06 - La Sicilia dei normanni
Alle 6 in punto di mercoledì 23 luglio lasciamo il pontile galleggiante del Porto delle Genti di Lipari e prendiamo la via di Cefalù. Si torna sulla terra ferma, perché per me, e penso anche per tanti siciliani, la Sicilia è sempre stata terra ferma, e non un’isola. Insieme a noi è salpata anche Tatiana, un mega yacht di 90 metri diretto a Palermo. Ieri abbiamo fatto la conoscenza con il suo dinghi, un motoscafo Wajler 38S, che si è fermato al nostro pontile per scaricare sacchi e sacchi di immondizia. Per pura curiosità sono andato a vedere cosa costa un barchino così e sono rimasto a bocca aperta a leggere l’astronomica cifra di 750.000€!!
Siamo soli in mare, come in ogni traversata di questa estate, piccola o grande che sia. L’onda lunga di mare morto, molto alta ma innocua, ci accompagna per tutto il viaggio, fatto quasi interamente a motore. Ci allietano un gruppo di delfini, che incrociamo quando siamo già al traverso di Filicudi; qualche berta che riposa sul mare e qualche gabbiano, ma quando siamo ormai vicino a Cefalù.
Il porto di Cefalù non è molto riparato. Ha un molo che copre il mare da nord ovest, ma è totalmente aperto a levante, e quindi quando arriviamo in porto, insieme a noi arriva anche la brutta onda da est che ci ha accompagnato nell’ultima ora di navigazione. Ci sistemiamo in un angolo del pontile, l’ultimo rimasto vuoto, accanto ad altra barca a vela, le uniche due presenti qui all’Approdo più, così si chiama il nostro pseudo marina. So già che non ci sono i bagni, ormai ci siamo abituati a farne a meno dopo due settimane all’Eolie, ma quando l’ormeggiatore ci dice che non c’è nemmeno la doccia ci resto proprio male.
-No, non ci sono, può usare la gomma sul pontile, tanto l’acqua non è fredda.
-Ma mi avevate detto che le docce c’erano!
-È il principale che dice così, ma non è vero, c’è solo una doccia tutta aperta, quelle da spiaggia, ma vecchia e brutta.
La barca rolla maledettamente, appena frenata dalla presenza dell’altra barca su cui siamo letteralmente poggiati.
-Stasera il mare si calma e sarete fermi – mi dice.
-Per fortuna domani c’è solo vento da ovest, quindi dovrebbe andar meglio – dico io.
-No -risponde l’ormeggiatore - quando arriva da ovest sbatte contro la costa e rientra in porto facendo risacca.
-Non è molto riparato, qui – aggiungo io.
-È un porto di merda – fa lui, senza peli sulla lingua.
Mentre ondeggio sul pontile che balla sotto le piccole e continue spinte del mare, guardo in faccia Lella, che ha un’aria molto cupa. Non abbiamo tempo però per lamentarci, dobbiamo andare a cercare una lavanderia per i nostri panni sporchi, che ormai occupano due borse piene piene.
Dieci minuti a piedi e siamo in centro. La lavanderia è subito lì, sulla strada d’accesso al paese. Riempiamo due belle lavatrici, una bianca e una colorata, e andiamo a fare due passi.
Bella Cefalù, bellissimo il Duomo. Tanti turisti, ma cosa vuoi aspettarti, ci siamo anche noi a far numero, quindi niente lamentale.
Quando rientriamo in barca per stendere il bucato il vento è aumentato e il mare ci fa rollare anche di più. Acrobaticamente, rischiando di cadere o di dare paurosi calci a bozzelli, rotaie, o alle altre numerose manovre di coperta di una barca a vela, sistemiamo i nostri panni sulle draglie e su tutto quello che può lasciarli sventolare per asciugarli in fretta. In tutto il porto si sentono continuamente i motori accesi di diverse barche, pescherecci soprattutto, che si preparano ad uscire per la sera, e che fanno un gran casino. La puzza degli scarichi dei motori diesel è insopportabile, e il vento ce la porta dritta sotto il naso. Lella è sull’orlo di una crisi di nervi, io pure, ma resisto.
