Sotto il segno del Leone



 
23 luglio, domenica - Calvi - Girolata

Uno yacht con bandiera maltese e tanto di equipaggio in divisa, ha occupato tutta la banchina del benzinaio per fare rifornimento. Non c’è modo per noi di infilarci nei piccoli spazi liberi alle due estremità della banchina. Rinunciamo e usciamo in mare aperto. Il mare grosso non c’è più, per fortuna, solo un’onda lenta e ancora abbastanza alta, ma nulla a che vedere con i giorni precedenti. Pur con poco vento issiamo le vele e proviamo ad andare a vela. Girolata è la nostra prossima meta, cinque o sei ore di navigazione. La costa occidentale della Corsica è ancora più bella di quella settentrionale. Le rocce di colore rosso e nero si alternano ai tufi grigi e tutti traforati; diversi isolotti contornano le pareti che cadono a picco sul mare. Sulle sommità dei promontori si vedono le torri di avvistamento, sempre numerose un po’ in ogni costa, e sullo sfondo le quinte di montagne corse, dal famoso M. Cinto a tutte le altre cime. Doppiamo Punta Palazzo, poi la riserva naturale della penisola di Scandola, e infine entriamo nel golfo. Per fermarci per la notte scegliamo una baia sul lato sud del golfo, la Cala di Tuara. È molto profonda, ben riparata, con una spiaggia di sabbia sul fondo e altre due piccole insenature ai lati, difese da acuminate e pericolose roccette. Il mare è bello, ma purtroppo è pieno di pezzettini di plastica che galleggiano sula superfice. Non so se è sempre così o se questo è solo il risultato dei quattro giorni di mareggiata, ma purtroppo per noi fare il bagno non è proprio un’esperienza esaltante, tutt’altro. Ci tocca entrare in acqua per controllare l’ancora, ma niente snorkeling e niente nuotate a riva.

La cala di Tuara

24 luglio, Lunedì - Girolata – Ajaccio
 
C’è uno strano vento caldo che soffia dalla spiaggia, scorre sulla superfice del mare, risale sulla prua della barca ed entra nella cabina di prua attraverso l’oblò aperto. È ora di salpare e lasciare questa baia per raggiungere Ajaccio. La tappa intermedia nel Golfo di Porto non abbiamo più voglia di farla, preferiamo fermarci un paio di giorni in porto e aspettare lì che passi questa ennesima ondata di mistral che dovrebbe raggiungere anche i 50 nodi. Ingrano la marcia avanti e sento che non prende perfettamente, va un po’ a vuoto prima di far girare l’elica. È da quando sono partito da Livorno che ogni tanto la marcia avanti non si innesta subito e tocca aumentare i giri motore per farla “agganciare”, ma oggi mi è sembrato che facesse un po’ più fatica del solito. Sarà meglio farla vedere ad un meccanico appena possibile, onde evitare guai.
Il mare è ancora alto fuori dalla baia, e doppiando il capo più a sud del golfo ci arriva per la seconda volta una tremenda raffica di vento caldissimo. Siria è al timone, io mi sono piazzato in centro al pozzetto, con in mano la cima che tiene lascata la randa, pronto a mollarla ancora di più ogni volta le raffiche ci investono. Dura così per una decina di minuti, poi quando ci siamo allontanati parecchio dal promontorio il vento caldo cessa del tutto e possiamo tornare alla nostra rotta verso sud. 

L’anse de Figuera

Ajaccio, Ajaccio, basta vento in faccia, basta onde contro che fanno sbattere lo scafo e tremare l’albero, basta spruzzi salati che bagnano i vestiti, si va in una banchina con tutti i comfort.
Sul sito internet del Porto di Ajaccio ho fatto una prenotazione per le prossime due notti, ma non per questa; dovremo passarla ancora in una baia. Sulla carta nautica l’Anse de Figuera, a meno di 15 miglia da Ajaccio, con fondo di sabbia e parete rocciosa davanti per fermare vento e mare, sembra quella giusta. Peccato però che quando arriviamo lì sia il vento che il mare non sono per nulla ostacolati dalla costa, e che la barca all’àncora non stia per niente ferma, nemmeno un po’.
Ci rimettiamo in cammino e raggiungiamo la città. Ad Ajaccio ci sono due porti turistici, uno in centro città, il Port Tino Rossi, e uno un po’ più verso nord, il Port Charles Ornano. Decine di barche sono in sosta davanti al Port Ornano. Cerchiamo uno spazio anche per noi e ci fermiamo. Siamo in mezzo a dei catamarani, e qualche barca a vela. Sulle banchine due traghetti e una nave da crociera; alla fonda navi di ogni tipo e dimensione. Stanotte si sta qui, anche se c’è molto rollio, e domani entriamo in porto, ma non sono sicuro che il posto in banchina ci sia. La prenotazione che ho fatto sul sito internet non mi convince; mi è arrivata una mail su cui è scritto che il posto è stato prenotato ma nello stesso tempo che non è ancora confermato. Che vorrà dire? Speriamo bene.

