La pazienza di Giobbe
Domenica 31 marzo
Oggi è Pasqua. Sto aspettando il treno per Siracusa che dovrebbe passare alle 11,45. Quello delle 11,25 l’ho perso semplicemente perché non era un treno ma un autobus, anche se il biglietto si fa in stazione e nelle stesse macchinette automatiche di Trenitalia. C’era solo una piccolissima icona a forma di bus davanti all’orario di partenza che lo differenziava da un normale treno, ma nello schermo a visibilità ridotta, per colpa della luce solare, non l’ho vista.
Il treno è quasi vuoto, e quei pochi passeggeri sono tutti turisti stranieri. Venti minuti e sono alla stazione di Siracusa. Percorro le vie che portano in Ortigia, via Crispi, piazzale Marconi, Corso Umberto, poi il “ponte” che unisce l’isola di Ortigia alla “terraferma” (eh già, io non ho mai pensato quando vivevo qui di stare su un'isola, per me la Sicilia era terraferma e tale rimane ancora oggi). Siamo tutti in “libera uscita” per due giorni e ognuno si è organizzato per conto proprio. Io sabato sono rimasto ad Augusta, ma oggi ho deciso di fare una passeggiata nella mia città.
Turisti, bar e ristoranti pieni di turisti; negozi per turisti, bancarelle per turisti, mercato per turisti... Al porto grande non ci sono barche ormeggiate, e nemmeno alla fonda, in rada. Faccio il giro dell’isola e mi fermo alla Fonte Aretusa a prendere un gelato di ricotta, che sarà il mio pranzo di oggi, domenica di Pasqua! Poi vado sugli scogli di Forte Vigliena a prendere il sole, e non solo il solo, c’è anche chi fa il bagno nonostante l’acqua non proprio calda.
Gironzolo ancora un po’ per la città e poi alle quattro del pomeriggio riprendo il treno per Augusta. Domani si lavora e devo organizzarmi per vedere quello che c’è in frigo e in cambusa, per non far andare a male nulla, soprattutto le verdure.
Lunedì 1° aprile
Questa mattina ci siamo alzati con la nebbia! Una nebbia strana, quasi gialla più che bianca. Dagli oblò, che in questa nave vecchia di 75 anni sono realmente tondi e non ovali come nelle barche da diporto, il cielo sembra finto, come se fosse dipinto su un telone di Cinecittà. E non è nemmeno caldo. Che tempo balordo, ieri quasi estate, oggi una stagione indefinita; e questo cielo giallo altro non è che sabbia del deserto, portata qui da chissà quale costa africana. Durante il briefing di questa mattina, pur nella difficoltà di intendere tutto quanto viene detto, ho capito che domattina arriveranno i medici e che si fermeranno sulla nave un paio di giorni; questo porta il numero della crew a 11 persone, ma non dovrei avere problemi per il menù, almeno spero.
Intanto preparo una bella crostata, con 600 gr di farina e un sacco di marmellata. Metto in forno e dopo nemmeno 15 minuti sento una gran puzza di bruciato; tiro subito fuori la teglia, lo sportello pesantissimo per poco non mi cade su un piede, mi brucio anche un dito a causa del guanto da forno bucato e poggio la crostata "bella abbronzata" sul piano cottura. Maledetto forno, ma riuscirò a domarti prima di andar via da qui!
È il giorno dei medici, l’infermeria è pronta, e a bordo c’è un’aria come di “compito in classe” appena svolto, che aspetta solo di essere corretto dal prof.
So che non è così, per carità, ma mi piace pensare che in fondo in fondo...
Medici dal mondo, o se volete MdM, l’acronimo che qui tutti usano per “chiamarsi", è una ONG francese di medici volontari nata negli anni ottanta (così come Medici senza frontiere, che però è più vecchia di dieci anni). Gianluca ed Elisa fanno parte della “sezione” italiana di MdM e arrivano in mattinata a Catania da Milano, dove c’è la sede operativa Italia. Poco dopo arriva anche Eléna, spagnola che vive a Parigi, facente parte della direzione centrale.
