07 - Egadi
Sei del mattino. La sveglia ha già suonato. L’ho spenta e sono rimasto a controllare il meteo. Come ieri, vento in faccia e un metro di onda. Vorrei tanto che si sbagliasse, e tutte le volte che le previsioni vanno contro i miei piani spero sempre che non ci prendano, che commettano clamorosi errori e che la realtà sia diversa. Preparo la caffettiera mentre c’è chi va in bagno e chi mette a posto il proprio letto. Tom e Sophia dormono, o quasi. Si accende il motore, via le cime e si esce.
Monte Pellegrino è già illuminato dal sole, sorto da quasi due ore, che lo colora di giallo, la spiaggia di Mondello è ancora deserta e Capo Gallo ci ripara dal mare, che di lì a poco solleverà la nostra prua facendola battere sull’acqua e facendoci soffrire un po’ nella lunga via verso San Vito lo Capo.
Tutta la costa in questa parte di Sicilia mi è sempre piaciuta tanto, con belle e ripide montagne, isolate alture in verità, che si alternano a lunghi tratti di spiagge e pianure. Alcamo, Castellammare, Scopello, la riserva dello Zingaro, e alla fine San Vito lo Capo. E un mare così profondo e ripido da schizzare da 500 metri di fondale a meno di 5 metri nel giro di pochi minuti di navigazione!
Di fronte al piccolo porto di San Vito c’è una bella spiaggia di sabbia, dove fermiamo Eleftheria all’àncora. Ci sono tante altre barche insieme a noi, ma come ormai abbiamo imparato non resteremo in tanti per la notte. Prima che cali la sera mettiamo in acqua Ev e scendiamo a terra. Matt e Marilena sono andati a nuoto, Tom, Sophia ed io invece andiamo con il dinghi, rischiando purtroppo di insabbiarci una volta entrati in porto, non considerando che quasi metà della bocca d’ingresso è profonda non più di 50 centimetri; vero è che ci sono le boe di segnalazione, ma mai avrei pensato che un tender non riuscisse a passare senza strisciare con il fuoribordo sulla sabbia!
Rientriamo a bordo dopo aver fatto una sosta obbligatoria in pasticceria, per rifornirci di ottimi dolci per la sera.
Giovedì 31 luglio. Da San Vito a Levanzo
Una notte così cattiva in mare non la passavo dal 2020, quando in Salento ci fermammo di fronte ad una spiaggia battuta dal vento e dalle onde, dopo aver lasciato Leuca e il suo porto affollato.
Non abbiamo chiuso occhio tutta notte, nessuno di noi c’è riuscito, e sicuramente nemmeno gli altri occupanti delle barche che hanno preferito rimanere all’ancora anziché riparare in porto. Nonostante le indicazioni del portolano, che dice che questa zona è protetta da ovest, nella realtà il vento da ovest aggira il capo ed entra prepotentemente in baia, creando anche una orribile e fastidiosa risacca sulla spiaggia. Insomma un disastrato di ancoraggio, la prossima volta solo con venti da sud rimarremo qui.
Alle sette siamo già in marcia per le Egadi. L’onda che ci ha massacrato il sonno è ancora più aggressiva e ci costringe a cambiare rotta e puntare su Levanzo anziché su Marettimo. La prima baia che raggiungiamo, sul lato sud dell’isola, è piena di boe d’ormeggio, molte delle quali occupate da barche e da gommoni. Nella seconda baia invece non ci sono boe, solo barche all’ancora, il posto giusto per fermarci. Stanco dalla notte insonne mi stendo in pozzetto e mi addormento, mentre Tom inizia il balletto dei tuffi dalla barca, che sono la sua passione. Uno dopo l’altro arrivano i primi gommoni di bagnanti, che cominciano a riempire ogni spazio disponibile.
Poi è la volta delle barche a motore dei tour tipo “spaghetti e bagno al mare”, con dentro quindici o venti persone provenienti da Trapani; infine arrivano le mega barche turistiche, quelle a due ponti e con decine di turisti pigiati come sardine, intenti più a fare dei selfie che a guardare il panorama e rendersi un minimo conto di dove sono, ammesso che gliene importi qualcosa. Quando la baia è già piena e sembra non ci sia più spazio per nessuno, è il turno di “quelli dell’aperitivo al tramonto”, cioè dei gommoni a chiglia rigida con dentro una decina di persone cadauno, che si affiancano uno all’altro e che stappano bottiglie di vino brindando sotto il sole cocente, perché il tramonto in realtà è lontano e alle sei devono essere di nuovo in porto! C’è anche chi stappa miseramente solo una bottiglia di birra, ma l’importante è il gesto, il contenuto non conta.
