Si parte, Grecia aspettaci!
Martedì 25 giugno, Bologna
Sul divano della camera ospiti si ammucchiano, un po’ in disordine e un po’ no, le ultime cose che voglio portare in barca. Qualche maglietta, un paio di scarpe, una felpa, cioccolato e pasta di mandorle, due libri su Corfù, le chiavi della barca. La maggior parte dei bagagli sono già stivati nei gavoni di Eleftheria, così come la cambusa “asciutta”, fatta lentamente fin dalla primavera. Sul comò della camera da letto un altro mucchio di vestiti, quelli di Marinella, aspetta di essere riposto con cura dentro le “borse porta indumenti” dell’Ikea, ottimi compagni di viaggio da diversi anni a questa parte.
Stamattina abbiamo sbrinato il freezer, e come da manuale adesso non vuol saperne di ripartire! Facciamo un mezzo accrocchio con un appendino adesivo e tanto nastro saratoga, per cercare di tenere premuto il bottone di avvio, per ora regge, ma non so per quanto.
È uscito un po’ di sole, dopo giorni e giorni di cielo nero, temporali notturni e temperature basse. Non è che questo tempo ci dia una gran carica ad andare per mare, ma prima o poi l’estate arriverà, bisogna solo pazientare.
Carichiamo tutti i bagagli in macchina, salutiamo Piuma, la nostra gatta, con una grattata sulla schiena e un bel mucchietto di croccantini e partiamo per Ravenna. Mezz’ora dopo imbocchiamo la via San Vitale verso il mare, ma il cielo non è poi così sgombro da nuvole, anzi. Più ci avviciniamo alla Romagna e più il tempo peggiora; non piove ancora ma il cielo ha tutta l’aria di essere pronto a scaricare fiumi d’acqua. Siamo indecisi; tornare indietro dopo aver chiuso casa e sistemato tutto per bene - piante, frigo, gatta – non ci sembra una buona idea; ma neanche passare la prima notte chiusi in barca, con la pioggia che rimbalza sulla coperta, ci appare come una pensata saggia! Decidiamo di tornare a Bologna e partire domattina, tanto nessuno ci corre dietro...
Mercoledì 26 giugno
Attraversiamo in macchina tutta la città ed entriamo in autostrada a San Lazzaro. C’è poco traffico, e si viaggia bene fino a Ravenna. A Marina c’è un po’ di sole, ma non troppo. Sul pontile del Circolo siamo in pochi ad armeggiare attorno alle nostre barche; d’altronde a metà settimana solo i pensionati come noi possono dedicare del tempo alla loro passione marina. Sistemate le nostre cose non ci resta che fare la “spesa fresca” e prepararsi a mollare gli ormeggi. Metto in carica tutti gli oggetti elettronici, tablet, radio vhf, computer, frontale, e soprattutto accendiamo il frigo che ha bisogno di più tempo per raffreddare.
Controllo di nuovo tutte le manovre, cime e sartie; do un’occhiatina al vano motore, alle batterie, guardo se c’è acqua in sentina, controllo l’olio dell’invertitore, quello del motore, metto un dito dentro lo scambiatore per controllare l’altezza del liquido refrigerante. Ho sempre il timore di non avere fatto tutto per bene prima della partenza e per non dimenticarmi nulla ho preparato una check list che seguo scrupolosamente come mio personale protocollo di viaggio, così come fanno con gli aerei prima di un decollo, o almeno questo è quello che si vede nei film.
Barca ok, equipaggio ok, meteo un po’ meno. Anche se qui non sta piovendo si vedono nuvoloni neri verso Rimini e nell’entroterra verso sud, e pare che a Forlì ci sia stato un vero e proprio nubifragio. Cambiamo programma, partiremo domattina alle prime luci del giorno, "tanto nessuno ci corre dietro...”
Giovedì 27 giugno, Ravenna – Termoli
Sono le 6 del mattino quando lasciamo il pontile del Circolo Velico Ravennate diretti come sempre a sud. Magnifica giornata, non ci sono più nuvole, il cielo è pulito come non si vedeva da settimane e il sole comincia a prenderne possesso. Non fa caldo, il termometro dice 21 gradi, che in barca con l’aria in faccia significa molto meno. Pantaloni lunghi, giubbottino e occhiali da sole, non è ancora tempo di canottiera e costume. Usciti dalle dighe foranee apriamo le vele e lasciando il motore acceso sfruttiamo il leggero venticello da terra. Poco meno di 6 nodi di velocità, va più che bene. In mare, oltre alle solite piattaforme ci sono parecchie navi “da lavoro”. Stanno costruendo un pontile off-shore che, se non vado errato, dovrebbe servire per far approdare le navi che trasportano il gas. Qualche miglio più al largo si vedono altre grandi navi alla fonda, in attesa di entrare in porto.