Ceniamo con arancini e sfincioni, comprati in una rosticceria non troppo economica, e prepariamo il piano di battaglia: domattina si va via presto, dopo aver visto solo il Duomo e i suoi mosaici. Pazienza per il resto della città, ci torneremo magari in treno da Palermo.
Cefalù
Il mare questa notte si è calmato, e contrariamente alle attese abbiamo dormite bene. Facciamo colazione in Piazza del Duomo, con due ottime briosce appena sfornate ed entriamo in Duomo non appena aprono il portone d’ingresso. Ci avviciniamo subito ai mosaici, ma da ogni parte ci sono cordoni che ne impediscono l’accesso. Sono molto belli, ma da così lontano non si riesce ad apprezzarli per bene. Che strano, pensiamo, e che peccato visto che in chiesa siamo solo in poche persone. Uscendo chiediamo ad un tizio intento a pulire il pavimento se ci si può avvicinare di più ai mosaici, e ci risponde che la visita inizia alle 10, e che ovviamente si vedono da vicino!
Porca miseria! Tutto il nostro piano è andato in frantumi. Sconsolati ci sediamo in un panchina in corso Ruggero e rimuginiamo sul da farsi. Alla fine scegliamo di restare, e pazienza se il porto non è riparato e in barca non si riesce a star fermi, ci andremo solo per dormire.
È bella Cefalù, e la mattina presto, senza troppi villeggianti in giro, è ancora più bella. Stradine strette, vicoli ancor più piccoli e pieni di vasi di fiori, piazzette che si aprono improvvise fra le case, decisamente un bel posto.
Quando giunge l’ora di apertura al pubblico dei mosaici del Duomo andiamo dritti alla biglietteria, pronti a tuffarci fra gli ori e gli smeraldi delle tessere bizantine. Compriamo il biglietto, entriamo in chiesa e raggiungiamo l’abside con il Cristo pantocratore in magica posa. Ci siamo solo noi, stranamente, e la guida che ci ha aperto il cordone ci osserva e non si allontano più di tanto da noi. Dopo una decina di minuti, sempre con il nostro accompagnatore che non ci perde d’occhio, usciamo dall’abside e capiamo meglio il perché di tanta attenzione nei nostri confronti: sta per arrivare un mega prelato, non so da quale curia, per una messa importante, e la chiesa deve essere svuotata dai turisti. Ma Ignazio, così si chiama la guida, ci dice di non preoccuparci, ci farà rientrare nel pomeriggio e potremo stare tutto il tempo che vogliamo. Meno male, eravamo un po’ preoccupati per questo pressing non previsto.
Avendo tutta la giornata a disposizione facciamo un accurato tour del centro, andando a vedere ogni possibile monumento che il nostro biglietto ci consente di visitare. L’ultima nostra tappa è la salita alla Rocca che incombe sulla città. Circa 400 metri di dislivello, che immancabilmente affrontiamo alle due del pomeriggio. O almeno così pensavamo di fare, ma lasciate alle nostre spalle le ultime case e imboccata la stradina per il sentiero, ci troviamo di fronte ad un cancello e ad una biglietteria: per percorrere il sentiero della Rocca si paga! Non è possibile, qui si paga qualsiasi cosa, e non è che ci sia un servizio navetta o che so io che ti porta in cima, si paga e basta, poi la fatica di salire è tutta tua. Ci rifiutiamo di comprare il biglietto e andiamo via piuttosto stizziti. Sicuramente il giovanotto che era all’ingresso avrà pensato che eravamo due vecchi brontoloni, forse anche tirchi, visto che il prezzo era di soli 5 €, ma è il principio quello che conta, non si può pagare per salire su un sentiero!
