Le mie care isole greche
Sono arrivato a Vathì nel primo pomeriggio, sotto un sole cocente ma con la brezzolina pomeridiana che comincia ad alzarsi. Il porto è quasi vuoto, pochissime barche sono ferme in banchina e ancor meno alla fonda. Sono tutti in baia in questo momento, a fare i bagni. Ci ho provato anch’io a fermarmi a Sarakiniko, una delle più belle baie di Itaca secondo me, sia per il colore azzurro dell’acqua, sia per le scogliere con le pareti bianchissime a picco sul mare. Fondali troppo profondi però, e quelle poche anse dove l’acqua scendo sotto i dieci metri erano strapiene.
Pazienza, farò il bagno “da terra”, che poi non è nemmeno così brutto, anzi a volte è decisamente più comodo e rilassante.
Faccio tutte le operazioni di routine: montare il tavolino in pozzetto, mettere il tendalino in aggiunta al bimini per avere più ombra, sistemare la passerella per scendere a terra, chiudere per bene la randa e metterci sopra la sua copertura anti UV, controllare frigo e batterie, riaprire l’oblò nella cabina di prua, riaprire le prese a mare del bagno. Dopo avere decretato che i lavori sono finiti, vado a fare due passi in paese. Ai tavolini dei ristoranti ci sono già delle persone che mangiano e non sono neanche le cinque del pomeriggio! Mi chiedo quale tipo di pasto stiano consumando, se un pranzo in grande ritardo o una cena decisamente anticipata. Poche le persone in giro per le stradine assolate, e molti dei negozi per turisti sono ancora chiusi, apriranno solo la sera quando arriverà un po’ di fresco.
Venerdì 2 agosto, Itaca
La mattinata è volata via senza che me ne accorgessi, con la carta topografica di Itaca stesa sul tavolo della dinette e facendo varie ipotesi su come passare la giornata. Si pensa sempre che da soli si è più rapidi a prendere le decisioni, ma io invece mi sono trovato a pensarle tutte e alla fine a non decidere niente, e così quando ho scartato tutte le ipotesi di: a) passeggiata su per un sentiero verso la Fonte Aretusa; b) lunga scarpinata per raggiungere da terra la spiaggia di Sarakiniko; c) muovere la barca e andare a nord, verso Kioni, e rimanere lì per la notte; d) prendere il dinghi e girare lungo costa verso la spiaggia di Dexa, alla fine ho decretato che la miglior cosa era quella di andare a noleggiare uno scooter e con quello muovermi per Itaca a piacimento, spiaggia o monte che sia. Di fronte a me c’è un rent a car, entro nell’ufficio e vengo avvolto dalla frescura, quasi gelida, dell’aria condizionata. La gentile signora dietro la scrivania mi fa però notare che sono le 13 e che l’ufficio sta chiudendo e che riaprono alle 17. Fregato! Una pausa di quattro ore non me la sarei mai aspettata in un posto di vacanzieri, ma siamo a Itaca, piccola isola per gente rilassata.
A questo punto non mi resta che andare a fare un bagno nel posto più vicino, che è poi quella meraviglia di Dexa, una piccola spiaggia di sassi con gli ulivi che ti fanno ombra, sotto i quali stendersi a sonnecchiare o a leggere un libro. Ci resto per qualche ora, poi il vento caldo diventa insopportabile e torno in barca.
Doccia, lettura, doccia, lettura, fino a sera, fino a ora di cena. Oggi la giornata è passata così, ma non sono convinto di quello che voglio fare nei prossimi giorni. Devo dire cha da solo mi annoio un po’. Non ho una meta da raggiungere, questi posti in qualche maniera li conosco già, e questo mi toglie curiosità, che è la molla che mi spinge a viaggiare. Sto meditando di tornare in Italia più in fretta di quanto avevo previsto. Non so, ho fatto tanti piani diversi, ma non ho ancora una meta precisa, mi farò guidare dall’istinto.