L’ile Sanguinaire, 
nel golfo di Ajaccio

Martedì 25 luglio, Ajaccio
 
Doccia fredda! Il marina, che ho chiamato sia al telefono che per radio, ha risposto che non c’è posto in porto, “richiamate più tardi”. Ci guardiamo in faccia un po’ sconsolati. Tutti i nostri piani stanno andando a rotoli. Chiamo anche l’altro porto, ma la risposta è la stessa, “complet”!
Sono stanco, ho dormito pochissimo stanotte e per di più stamattina ci siamo svegliati sotto la pioggia, che anche se è terminata presto ha ricoperto di terra rossa tutta la coperta facendola diventare di colore tra il rosa e l’arancione. Aspetto ancora un’ora prima di richiamare. Niente da fare, la risposta è sempre la stessa.
Coraggio, facciamo qualcosa lo stesso. Qui dove siamo arrivano troppe onde, è meglio spostarsi in un’altra parte del porto, magari vicino all’ingresso in modo da poter almeno sbarcare. Abbiamo la barca piena di pattume e dobbiamo portarlo a terra prima o poi. Mettiamo “IV” in acqua e raggiungiamo la città. Non era questo il modo che avevamo immaginato di visitare Ajaccio, ma meglio che niente.

Una delle vie dello shopping ad Ajaccio

Ci incamminiamo verso il centro della città lungo via Napoleone, una grande viale che costeggia tutta la baia. Città di palazzi questa, con un centro storico fatto di strade squadrate attorno ad una cittadella fortificata. Alcune di queste vie sono dedicate allo shopping, e sono segnalate da una distesa di bandierine colorate che corrono da un lato all’altro, come in un mercato o durante una fiera. Di negozi “paccottiglia” però non ce ne sono molti, per fortuna. Un bel negozio di modernariato e antiquariato è il più gettonato di tutta la strada. Affollatissimo di turisti che fanno la fila per entrare, al suo interno si trova di tutto: vassoi e bicchieri, statue, conchiglie, carte da gioco, giocattoli di latta, di legno, sopramobili, quadri, cornici, lampade, giganteschi ufo-robot pubblicitari, poster, monete, portacenere Ricard da tavolo da bar, cartoline.

Il negozio di modernariato
 "per turisti"

Più in giù verso la cittadella c’è anche un mercato, con le sue bancarelle di verdura, formaggi e salumi corsi, venduti a prezzi molto alti. Siria però non resiste all’acquisto di una “lonza corsa” che aggiungiamo alla nostra cambusa insieme a qualche pomodoro.
 Dopo il tramonto l’aria si rinfresca molto. Ceniamo in barca, ma al chiuso, in dinette. Anche la doccia la facciamo dentro, nel bagnetto a prua. Io mi faccio pure lo shampoo ma scaldo un po’ d’acqua nel bollitore del tè. Le coperte per la notte sono già state tirate fuori e mi sa che verranno usate.

La Cittadella, ex fortezza militare, oggi visitabile

Mercoledì 26 luglio, Ajaccio
 
Sempre fermi, vento scarso qui accanto al porto ma molto forte fuori. Su Windy viene segnalato come 8-9 della scala Beaufort, che vuol dire tra 40 e 50 nodi. A Calvi e Ile Rousse le raffiche sono oltre i 60 nodi e il mare è dato sopra i 3 metri! Il golfo del Leone sta mandando fuori un vento fortissimo che va a picchiare contro la costa ovest della Corsica e si divide in due, una parte a nord e una parte a sud. Impossibile muoversi.
Sveglia improvvisa questa mattina, a causa di una barca che salpando l’ancora ci è quasi finita addosso. Il programma di oggi prevede un altro giro in città, questa volt con ambizioni maggiori: visitare il cimitero marittimo. Sembrerà strano, ma girare fra le tombe di un cimitero è uno dei modi più efficaci che trovo per conoscere la storia di una città. Lo faccio tutte le volte che ne ho l’occasione, e quando ieri l’altro siamo arrivati in barca dentro la baia abbiamo notato questa grande distesa di “case in miniatura” alla periferia sud. A prima vista non capivamo cosa fossero, poi abbiamo capito e lo abbiamo inserito fra le “mete” di questi due giorni.