In porto la nostra barca rolla paurosamente. Quelli che erano accanto a noi, e che in qualche modo ci tenevano un po’ più fermi, sono andati via e quindi a bordo di Eleftheria è come essere su un’altalena. Ci stiamo pochissimo, giusto il tempo di prendersi un po’ di ombra e rinfrescarsi con un po’ di vento, e poi torniamo in centro per la grande visita al mosaico. Ormai lo conosciamo anche nei dettagli, dopo la terza volta che lo osserviamo. Ignazio ci porta anche a vedere una cosa particolare, una lapide con un’iscrizione nella quale Tancredi, in punto di morte, raccomanda i suoi due schiavi a suo padre Ruggero II, chiedendone la liberazione. E l’iscrizione è stata fatta in Pannonia. Immaginate lo stupore di Ignazio, abbastanza dissimulato, quando gli ho detto che Lella conosceva la Pannonia e che c’era anche stata in vacanza qualche anno fa. Sono sicuro che in tutta la sua carriera non abbia mai incontrato una turista che conoscesse la Pannonia!
Palermo
Il giorno dopo siamo a Palermo, ed entriamo per la prima volta dopo quasi un mese di navigazioni, in un vero porto, riparato dal mare e con i servizi a terra completi. Ormeggiamo stretti fra due barche, tanto stretti che dobbiamo togliere qualche parabordo per poterci stare. Fa un caldo infernale, e non è tanto per dire. Il termometro segna 39°, e l’aria è molto umida ma dobbiamo prima lavare la barca dal sale, svuotare la cabina di poppa dalle nostre cose e liberare un po’ di posto in dinette per l’arrivo dei nostri amici da Amburgo.
Poi la tanto agognata doccia con acqua calda, ma soprattutto potendo usare contemporaneamente due mani per lavarsi, senza dover tenere un tubo in mano! Sembra poco, ma vi assicuro che cambia, cambia molto.
Le previsioni meteo per la prossima settimana non sono buone; pare che per almeno quattro o cinque giorni saremo costretti a stare fermi, a causa di un forte vento da maestrale e da ovest, e soprattutto per il mare molto mosso che c’è al largo di Trapani e San Vito. Ancora una volta Palermo ci costringe ad una sosta prolungata, vedremo di sfruttarla meglio possibile.
Verso mezzanotte arrivano Mari, Matt, Sophia e Tom, anche in anticipo rispetto alla loro previsione. Non ci vediamo da quasi due anni, dal nostro viaggio ad Amburgo, e restiamo a chiacchierare in pozzetto fino alle due di notte.
Sabato 26 luglio, Palermo
Sembrava tutto ok, ma stanotte la corrente elettrica dalla banchina è saltata e ci siamo trovati senza luce alle colonnine. Poco male, con i pannelli solari non ho bisogno di energia supplettiva, e il frigo resta lo stesso acceso, tutto il giorno. Sul pontile è ribellione. Inizia il caos alla ricerca del guasto. Tutta la giornata passa così, fra clienti che si lamentano e ormeggiatori che cercano di capire perché la luce salta in continuo. I diportisti incolpano il marina, che a sua volta incolpa qualche diportista di avere qualche apparecchio in corto e di far saltare le protezioni. Nessuno demorde, li ritroveremo a sera che stanno ancora litigando e “combattendo” contro l’entropia elettrica.
All’ingresso della Cattedrale la fila di turisti è lunga più di un centinaio di metri, sotto al sole, tutti con ventagli in mano, cappellini e occhiali da sole. Sfiliamo verso palazzo dei Normanni, poi Porta Nuova. Caldo, molto caldo. Un bar con tavolini e aria condizionata diventa una meta più invitante di un monumento affollato e caldo.
Arancini, granite e briosce con gelato a volte la vincono su affreschi, mosaici e facciate normanne. Quando usciamo dal bar sono appena le due del pomeriggio e non volendo passeggiare per il centro assolato, andiamo a vedere le catacombe dei cappuccini, luogo nel quale sono stato quarant’anni fa e mai più tornato. Per strada non c’è nessuno ma quando arriviamo alla biglietteria una coda lunghissima si snoda dentro il cortile del convento, fortunatamente all’ombra. Mi metto in fila, ma senza tanta convinzione da parte degli altri. Dopo mezz’ora cambiamo idea a torniamo alla Cala, il porto dove siamo ormeggiati.
Per oggi basta così, ceniamo in barca controllando le previsioni meteo, alla ricerca del momento buono per andar a San Vito, o del posto migliore dove andare a fare il bagno qui a Palermo.