Quando il tramonto arriva per davvero e la luce del giorno comincia a spegnersi, la baia si svuota. Ormai l’abbiamo imparato, basta solo attendere un po’ per avere il giusto compenso e passare una tranquilla serata ed un’ancora più tranquilla notte sotto le stelle.
Marettimo
Ne sento parlare da sempre di Marettimo. È diventata per me una di quelle isole che non si possono non vedere almeno un volta nella vita. È un po’ come Itaca, isola iconica, bella a prescindere dalla sua stessa bellezza. Dista solo una dozzina di miglia da Levanzo, verso ovest.
Prima di arrivarci incontriamo anche un gruppo di delfini, con i quali cerchiamo di “giocare” un po’, anzi speriamo che loro abbiano voglia di giocare con noi; uno di loro si avvicina, ci guarda, fa un tuffetto sulla nostra prua e poi si allontana. Che esseri meravigliosi!
Ci fermiamo a Cala Manione, sulla punta nord dell’isola, una bella baia sabbiosa protetta da alte pareti a picco sul mare e dal torrione tondeggiante di punta Troia, con in cima una possente fortificazione, una torre di guardia saracena costruita attorno all’anno 800 e trasformata in castello normanno qualche secolo dopo.
Tuffi, snorkeling, nuotate, le solite cose che si fanno quando si arriva in una cala. La scogliera qui è molto frastagliata, ed è piacevole girare fra gli anfratti o attorno ai grandi massi sommersi alla ricerca di tane di pesci e di conchiglie. C’è anche un sentiero che parte dal Castello e pare che possa giungere fino in paese. Marilena va a nuoto sulla costa per vedere se c’è un punto in cui sia possibile lasciare il dinghi e scendere a terra. La vediamo tornare molto velocemente e a pochi metri dalla barca si sbraccia e urla, dicendo che ci sono due francesi sul sentiero che stanno morendo di sete, e che bisogna aiutarli. Rapidissimamente mettiamo Ev in acqua, prendiamo un paio di bottiglie e partiamo per questo soccorso improvvisato. I due francesi sono veramente alla frutta, stanno facendo il giro di tutta Marettimo, ma i tre litri e mezzo d’acqua che si erano portati dietro sono finiti prima del previsto, e per arrivare in paese mancano ancora un paio d’ore di cammino! Ci ringraziano a mani giunte e si attaccano alla bottiglia d’acqua, anche se noi non li vediamo, ma immagino la scena.
Sabato 2 agosto, Marettimo
Il paese di Marettimo ha un’aria molto tranquilla, e le sue case semplici e bianche, con le finestre quasi tutte azzurre gli danno l’aspetto di un’isola greca. Spostiamo la barca all’ingresso del porto nuovo e con Ev scendiamo a terra, per prendere un po’ di pane, ma soprattutto per buttare un po’ di sacchetti di rifiuti, che stanno occupando troppo spazio a bordo.
Non ci sono bidoni pubblici, ci dice la barista del bar Scirocco (quello del lato sud, l’altro unico bar esistente nell’isola si chiama bar Tramontana, posto chiaramente a nord), ma alle quattro circa arriva il camioncino del netturbino e potete dare i rifiuti a lui, ovviamente tutti differenziati.
Rientriamo a bordo e una delle altre tre barche che come noi condivide questo ancoraggio “volante” davanti al porto sta facendo manovra per salpare l’àncora a andare via. Dopo dieci minuti è ancora lì che va avanti e indietro, che molla catena e recupera catena, che gira su sé stessa, si allontana e si avvicina, ma ha l’àncora inevitabilmente incastrata su qualche roccia sul fondo. Matt mi guarda con aria “da soccorso bis”; io guardo questa barca che gironzola sempre più vicino a noi senza riuscire a cavare un ragno da un buco. Saliamo su Ev, armati anche di pinne, maschere e go-pro, e ci avviciniamo.