La nostra rotta e 130°, dritti verso il Conero. Non sappiamo ancora se ci fermeremo a Pescara o a Termoli, di sicuro abbiamo programmata di navigare tutta la notte e poi domani decideremo.
A mezzogiorno abbiamo percorso 30 miglia, siamo quasi di fronte a Rimini; alle otto di sera siamo al Conero, e dal porto di Ancona vediamo uscire due barche a vela, le prime della giornata. Sono dirette a est, e quindi vanno in Croazia; gli basta una notte di traversata per raggiungere la meta, a noi forse non basterà una settimana per arrivare a Corfù. Da Ancona escono anche due grossi traghetti della Adria Ship, anche loro in rotta verso oriente. Ho sempre grande rispetto per i traghetti, per non dire paura, perché la loro velocità è tale che non fai in tempo ad avvistarli che te li ritrovi vicini. Li temo molto, al pari dei pescherecci, che pur non essendo veloci hanno dalla loro la “mancanza di una rotta certa” visto che viaggiano avanti e indietro calando e issando le loro lunghissime reti. Finirci dentro sarebbe un vero disastro!
Cala la notte, ceniamo in pozzetto con una insalatona mista e ci prepariamo per i turni al timone.
Lella farà in primo, fino a mezzanotte, io farò quello fino alle 3. Abbiamo da poco doppiato il Conero e questo è il tratto di mare con più pescherecci in azione, tra le marinerie di Civitanova e San Benedetto del Tronto.
Venerdì 28 giugno, Adriatico Centrale
Mi sveglio di soprassalto sentendo Lella che mi chiama dal pozzetto. È già mezzanotte, tocca a me. Ancora in mutande mi affaccio dalla scaletta che porta in coperta per guardare le luci attorno a noi. Pescherecci, ovviamente, ma abbastanza distanti. Mi vesto, faccio rapidamente il punto nave sulla carta nautica – operazione sempre più inutile, visti gli strumenti elettronici che utilizziamo – e poi salgo in coperta. L’aria è un po’ più calda, si sta bene anche senza giubbottino. Abbiamo percorso 95 miglia e per Termoli ne mancano ancora 100, ma sono sempre più convinto che faremo sosta lì. Il vento non c’è quasi più, siamo solo a motore e non andiamo veloci. Da quando ho fatto cambiare l’inclinazione dell’elica la velocità della barca è diminuita, a parità di giri motore, ma non ho voglia di forzare, almeno non adesso.
Alle 4 del mattino comincia un po’ di chiarore all’orizzonte, verso est. La luna è sorta da un paio d’ore, con la solita macchia rossastra sul mare che lentamente prende forma diventando un globo bianco e luminoso. È già in fase calante, ma ancora riesce a illuminare la notte rendendo il mare meno nero. Sulla scia della barca brilla il plancton, smosso dall’elica e dalla chiglia, spettacolo sempre meraviglioso con il suo colore verde fluorescente. Metto su il caffè e ne bevo una tazza, con un paio di biscotti.
È arrivato un po’ di vento ed ho aperto anche la vela di prua; la barca ha accelerato e si è inclinata e ora facciamo 6.5 knt. Il rumore dei winch e delle cime ha svegliato Lella che mi da il cambio. Torno in cuccetta e mi addormento quasi subito.
Quando torno fuori il sole è ormai alto in cielo; si vedono le montagne d’Abruzzo, il Gran Sasso e tutti gli altri monti intorno. Lella legge seduta all’ombra del bimini, il pilota automatico porta la barca egregiamente. Termoli è lontana, ci arriveremo solo nel pomeriggio.
“Marina san Pietro, buongiorno...sì...certo...quanto è lunga? ...quanto pesca... segua gli ormeggiatori sul VHF canale13, le diranno dove andare”. E così alle 18,30 siamo ormeggiato al solito pontile D del Marina di Termoli. Ho fatto un po’ fatica per via dell’elica che non risponde più rapidamente come prima e mi devo ancora abituare al nuovo modo di manovrare, devo imparare a dare più gas, perché altrimenti non si muove la barca.