Sabato 3 agosto
Oggi sono un po’ più positivo. Ho mollato gli ormeggi appena sveglio, senza nemmeno fare colazione, senza nemmeno un caffè. Ho fretta di navigare. Mi accorgo che a star fermo mi annoio di più, ho bisogno di essere in mezzo al mare con la barca per sentirmi meglio, per sentire che sto facendo qualcosa che mi piace. Ho messo la prua a est e sto andando verso le Isole Echinades, un piccolo arcipelago sulla costa dell’Acarnania, all’ingresso della Baia di Astokos. Sono isole fuori da qualsiasi rotta vacanziera, ed è quello che sto cercando, un posto dove non ci sia nessuno. Ho scelto una baia nell’isola di Lambrinos, un isolotto disabitato poco più grande di uno scoglio.
Da lontano non si riesce a capire dove inizia e dove finisce questo fazzoletto di terra, sembra un’unica cosa con l’isola più grande, Dragonera, ma poi trovo la mia baietta. Mi fermo in 6 mt di acqua trasparente, da solo e in silenzio. Neanche dieci minuti e vedo una barca che si avvicina; no, non è possibile, anche qui! Spero che non si fermino, e invece cala l’ancora una decina di metri più in là. È una barca di italiani, una coppia, lui italiano, come la barca, lei non so, perché fra loro parlano in inglese. Parlano tanto, e hanno pure acceso la musica! Per non sentirli mi butto in acqua e con maschera e pinne faccio il giro intero della baia. Il fondale è roccioso e anche con una buona vegetazione. Tanti pesci e tante conchiglie. Ci sono perfino i ricci di mare, che in un mese e mezzo che sono in Grecia ho visto solo un’altra volta. Niente stelle marine però, nemmeno qui.
Risalgo in barca e mi metto al sole ad asciugarmi. Mi preparo un’insalata di pomodori alla greca; le coppia è lì che chiacchiera, beve vino, o birra, non so, sembra che non mangino nulla; fanno un tuffo in mare, escono, si fanno la doccia, e dopo si rituffano.
Quando ho ormai dato per scontato che passeremo la notte in compagnia, sento il rumore della catena dell’ancora che viene su, stanno andando via, proprio adesso che il vento è rinforzato e se lo trovano dritto in faccia insieme alle onde.
Stranamente mi sento più solo di quando ero solo. Il sole tramonta, cala la sera. In lontananza vedo le luci di due grandi allevamenti di pesci che si trovano sull’isola di Makrì, molto più a sud. Passa anche il traghetto che va ad Astokos, ma la sua onda non arriva fino a qua. Non ho messo il tendalino oggi, e sdraiato in pozzetto posso ammirare Il cielo stellato della notte buia, in un’isola buia, prima di addormentarmi all’aria aperta.
Domenica 4 agosto
Ho lasciato Lambrinos con il cielo mezzo coperto e sto andando a Kastos, una decina di miglia più a nord. Insieme a Kalamos è una delle mete più gettonate, ma io non ci sono mai stato e sono curioso di vedere quanto è affollata. Nella grande baia davanti al centro abitato ci sono molte barche, fuori da qui invece tutta la costa è deserta, anche nei punti dove facilmente ci si può fermare per profondità e per fondo (sabbia). Ne scelgo una, per fare un bagno e anche per dare una pulitina al fondo della barca, sempre pieno di piccole alghe e vegetazione varia. Si sporca sempre in fretta, e per quanto faticoso una “grattatina” la do sempre volentieri, mi sembra che poi la barca sia più veloce, o forse è solo una mia illusione. Riparto, faccio il giro di Kastos, passo davanti alla costa nord di Kalamos e poi punto dritto alla spiaggia di Varko, dove penso di passare la notte.