Non so che ruolo ha di preciso, ma se non ho capito male coordina tutti i responsabili di missione in giro per il mondo, ed essendo loro presenti in 78 paesi mi sa che di lavoro da fare ne ha parecchio. Si chiudono tutti in riunione nelle mess room insieme a Lia e Kim, mentre noi, “volontari ordinari” proseguiamo con le nostre mansioni di routine: gratta, scartavetra, pulisci, dipingi e... cucina! Già questa mattina avevo preparato una enorme ciambella all’arancia, finalmente cotta a dovere, e che sta avendo un successone.
Nel pomeriggio arriva anche Cristina, altro medico, e quindi siamo arrivati a 11 persone. Visto che pranzi e cene altro non sono che dei buffet, mi metto a preparare tante cose diverse: donzelline alle acciughe, polpettone ripieno uovo e prosciutto, patate all’ungherese con paprika e scamorza affumicata, crudités di carote e finocchi, formaggi misti. Tutti molto soddisfatti e anch’io, anche se sono stato ai fornelli tutto il pomeriggio!
La serata passa in chiacchiere, rigorosamente in inglese, e mi piace ascoltare i racconti di chi ha scelto questa professione o di chi fa questo lavoro come volontario, a terra o in mare che sia; e non importa se ogni tanto perdo qualche battuta, e mentre tutti ridono io mi guardo la punta delle scarpe accennando un sorriso e aspettando il prossimo argomento.
3 Aprile
Stamattina Eléna ha preso il suo volo ed è tornata a Parigi. Gianluca, Elisa e Cristina stanno invece continuando a mettere a posto gli armadietti dell’infermeria e tutte le dotazioni mediche presenti, aiutati da Giulia e Lia. Al briefing della 8 sono stati assegnati anche questi compiti, ma oggi è un giorno un po’ speciale: è il compleanno di Oleg, che compie 35 anni. Lo vediamo dal numero posto sopra la torta che a sorpresa è andato a prendere in pasticceria senza dir niente a nessuno.
La tira fuori dal “public fridge” alla fine del pranzo e anche non volendo non riesce a sfuggire all’ “happy birthday” collettivo e stonatissimo. La torta comunque è buonissima, anche se non è una cassata, ma una torta ai pistacchi.
Nel pomeriggio tre medici lasciano la nave, e con loro va via anche Lia. Il primo step di lavoro medico è terminato, e non credo che li rivedrò prima della missione in mare, ammesso che io la faccia.
La sera altro BBQ, questa volta assieme ai ragazzi della Sea Punk, l’altra nave umanitaria presente sul nostro molo, anche loro impegnati in manutenzione.
Tony mi ha chiesto se posso prendere della carne e delle verdure che lui non ha tempo di andarci e così mi fiondo al Conad per farmi tagliare un po’ di tocchettini di carne varia per fare degli spiedini. Ne preparo un bel po’, ci metto accanto anche le classiche verdure da fare alla brace e porto il tutto accanto al fuoco, che ancora vivo e scoppiettante impiegherà molto tempo a trasformarsi in brace. Nel frattempo si beve (birra), si chiacchiera, si guarda la luna. Alle dieci di sera non c’è ancora un solo spiedino sul fuoco; bevo la seconda birra, mangio una fetta di formaggio e saluto tutti rimontando sulla scaletta che porta nella pancia di Resq People.
Oggi giornata estiva, c’è il sole, ma al brief siamo rimasti in pochi dopo la partenze di ben cinque persone, e un po’ mi dispiace. Per me significa meno lavoro, certo, ma per la nave significa che ci vorrà più tempo per tornare ad essere operativa.
La vernice ordinata a Mazara del Vallo è arrivata, ma per un errore dello spedizioniere ne è arrivata solo la metà. Intanto si cominciano a controllare le mute di sopravvivenza, quelle che un paio di anni fa ho provato anch’io facendo il corso a Marina di Ravenna. Sono mute di neoprene molto grosse, che una volta indossate ti isolano totalmente dall’acqua e ti fanno galleggiare come se fossi a mollo nel Mar Morto, e alla stessa maniera rendono quasi impossibile nuotare. Però ti permettono di sopravvivere anche a temperature rigide e per molto tempo.