Dista circa sette chilometri dal centro, una lunga passeggiata, che ci farà prendere “possesso del territorio” come si diceva una volta.
Entriamo dell’ingresso sud, dove ci viene subito segnalata la tomba di Tino Rossi, ex sindaco della città, al quale è dedicato anche il porto vecchio. Le cappelle sono tutte moto simili, per dimensione e fattura e dappertutto si leggono nomi italiani, Casanova, Sampieri, Rossi. Giriamo fra le vie parallele, leggiamo qualche frase scritta in memoria dei cari estinti, ma in fondo rimaniamo un po’ delusi. Certo non ci aspettavamo di essere a Père Lachaise, ma almeno qualche tomba diversa, qualche monumento, qualche statua, e invece quasi esclusivamente cappelle squadrate e tombe di famiglia.
Il bus di ritorno lo attendiamo sotto una pensilina che ci ripara dal sole. Tre euro per una corsa di meno di cinque minuti. L’autista ha una guida un po’ sportiva, lo vedo passare vicinissimo alle auto in sosta e senza neanche rallentare, e quando arriviamo al capolinea, che si raggiunge dopo un’inversione a U su una rotonda, centra in pieno con la fiancata del bus uno dei piloni di ferro messi tutti intorno alla rotonda. Noi passeggeri ci guardiamo con occhi spalancati e facce sorprese, qualcuno ridacchia silenziosamente, il nostro autista però non fa una piega, come se non fosse successo nulla. 

Mamma e figlia... fotocopia

Pomeriggio di letture e di preparazione della barca. Domattina lasceremo Ajaccio, il maestrale sembra essersi calmato e vogliamo andare ancora verso sud. Dovremmo anche far gasolio, ma per adesso mi limito a versare dentro il serbatoio una delle tre taniche che tengo nel gavone esterno. Ci penseremo più avanti.
 
Giovedì 27 luglio, Plage du Taravo
 
Si parte. Il tender è ben fissato sulla tuga, i parabordi sono tutti a poppa, la randa al centro barca pronta ad essere aperta. Andremo nella baia di Propriano e cercheremo un posto dove fare snorkeling e sosta notturna. Già ieri tante barche si sono mosse e oggi escono anche le ultime. Sta uscendo anche l’Abaille del Mediterraneo, un grosso rimorchiatore della guardia costiera francese che ha il compito di soccorrere le navi in difficoltà durante le burrasche. In porto si vedono due navi da crociera ferme, mentre un traghetto della Corsica Ferries sta facendo la sua entrata in baia. 

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Noi navighiamo nel lato sud, diretti a Cap Muro, uno dei due capi che delimita la baia. Fra circa una ventina di miglia c’è Propriano. Chissà se fra tutte le persone che ho invitato a bordo arriverà qualcuno. Le previsioni segnalano ancora vento forte dal Golfo del Leone e questo si infila irrimediabilmente dentro le bocche di Bonifacio, tra Corsica e Sardegna, nelle isole del nord Sardegna; crociera difficile quest’anno, quasi quasi rimpiango il meltemi greco, che almeno soffia solo di giorno e la sera quasi sempre sparisce.
Quando arriviamo alla plage de Cupabia troviamo ancora onda residua e un po’ di vento che la solleva ulteriormente. Sarebbe stato un bel posto per fare snorkeling, e invece... meglio proseguire e andare in una baia più protetta.
Plage du Taravo, sabbia, fondo basso, qualche barca ferma come noi, qui ci piace, non si sta proprio fermissimi come in porto ma è sopportabile. Di fare il bagno però non ne abbiamo voglia. Non abbiamo neanche bisogno di dircelo, ce lo si legge in faccia che questi giorni li stiamo un po’ soffrendo. Decisione presa: si torna in Italia.
Chiamo santa Teresa di Gallura, ma in porto è tutto pieno in questi giorni. Scrivo un wathsapp a Omero e Sara, che sono in Sardegna e chiedo a loro consigli su dove poterci fermare. Mi indicano il porto di Cala Gavetta alla Maddalena, dove stanno per arrivare anche loro. Li chiamerò domattina, e speriamo bene. La sera partita a burraco, con ennesima sonora sconfitta!
 