Sabbia bianca, acqua azzurra, molte barche in sosta (va da sé), e spiaggia super affollata, con musica rap greca, molto simile a quella che si sente in Italia, anzi all’inizio mi sembrava di sentire il sound di Caparezza, o quello di Mahmud. Scendo in acqua con maschera e pinne, e vado verso le roccette alla ricerca di qualcosa di bello da vedere, pesci o formazione rocciose sommerse, e invece sul fondo trovo una lattina di birra, due bicchieri a calice di vetro, forse buttati giù da qualche cretino che imitava i brindisi d’altri tempi, e anche una stranissima ed enorme esca a forma di calamaro/granchio che non so proprio per quali pesci possa servire.
Non mi piace questo posto, riaccendo il motore e vado via, verso l’ingresso del canale di Lefkas. Mi fermo accanto ad una spiaggetta minuscola, con due soli ombrelloni, ma nessun bagnante accanto. Dietro di me un’altra barca, non charter, quelle quasi sempre stanno nei posti affollati, dove c’è “ballotta”. Sono le otto di sera, domani voglio partire presto, il ponte apre alle 7 e ci vuole un’ora per risalire il canale.
Lunedì 5 agosto
Paxos è a 40 miglia circa. Tutte di mare aperto, e con buonissima probabilità senza vento. Potrei fermarmi a fare un bagno ad Antipaxos, nella solita Voutoumi, ma quando ci passo davanti sono inorridito dalla moltitudine di barche presenti. Viste “da fuori” è anche peggio, quando ci sei in mezzo non te ne rendi nemmeno conto, ma è proprio un brutto spettacolo. Tiro dritto per Gaios, non entro nella banchina di città, preferisco stare fuori all’àncora, così posso anche fare il bagno facilmente. L’acqua di Paxos è pulitissima anche di fronte al porto. Faccio volentieri il bagno pur fra tante altre barche alla fonda. Ho dato poca catena, ma sul fondo roccioso l’àncora ha preso subito, bloccandosi dietro uno scoglio; spero che non sia un problema al momento di andar via, altrimenti non saprei proprio come fare. Scendo a terra con Iv, e raggiungo la banchina accanto agli uffici della Guardia Costiera. I bidoni del pattume sono poco più in là, così mi tocca fare meno strada a piedi. Faccio un giro per il paese, arrivo nella piazzetta principale, semi allagata per via dell’alta marea. Non mi ricordavo, ma al pomeriggio ci sono sempre dieci centimetri di acqua che risalgono dai tombini del lungomare e invadono per metà la piazzetta piena di tavolini di bar e ristoranti.
Paxos è piena di italiani, senti parlare dappertutto italiano e molte barche hanno la bandiera italiana. Siamo in agosto, e questo è il mese degli italiani, da sempre e forse per sempre.
Torno “a casa” e mi preparo una bella cena: fusilli al pomodoro fresco con ricotta salata, insalata di pomodori e cipolla rossa, pita greca, scaldata direttamente sul gas, il tutto annaffiato da un pignoletto emiliano; e poi serata di televisione, guardando le olimpiadi sul telefono. Una frase così non avrebbe avuto alcun senso soltanto una quindicina di anni fa, ed invece oggi è assolutamente normale. Quello che non è normale è il mare mosso senza vento che c’è qui davanti; ed è solo colpa di motoscafi e barche a motore che ti passano accanto senza rallentare un attimo. Ci vuole tanta pazienza.