Anche i giubbotti di salvataggio sono da controllare e riarmare, cioè sostituire le bombolette di gas già usate oppure scadute. Un kit di riarmo con localizzatore AIS costa la bellezza di 300 euro, e ce ne vogliono tanti. Giulia comincia a chiamare tutti i vari fornitori, a Genova, a Livorno, poi trova quello giusto in Romagna!! Ma non è così semplice, perché la ditta produttrice è inglese e avere questi ricambi pare sia più complicato del previsto. Vorrei dare anch’io una mano in questa ricerca, ma è giusto che stia nei miei panni e lasci fare ad ognuno il suo lavoro.
I giorni passano più o meno tutti uguali; stamattina è stata sistemata la doccia, cambiando il rubinetto che era spaccato; i due ponti sospesi lungo le murate sono stati spostati di qualche metro e si continua a martellare togliendo la ruggine più compatta e passando con il flessibile e/o con le spazzole metalliche per lisciare il metallo prima di mettere lo stucco (?), l’antiruggine e poi la vernice bicomponente. A mezzogiorno e mezzo si pranza, poi all’una e mezza si ricomincia a lavorare, fino alle sei e mezza. Alle sette e mezza metto a tavola la cena, urlando “It’s ready” per avvisare tutti che è ora di mangiare.
Stasera però Kim deve andare a Palermo e quindi sabato e domenica avremo di nuovo due giorni di “ferie”. Io ho deciso di andare a Siracusa; telefono a Nella - una mia amica fin dai tempi del liceo - per chiederle se può ospitarmi e naturalmente mi dice di sì. Alle cinque del pomeriggio, quando arrivo in stazione, lei è ancora al lavoro e vado a trovarla a scuola, facendo due passi verso Corso Gelone, una delle vie principali della città nuova (così era quando io vivevo qui, cioè 45 anni fa, sigh!).
Nella abita alla Borgata, il quartiere storico insieme ad Ortigia della Siracusa vecchia. Mi è sempre piaciuta la Borgata, per un certo periodo ci ha vissuto anche la mia mamma con la sua famiglia, fino a che la loro casa non è andata distrutta durante un bombardamento nella seconda guerra mondiale. Dalla terrazza di casa di Nella si vede il mare, il porto piccolo, il Palazzo della Posta, i bastioni est dell’isola fino al Castello Maniace. Si vede anche “l’isola dei cani”, un gruppo di scogli bassi a pelo d’acqua, larghi una cinquantina di metri, poco distante dalle mura cittadine. Per me che vado in mare in barca sono pericolosissimi, e chissà perché non sono nemmeno segnalati da una meda diurna o da una boa luminosa di notte!
Dopo il week end passato a Siracusa, e durante il quale ho fatto anche il mio primo bagno al mare, torno ad Augusta.
8 aprile
È il mio secondo lunedì a bordo, e come ogni lunedì che si rispetti questa mattina sono tutti un po’ mogi... ma il lavoro chiama, e mentre mi prodigo a preparare un ragù di lenticchie (mi perdoneranno i bolognesi che leggono queste righe) sento i colpi delle mazzette e degli scalpelli che vibrano sulle lamiere, rimettendole “in forma”. Certo che lavorare la vetroresina è molto più silenzioso che l’acciaio e il ferro, ma qui almeno non si sente la puzza delle resine e tutto sommato è anche più sano.
Oggi pomeriggio si è provveduto anche a svuotare i serbatoi delle acqua nere e grigie, con una pompa supplementare che attraverso un tubo lunghissimo che scende lungo le scale che portano alla sala macchine, succhia tutti i liquami e li sposta sugli enormi serbatoi posti sul molo, che si riempiono uno dietro l’altro con grande rapidità. Non oso immaginare che dev’essere lo svuotamento dei serbatoi (sewage tank) di quelle gigantesche e orribili navi da crociera, che trasportando migliaia di persone e che devono produrre una quantità inimmaginabile di rifiuti e liquami vari.
Nell’infermeria si è di nuovo tolto il letto, non so per quale motivo, evidentemente stanno facendo un altro lavoro e hanno pensato che sia meglio metterlo “al riparo”.