-Serve aiuto? La risposta è un sì grande come una casa. Fissiamo la cima di Ev a prua di questo Hanse 40 e ci tuffiamo in acqua. Matt va giù a vedere come è la situazione, non buona. Da una fessura strettissima fra le rocce esce la catena, e l’àncora non si vede nemmeno. Facendo continue manovre senza che nessuno dell’equipaggio fosse in acqua a dare delle indicazioni devono averla incastrata per bene. Non è profonda, saranno cinque o sei metri al massimo, ma non si muove di un millimetro. Vado anch’io a vedere sotto, ma non riesco a capire in che direzione può essere tirata. A bordo preparano una cima pensando di sfruttare il winch elettrico per dare più forza al tiro. Mi passano un moschettone e la cima e scendo giù per fissarla all’anello più vicino possibile all’àncora stessa. Inizia il recupero, ma si ferma dopo solo un metro di catena recuperata. Però adesso si vede meglio il punto di incastro. Provano di nuovo a recuperare con il salpa àncora e la roccia fa un “ciocco”; si è creata una crepa ma nello stesso tempo si è bruciato un fusibile e la catena non va più su. Cambiano il fusibile a tempo di record, e tutto torna a funzionare. “Motore indietro, tira con il verricello”. Dal pelo dell’acqua, ma ad una certa distanza per evitare guai, do gli ordini ad una delle signore a prua che li gira al timoniere. “Indietro tutta... stop verricello... avanti piano... su verricello... avanti tutta!” Con un gran fracasso e con un gran successo l’ancora sbuca dalla roccia sollevata a forza, si libera del tutto dal suo fardello e penzola leggera a mezz’acqua, a pochi metri dalla superfice. È fatta, sono usciti da un incubo, e ci ringraziano tantissimo. Stanno per andare via quando ci richiamano e ci regalano due fresche bottiglie di Ribolla Gialla!
Finito anche il “salvataggio bis” torniamo alla nostra Cala Manione, non prima di aver depositato il rifiuti nell’attrezzatissimo furgoncino della nettezza urbana di Marettimo.
Favignana
Stasera faremo sosta in porto a Trapani, ma prima vogliamo fare un bel bagno a Favignana. Lella domani ha il volo di ritorno a Bologna e questa sarà l’ultima nuotata della stagione.
Vento e onda da ovest ci spingono in fretta verso Cala Rossa, nostra meta per la “sosta bagno”, ma non abbiamo fatto i conti con il “fattore domenica”. Decine di gommoni e barchini solcano le acque attorno a Favignana, producendo un moto ondoso che supera di gran lunga quello provocato dal vento. Cerchiamo un posto meno famoso di Cala Rossa, ma anche al Bue Marino è la stessa cosa, sembra di essere nel Canal Grande a Venezia dal gran traffico che c’è!
Ci fermiamo giusto per far passare il tempo, visto che non possiamo arrivare in porto prima delle tre del pomeriggio. Il vento da ovest ci regala una bellissima navigata a vela e raggiungiamo Trapani in appena un’ora e mezza, viaggiando anche a 7,5 nodi!
Ormeggiamo al Marina Levante, un cantiere navale che ha installato un paio di pontili per accogliere qualche diportista come noi, ma viene usato soprattutto da un charter nautico come base per gommoni che fanno viaggi giornalieri alle Egadi, e anche per alcune barche vela. Dopo cinque giorni di mare Eleftheria ha bisogno di una bella pulita dal sale, e anche per noi è giunto il momento di una lunga e rilassante doccia. Stasera si va al ristorante, e vogliamo essere un po’ più presentabili che non durante le cene in pozzetto!
Lunedì 4 agosto, Trapani
Ieri abbiamo fatto un bucato enorme, anche più consistente di quello di Cefalù. Ogni angolo della circonferenza di Eleftheria è stato coperto di panni stesi. Abbiamo usato perfino la drizza della randa, dentro la quale abbiamo fatto passare le magliette per le maniche per poi stenderle come del merluzzo ad essiccare. Stamattina era già tutto asciutto, nonostante la leggera umidità serale.
È la seconda volta che veniamo a Trapani. La prima è stata undici anni fa, quando abbiamo visto per la prima volta Eleftheria, in vendita a Pantelleria. Non pensavamo di comprarla, o meglio non sapevamo che da lì a poco l’avremmo comprata.
Prima di addentrarci fra le stradine del centro ci fermiamo in un negozio di nautica e comprare dei ricambi e a curiosare fra i mille articoli in vendita. Fra ferramenta e ship-chandler non so quale dei due sia il tipo di negozio che preferisco, ma in tutti e due i posti mi diverto a vedere novità e curiosità, pur non avendo nessuna necessità immediata, così, solo per gusto.
Gironzoliamo per Trapani, ventosa oggi, e con i cavalloni che si abbattono sulla lunga spiaggia a nord. I venditori di spremute di melograno attirano i turisti con carretti stracolmi di frutta ordinata a piramide, e con prezzi esosi che scopri solo dopo avere in mano il bicchiere pieno di ghiaccio e di succo rosso: ben 5 € per ogni spremuta!
Prendiamo i biglietti del bus per l’aeroporto, controlliamo gli orari, cerchiamo la fermata e nel pomeriggio saliamo sul pullman dell’AST diretto a Trapani Birgi.
È la stessa storia che si ripete da molti anni, con Lella che torna a casa in aereo e io che continuo in barca. Per fortuna quest’anno non sono da solo: Matt, Mari, Tom e Sophia staranno con me tutta la settimana, e anche nelle prossime settimane ci saranno altri amici che verranno a farmi compagnia.
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