Mondello
L’avevo vista sempre di passaggio Mondello, o dalla macchina, andando a Scopello, oppure dal mare, come due anni fa arrivando dalla Sardegna. Ora invece andremo a fare il bagno nella sua mitica spiaggia e a conoscerla più da vicino.
Prendiamo due bus ber raggiungere Mondello, il 107 e l’806. Il cambio è su una strada assolata subito dopo una rotonda. Sprovvisti di biglietti abbiamo provato invano di comprali in un tabacchi, ma ce n’erano pochi aperti e di quei pochi aperti nessuno li aveva. Pazienza, saliamo da “clandestini” condividendo la sorte con tutti gli altri passeggeri del 107, perché credo che nessuno li avesse.
Mezz’ora buona di sosta sotto il sole ed ecco arrivare il bus 806, diretto P.zza Crispi-Mondello. È pieno di persone in abbigliamento chiaramente da spiaggia che come noi passeranno la domenica al mare. Appena scesi Tom e Sophia non reggono un solo istante e si precipitano in acqua, attraversando un corridoio di spiaggia libera fra i tanti lidi che occupano la grande baia di Mondello. Al centro della baia c’è l’Antico Stabilimento Balneare di inizio novecento, collegato alla spiaggia da un lungo pontile. Tutto in muratura, bianco alternato ad un giallo leggero e celeste chiarissimo, in stile floreale, con finestrature da castello più che da luogo creato per fare un bagno al mare. Noi andiamo oltre, vogliamo fare il bagno “agli scogli” per fare anche un po’ di snorkeling.
Andiamo fino alla riserva di Capo Gallo, e ci fermiamo su una scogliera con un accesso al mare non proprio facile, tant’è che Matt ci rimette l’unghia di un alluce, graffiandosi contro uno scoglio per colpa di un’onda improvvisa. Il mare non è per niente calmo, ma si riesce lo stesso a fare un bel bagno. E poi Capo Gallo è un bel posto, con delle belle pareti calcaree dietro le spalle e con alcuni sentieri che permettono di conoscere meglio questo piccolo promontorio a pochi chilometri da Palermo.
L’806 questa volta lo prendiamo al capolinea di Mondello, dove c’è anche un chiosco per comprare i biglietti e viaggiare in regola. Si riempie subito, e già alla prima fermata non c’è più posto per far salire altri passeggeri, che inviperiti picchiano con i pugni contro le porte del bus che non si è nemmeno fermato. Non è che siamo così in tanti a dire il vero, ho viaggiato in bus ben più pieni a Bologna, ma stranamente l’autista sembra dare ragione ad una donna che ogni volte che ci avviciniamo ad una fermata urla “non c’è più posto, non possiamo viaggiare come sardine”.
Martedì 28 luglio, Palermo
Da due giorni il vento ha rinforzato molto, e abbiamo anche dovuto togliere il tendalino sopra il pozzetto per evitare che si strappasse qualcosa. Poi stanotte ha anche piovuto un po’ e oggi è una giornata decisamente brutta, con acquazzoni continui che ci costringono a rientrare precipitosamente sottocoperta e rimanere tutti al chiuso. Sembra che domani però si possa andar finalmente via da Palermo e, anche se ci sarà ancora un po’ di mare contro, il peggio dovrebbe essere passato. Dopo una mattinata passata quasi sempre in barca, oggi pomeriggio siamo usciti, qualcuno è andato al mare, qualcuno a riveder la cattedrale.
In porto si alternano le grandi navi da crociera. Da quando siamo qui ne abbiamo viste passare cinque o sei, non ricordo. Una più grande dell’altra, i soliti condomini galleggianti. L’ultima arrivata, ieri mattina, è la Grandiosa, della MSC. È andata via la sera stessa, diretta chissà dove.
Anche nel nostro pontile vi sono arrivi e partenze, non tantissime ma qualcuno si muove, forse diretto a est. Non credo che qualcuno sia andato verso San Vito, dove in mare aperto il meteo prevedeva onde fino a 3 metri!
Oggi pomeriggio faremo cambusa, prepareremo la barca e se tutto va bene domattina ci rimetteremo in marcia per San Vito lo Capo e poi per le Egadi. E speriamo che pioggia e vento si siano sfogati abbastanza in questa settimana di sosta forzata.
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