faccio un bagno in mare, ma quando entro in acqua un freddo tremendo mi attanaglia e mi fa schizzar fuori in pochi secondi. L’acqua è gelida, e non capisco perché. Accendo il termometro che misura l’acqua sotto la chiglia e leggo 20,1°.  Come è possibile? Solo due giorni fa nello stesso posto segnava 26 gradi. Max, che è andato a controllare l’àncora mi dice che giù è ancora più fredda, solo 19 gradi! Più tardi, quando siamo tutti di nuovo in barca all’asciutto, vediamo su un sito internet che riporta le temperature del mare che tutta l’area delle Egadi e fino a Pantelleria è in una bolla di acqua fredda, mentre il resto del Mediterraneo e sui 28 gradi. Ma pensa te che sfiga!


Roberta e Max in navigazione verso Marettimo

Marettimo, Cala Conca
 
Prima di lasciare Trapani abbiamo modificato i nostri piani, e anziché andare a Pantelleria, che non è molto facile da visitare in barca a vela, perché ha pochissimi posti dove fermarsi alla fonda, abbiamo scelto di fare sosta a Mazara del Vallo e poi di fare una lunga tappa di 120 nm direttamente per Lampedusa. Per cui questi due giorni li passeremo qui alle Egadi e quindi stamattina andiamo a Marettimo. Stesso vento, stessa barca sbandata, stessa velocità. Entriamo a Cala Conca insieme ad altre due barche e ancoriamo non lontano dal campo boe attualmente non in uso. Qualche metro sotto di noi vediamo infatti le grosse boe ancorate al fondo, alle quali penso che si fissino i gavitelli che arrivano a pelo d’acqua per i diportisti. L’acqua è trasparente, e il mare molto più caldo che ieri. Ottimo per fare snorkeling e nuotate, ma è un po’ mosso e ancora una volta non ho voglia di fare il bagno. Rimango tutto il pomeriggio in barca, a dormicchiare, a prendere il sole e a leggere. La sera è tranquilla, niente vento, solo un po’ di onda ma sopportabile. Cielo stellato, ma la luna ancora quasi piena compromette la nostra ricerca di stelle cadenti.

Marettimo, Cala Conca

Martedì 11 agosto
 
Ormai dovrei averlo capito che in queste isole è quasi impossibile ripararsi dalle onde, e che queste baie sono molto più esposte che altrove. Abbiamo passato una notte ancora una volta in dormiveglia, con un continuo rollio accompagnato dal vento da terra, e per di più verso le cinque del mattino ci si è messa pure la catena dell’àncora a rovinare il sonno, sfregando contro le boe sommerse e producendo un suono fastidiosissimo. Torno in cabina cercando di dormire un po’ e fino alle otto ci riesco. Quando mi sveglio Roberta e Max hanno già fatto il primo bagno e stanno facendo colazione. Hanno intenzione di andare in paese facendo il sentiero che parte da Cala Conca, ma per arrivare a terra decidono di andarci a nuoto e non con il dinghi. Con ben tre borsini waterproof e due borracce al collo nuotano verso un piccola piscina naturale che permette di salire facilmente dagli scogli e prendere il sentiero che in un’ora e mezza li porterà in paese. Io resto in barca, in questa baia senza internet e senza telefono, aspettando il momento giusto per fare un bel giro lungo le scogliere che promettono di regalare magnifici paesaggi sottomarini e tanti pesci da vedere. Sbaglio però il momento, e nel giro di poco il mare si agita, la baia si affolla di gommoni e barchini e io resto confinato in barca rollando e barcollando con le onde che entrano prepotenti da sud-ovest. Pazienza, ci vuole pazienza, quest’anno il mare non vuol saperne di essere calmo e placido, tutt’altro.


Nel primo pomeriggio rientrano Max e Roberta e leviamo subito l’àncora per tornare a Favignana, per passare la notte nella baia di Prèveto, speranzosi di dormire un po’ decentemente, a dispetto della musica diffusa ad alto volume da una delle tante barche alla fonda. Domani lasceremo le Egadi e andremo a Mazara del Vallo. Inizierà un altro viaggio.

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