Venerdì 28 luglio, Isola della Maddalena
 
Cinquanta miglia, una decina di ora. Ho sempre lo stesso problema all’invertitore, la marcia avanti entra, ma non subito, e occorre sempre dare un po’ di gas prima che parta. La sveglia ha suonato alle 5,40 e alle 6 esatte siamo in movimento. Vento alle spalle e vele aperte, ma dura poco, purtroppo. Sono le 8,30 ed è il momento di chiamare La Maddalena. Ci dicono che c’è posto, non mi sembra vero! Abbiamo bisogno di fare acqua, di far gasolio, di fare spesa, di lavare per bene la barca e anche di fare una lavatrice!

Mattinata un po’ fredda oggi

Arrivati al porticciolo ci sistemano al pontile 3, vicino al benzinaio. È la prima volta che vengo qui. C’ero già stato nel nord Sardegna a girare fra le isole, tanti anni fa, quando ho fatto il corso di vela ai Glénans, ma in quella occasione eravamo sempre stati in mare, fermi solo nelle baie e non eravamo mai scesi a terra. Siria conosce già l’isola, c’è stata questa primavera quando ha fatto un giro in bicicletta da queste parti. Il piccolo porto non ha molti pontili; la parte più interna è riservata alle barche da pesca, sulla banchina est sono ormeggiate le barche grandi e sui pontili galleggianti a ovest le altre come la nostra. Il lungomare è circondato da case con al piano terra bar e ristoranti, come un classico porticciolo greco. Le stradine laterali convergono tutte verso il porto, sono piene di negozi ma senza fronzoli per turisti, tutto molto più sobrio ed elegante, se vogliamo. Nella piazza principale del paese c’è anche una grande bancarella di libri usati, più giù in grande negozio di nautica. I servizi del porto sono pochi e a pagamento, 3€ per una doccia di 6 minuti, e 1,50 per il wc! La lavanderia automatica è nello stesso locale, 5€ per 7 kg di bucato.
Bisogna adattarsi, pazienza, almeno acqua ed elettricità in porto sono compresi nel prezzo, e non è sempre così.

Live at La Maddalena

Dopo cena una musica “live” arriva da una delle piazzette sul lungomare. Musica rock, grandi hit, e anche ben fatte. Ci guardiamo negli occhi per un istante e poi ci vestiamo di corsa per andare a vedere. Sono in cinque, due chitarre, un basso, una batteria e una cantante, piccola e vestina con un abito a tutino nero, ma con una voce da singer afroamericana. Fanno di tutto, dai Pink Floid ai Queen. Manco a dirlo Siria è già lì che balla, insieme ad altre tre o quattro donne. Io “ballicchio” sul posto, la musica mi prende ma non ho voglia di ballare sul serio. Tutti gli altri presenti ascoltano in piedi e applaudono alla fine di ogni brano. Un gruppo di ragazzotti di origine araba, ben vestiti e con le sneakers ai piedi, sono molto eccitati da questo concerto; ridono, si danno pacche sulle spalle, ma anche loro rimangono in piedi a ballicchiare.
A mezzanotte, come in una fiaba, la musica finisce, il pubblico si dissolve disperdendosi fra le vie laterali e anche noi torniamo in barca, per passare in tranquillità la prima notte sarda di questa estate dal clima bizzarro.
 