Tutti i giorni sembrano però uguali; ogni mattina il brief, poi si inizia a martellare e a dipingere, o ad aggiustare rubinetti, a svuotare serbatoi, sembra un lavoro infinito, e forse lo è, come sono tutti i lavori che si fanno sulle navi. Ne so qualcosa nel mio piccolo con i lavori su Eleftheria, sembrano non finire mai, e forse non finiscono mai, perché il tempo di aggiustare una cosa e per l’altra è già tempo di riparazione o di manutenzione. Io ho diviso i lavori a bordo in tre categorie; le cose da riparare, che hanno ovviamente la precedenza su tutto; le cose per cui c’è bisogno di manutenzione, vedi i ricambi dei filtri, le pulizie dei serbatoio, le verniciature annuali, etc.., e le migliorie, quelle cose cioè senza le quali si naviga lo stesso, ma se si aggiunge, se si sposta, se si corregge... la vita a bordo può essere più confortevole o più semplice.
Ecco su una nave tutto questo è moltiplicato per cento, e su una nave vecchia per mille!
La Resq People prima era una nave adibita alla ricerca scientifica in mare. Varata a Straslund (DDR) nel 1951, si chiamava Joh. L. Kruger, poi ribattezzata Professor Albrecht Penck, e ha navigato per tantissimo tempo nel Baltico e nel Mare del Nord, facendo fin da subito ricerche oceanografiche. È stata impegnata anche in Atlantico, nel Golfo di Guinea e in altre parti del continente africano. Nel corso della sua vita ha cambiato più volte proprietà, dall’Accademia delle Scienze Tedesca allo stato del Maclenburgo-Pomerania occidentale, senza però cambiare la sua destinazione d’uso, e solo dopo 500.000 miglia percorse nel nome della scienza, nel 2018 è diventata una nave SAR, acquisita dalla ONG tedesca Sea-Eye e ribattezzata con il nome di Alan Kurdi.
Nel 2021 è stata poi venduta all’attuale proprietà, che l’ha ribattezzata appunto Resq People. Batte bandiera tedesca ed il porto di registrazione è Hamburg.
La crew impegnata in questo lavoro di manutenzione è cambiata ancora. A inizio settimana si è aggiunto Koliak, un giovanissimo ragazzo tedesco, molto simpatico e che apprezza tanto la mia cucina, ma come tutti mangia “a buffet” non facendosi scrupolo di mettere i peperoni fritti all’aceto sopra le penne con pomodoro, melanzane e ricotta salata, creando dei nuovi sapori che non oso nemmeno immaginare...
Poi è arrivata Kora (non sono certo di come si scrive), una ragazza neo zelandese; e fra qualche giorno lascerò anch’io la crew, e al mio posto arriverà una nuova cuoca. Ho cercato di fare più ordine possibile in cucina, mettendo qualche etichetta nei cassetti, raggruppando tutti i mestoli e i coltelli per tipologia d’uso e per materiale (plastica, metallo, etc.) Ho comperato dei contenitori ermetici tutti uguali, che si possono impilare in frigo e che quindi sopperiscono alla mancanza di ripiani (sarei potuto andare da un vetraio e farmi tagliare un vetro su misura, ma alla fine non ho avuto il tempo, e nemmeno la voglia di farlo); ho cucinato tante cose diverse - anzi credo di non aver mai preparato un pasto uguale all’altro - e sono riuscito anche a non sprecare cibo, riciclando per quanto possibile ogni pietanza, spendendo poco, e imparando ad usare queste piastre elettriche e questo forno senza termostato, novità assoluta nella mia pur breve esperienza di cuoco di bordo.
Venerdì 12 aprile
Ultimo giorno a bordo della Resq People. Siamo senza doccia, perché il lavoro di riparazione non è ancora terminato e quindi si possono usare solo i servizi del porto. Io ci rinuncio, preferisco lavarmi “a pezzi” come si dice, sfruttando il lavandino della mia cabina. Pazienza per lo shampoo, lo farò quando arrivo a casa, oppure da Nella, questa sera. Mi fermo ancora una notte da lei, e magari rivedo anche Susanna, se ha voglia di nuovo di cenare insieme a noi. Domani sera poi salirò sul treno che da Siracusa mi porterà a Bologna. Non ho voluto prendere l’aereo, preferisco il treno quando posso, e sarà una magnifica notte di viaggio, ne sono sicuro.
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