Martedì 6 agosto
Per quanto bella Gaios e il suo mare non ne posso più di oscillare da una parte all’altra e di far fatica a stare in piedi da fermo. Cari amici diportisti e non, tolgo il disturbo e vado via. Calma piatta, quindi lunga smotorata per 30 miglia, ma ancora con mare mosso, e non certo per il vento, ma sempre a causa delle barche a motore. Per arrivare a Corfù c’è un tratto di mare aperto di una decina di miglia ed è qui che tutti gli appassionati di motonautica danno sfogo ai più bassi istinti, spingendo i motori al massimo e sfrecciando a tutta velocità creando onde gigantesche che si abbattono sui più piccoli naviganti, cioè il sottoscritto e i suoi simili. Motoscafi d’altura, giganteschi yacht a 4 ponti, piccoli ma pestiferi barchini equipaggiati con grossi fuoribordo, gommoni cabinati, barconi di turisti, aliscafi di servizio, e perfino un grosso traghetto della Grimaldi Lines, tutti a creare onde incrociate, alte alcune fino a un metro! Devo dire che i più indisciplinati sono gli italiani, seguiti a stretto giro dai greci; inglesi, francesi, tedeschi, e i nordici in generale, sono invece molto più rispettosi e vanno tutti a velocità più rilassate. Quando supero la punta sud di Corfù il moto ondoso è molto diminuito. Il mare è quasi un lago e l’aria è ferma e afosa. Sarà dura passare una notte nella baia a sud della fortezza vecchia, ma è il luogo migliore per scendere a terra con Iv e fare gli ultimi acquisti prima di lasciare la Grecia.
Con il telefonino in mano e Google Maps acceso, cerco un supermarket che non sia il solito bugigattolo caro ammazzato delle stradine del centro storico (che io chiamerei ormai centro turistico, visto che non c’è nessun altro al di fuori dei turisti e dei commercianti). Vedo verso la prima periferia, ma se voglio trovarne uno grande devo fare dei chilometri, e non ho questa necessità, era più uno sfizio. Mi fermo in una gelateria, come farne a meno, e con mia sorpresa qui il gelato costa 2,20 € e il più economico mai trovato. Ed è buono, non sa solo di acqua e zucchero, come spesso succede. Il market della prima periferia però è poco fornito, ci rinuncio, torno indietro e ritorno in barca. Basta così per oggi. Domattina di nuovo in marcia, e spero di dormire bene, perché anche qui il vai a vieni dei motoscafi di servizio dai grandi yacht ormeggiati fuori crea il continuo modo ondoso che fa rollare le barche a vela più vicine a riva.
Mercoledì 7 agosto
Devo far gasolio e la gas station più comoda che trovo è quella di Gouvia. È quasi lungo la strada, quindi ci vado volentieri. Ne approfitto anche per scaricare il pattume, che per quanto sia da solo e produco poco, si accumula sempre, specialmente vetro e lattine. Riparto, dopo aver fatto altri 40 litri di gasolio, e dopo aver fatto un gran casino fra pin della carta dimenticato e contante sbagliato (sono tornato ben tre volte in barca a prendere i soldi giusti o a cercare un appunto sul telefono dove leggere il pin corretto). Othonoi è a poche ora da Corfù, c’è un bel mare e penso di fare sosta lì prima di attraversare il Canale di Otranto. Uscito dal tratto di mare fra Corfù e l’Albania vengo investito da un forte vento da NO. Ho le vele aperte ma l’angolo non è buono, troppo stretto e bolina troppo difficile da fare. Sono costretto a chiudere il genoa e vado avanti così fino al mio punto d’arrivo, la baia davanti al porticciolo di Othonoi. In fondo è roccia, e anche qui spero che non si incastri più di tanto l’àncora. Ferma sì, ma non in tutte le direzioni! Il vento è sostenuto, mi impedisce di mettere il tendalino, ma sarebbe anche inutile, visto che il sole è ormai basso e arriverebbe lo stesso in pozzetto.
L’acqua è magnifica, limpidissima, con una visibilità incredibile, venti metri, forse anche trenta. Fredda, non me la ricordavo così fredda. Piacevole con questo caldo, ci sto dentro un bel po’, anche solo per rinfrescarmi.
Le previsioni meteo non sono però a mio favore. Potrei anche fare la traversata domani, ma poi rimarrei fermi almeno tre giorni a Leuca, o a San Foca. C’è il solito maestrale forte previsto per venerdì, sabato e domenica, e soffierà forte anche qui, un po’ meno a Erikoussa. Non so che fare, ci penserò più tardi, o domattina, tanto alle sei sono sempre in piedi.
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