Sabato 29 luglio, Isola della Maddalena
 
Sto rivalutando la vita dei porti, e in particolare tutti i servizi che ci si possono trovare. È proprio vero che quando sei abituato ad avere una cosa sempre facilmente a disposizione non ti rendi molto conto di quanto questa cosa sia importante per la tua vita quotidiana. La corrente elettrica, l’acqua potabile, il cassonetto del pattume, la lavabiancheria, il fornaio, il negozio di alimentari...
Oggi devo fare il bucato, il quarto in due mesi di viaggio. Non ho mai idea di quanti chili di panni porto a lavare ogni volta. Queste grandi macchine delle lavanderie automatiche sono in grado di lavare da 5 a 8 kg di biancheria alla volta; io scelgo sempre la tariffa 5 kg, ma il cestello mi resta sempre mezzo vuoto. Come mio solito attacco bottone con la signora della lavanderia; ho scoperto che mi piace parlare con la gente che non conosco, raccontargli cose delle quali mlto probabilmente non gliene frega nulla; della mia vita, di quello che sto facendo, da dove sono partito e dove sto andando, ma poi mi accorgo che anche loro cominciano a raccontare, mi parlano di sé, del lavoro che fanno, della loro famiglia. Sembra quasi che questo mio modo di “espormi” inviti gli altri a ricambiare le confidenze che ricevono, come fra amici di lunga data, e a non pensare che in realtà stanno parlando della loro vita, e addirittura dei loro progetti, con un semplice estraneo.

Bucato, bucato, bucato...

Eleftheria è di nuovo circondata da panni stesi; il caldo e il vento li asciugherà in un battibaleno. Ho chiesto alla signora della lavanderia di consigliarmi una spiaggia dove fare il bagno e mi ha indicato Punta Tegge e Cala Francese. Sono a circa mezz’ora di strada da qui, sulla costa ovest dell’isola. Ci incamminiamo lungo la strada asfaltata che corre lungo la costa e dopo aver passato diversi piccoli pontili per gommoni arriviamo alle prime rocce di granito che scendono al mare. Bel posto, ma fondali non all’altezza della Sardegna di cui tanto di narra. Lo snorkeling quest’anno è proprio insufficiente! Ci spostiamo in un altro punto della scogliera, dove c’è una bella spiaggia con parcheggio alle spalle, ristorante e diving center. Proseguiamo e arriviamo in un posto incantevole, da cartolina, con acqua trasparente e scogliere lisce sulle quali stendersi a prendere il sole. E non è nemmeno troppo affollato, anzi c’è talmente tanto spazio libero che come spesso capita non sai mai dove metterti, e nel timore di fare la scelta sbagliata va a finire che poi ti metti nel posto meno bello che c’era.
A metà pomeriggio, senza ancora aver mangiato nulla all’infuori di un gelato confezionato, ritorniamo verso il paese. 

Baietta verso Punta Tegge

Sono in barca quando mi chiamano Sara e Omero. Hanno finito di sistemare la loro barca, dopo l’ultima settimana di lavoro da skipper, e domani lasciano la Sardegna per passare il mese di agosto in Corsica. Passano a trovarmi al pontile, non ci vediamo da sei anni, da quando cioè ho fatto, con Omero e la sua barca, un Janneau Sun Odyssey di 15 metri, la mia seconda navigazione in Atlantico, dalla Martinica fino a Malaga, più di un mese in mezzo al mare e oltre tremila miglia percorse. Ci diamo un generico appuntamento serale nel dopo cena, perché questa sera ci vediamo per l’aperitivo con una vecchia amica di università di Siria. Non la vede da più di vent’anni, ma ricordandosi che è originaria della Maddalena, le ha inviato un WA prendendo il suo numero da Facebook. Mentre raggiungiamo il bar chiamato “i Vitelloni”, le viene il dubbio di aver fatto una cosa un po’ insensata cercando qualcuno che per ben due decenni non hai più frequentato e oggi non sai nemmeno cosa fa e come la pensa. Ma che importa, si tratta solo di un banale aperitivo, tutt’al più ci si saluta cordialmente promettendosi nel proprio intimo di non cercarsi mai più. Invece passiamo una serata piacevole con Andrea e Sara, chiacchierando di noi stessi, raccontando le proprie vite e i propri sogni futuri, così come ho già fatto in lavanderia, e come si faceva quando si era giovani e senza pregiudizi. Comincio seriamente a pensare che viaggiare è proprio una cosa bella e che per di più ha il pregio di ringiovanirmi.

Cala francese

Dopo due spritz a testa, una birra, un paio di taglieri di formaggi e salumi e un’insalata “alla sarda” ci alziamo dal tavolino, barcollando, e scendiamo giù al porto per incontrare Sara e Omero, che ci invitano in barca a fare due chiacchiere per terminare la serata. Omero mi dà anche un portolano di Corsica e Sardegna, che non avevo avuto modo di comprare a Bologna e che adesso mi torna molto utile. Glielo restituirò quando ci rivedremo, in autunno, nella nostra pianura emiliana.

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