Sabato 29 giugno, Termoli
Ieri sera ero talmente stanco che ho fatto una dormita lunghissima e senza nemmeno un risveglio notturno. Ho aperto gli occhi stamattina verso le 8 solo perché temevo che l’accappatoio volasse via col vento. Lo avevo sistemato a prua, appeso alla “ghia” come mi aveva insegnato il contrammiraglio di Venezia con il quale ho attraversato l’oceano diversi anni fa. E poi avevo il timore che qualcosa a bordo non funzionasse. Dopo il viaggio dello scorso anno, funestato dalla rottura dell’invertitore, ho una certa ansia che fatico a scrollarmi di dosso, temendo sempre il guasto in agguato. Per fortuna ho il mio psicologo (il mio meccanico) che mi tranquillizza e mi seda le paranoie, e sono bastati cinque minuti di chiacchiere al telefono per rimettere tutto sotto la giusta luce: nessun problema di riscaldamento del motore, ottanta gradi a duemila e duecento giri è normale, consumerai solo un po’ più di gasolio. Bene così, chi se ne frega di un po’ di gasolio, spero nel vento che mi faccia risparmiare lo stesso tenendo spento il motore.
Alleggeriti dal pensiero di non dover più fare un tuffo nelle acque del porto per controllare se sotto la barca è tutto ok (lo farò magari dove le acque sono più limpide) usciamo dal marina ed andiamo in centro. Termoli la conosciamo già per aver passato qui diversi giorni nelle navigazioni degli ultimi due anni. Cerchiamo, inutilmente, di comprare il Manifesto, dimenticandoci che è quasi impossibile trovarlo in tanti posti al sud. A Termoli poi c’è una sola edicola in centro, ed ovviamente l’aveva finito, ammesso che sia vero, visto che questa edicolante già lo scorso anno non ci era stata molto simpatica, anzi... Secondo obiettivo: comprare un tubetto di arnica. Sembra facile, ma non lo è. La prima parafarmacia ne è sprovvista, la seconda ce l’ha. “Non ha la Boiron” chiede Lella. “No, e perché? Tengo prodotti italiani, cosa hanno i francesi meglio di noi?”
Acc.. questo inizio di discorso ci lascia un po’ perplessi, cosa vorrà dire? Siamo di fronte ad una nazionalista sovranista? Insisto nel chiedere cosa c’è che non va nei prodotti francesi ed ecco che attacca con una filippica lunghissima sulla qualità del prodotto italiano, sulla sua superiorità, sul fatto che se non ci fossero i chimici italiani l’omeopatia in Francia e in Germania non esisterebbe; che noi gli diamo la materia prima, che parte tutta da Torino, e loro se noi chiudiamo i rubinetti falliscono; che poi gli altri medici in Europa ci prendono in giro perché noi non consideriamo farmaci i prodotti omeopatici, e lei che è laureata ed è omeopata e ha studiato a Napoli, sa bene queste cose e sa anche che l’Italia paga multe miliardarie per questo (?). E poi come si fa ad avere dei medici di base che non sanno nulla e guadagnano 150.000 € all’anno lavorando solo due ore al giorno, per non parlare del covid e dei vaccini, che il marito della “fonderlayen” ha il 50% delle azioni della Pfizer ed è per questo che ci hanno vaccinati tutti mettendoci delle porcherie che non sanno neanche loro, e che Speranza e Sileri il vaccino se lo sono fatto preparare del loro medico personale, e che lei li metterebbe nei forni crematori quei due lì. Dopo più di venti minuti di sproloqui di vario genere frammisti anche a cose sensate, qua e là, siamo riusciti a salutare ed uscire dalle grinfie della logorroica dottoressa omeopata, Dio l’abbia in gloria, e abbiamo riguadagnato la libertà e la via della barca, con in mano la nostra arnica gel in tubetto, rigorosamente italiana.
Il grande tv a colori posto nel dehor del ristorante del marina sarebbe ottimo per vedere la partita dell’Italia, peccato che la forte luce delle sei del pomeriggio ne comprometta seriamente la visibilità. Meglio il nostro pc di bordo collegato a internet tramite il telefono che con soli 2,5 giga di consumo ci ha fatto vedere l’orribile partita contro la Svizzera. Vabbè, meglio così; data la brutta qualità di gioco vista fino ad oggi, sarebbe stato un furto accedere ai quarti di finale.
La serata la finiamo cenando in pozzetto e ascoltando gratis il concerto di Achille Lauro, che suona a solo 300 metri da noi, nel grande prato davanti al parcheggio dei camper. Domani non ci si muove, troppo vento proprio da sud e non conviene girare la testa del Gargano con questo vento. Ci moveremo lunedì e domani vedremo come passare la giornata.
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