Destinazione Gargano


Venerdì 9 giugno, Giulianova – Termoli

Sessantacinque miglia, ci vorranno dodici ore, forse un po’ meno. Lascio il porto di Giulianova alle sette in punto, dopo una colazione con gallette di riso, yogurt, marmellata e caffè, un classico da qualche tempo a questa parte. Il serbatoio è di nuovo pieno, c’è il sole e un leggero venticello. Ho già aperto le vele, anche se tengo il motore acceso; mi sono cosparso di protezione 30 della nivea, sono in costume, e sto leggendo un bellissimo libro di D. Foster Wallace, La scopa del sistema. È la prima lettura di questo viaggio, e in un giorno ho divorato 160 pagine senza colpo ferire, ridendo rumorosamente da solo in pozzetto per tutte le incredibili storie che l’autore si inventa sulla vita di Lenore Beadsman, sulla sua famiglia e il suo capostipite, un’industriale che produce cibo per bambini, sulle sue amiche e conviventi, sul suo lavoro da centralinista presso una casa editrice inconcludente e la società dei telefoni che ha incasinato tutte le linee; il suo psicanalista incapace e mezzo matto, la bisnonna termosensibile sparita dalla casa di riposo, il suo uccellino in gabbia che improvvisamente ha iniziato a parlare, forse a causa dell’LSD che qualcuno gli ha dato per sbaglio o per scherzo, e tutto ciò in meno di un terzo del romanzo...

Verso mezzogiorno il vento aumenta, sento la barca che si piega, chiudo il libro e posso finalmente, dopo due giorni, andare solo a vela. Vento da sud, quindi bolina, viaggio intorno ai 6 kts, lievemente sbandato verso la costa. Sottocoperta ho spostato tutti gli oggetti “mobili” sul lato destro della barca per evitare che finiscano a ruzzolare sul pagliolo. Mi preparo un’insalata di pomodoro con sgombro, maionese e limone, che consumo sulla scaletta con un occhio all’orizzonte, non si sa mai arrivi qualche nave, e uno al piatto, sempre un po’ in bilico sulle ginocchia.

Il vento però cambia leggermente direzione e non posso più mantenere la stessa rotta. Non ho voglia di accendere il motore e così faccio un paio di virate per riuscire ad allontanarmi da terra e passare oltre il promontorio di Vasto, ultimo ostacolo prima di puntare su Termoli.



Il vento gira ancora e mi accorgo di star perdendo troppo tempo a voler fare il velista. Chiudo il genoa e accendo il motore. Termoli è a 19 miglia, si è alzato un po’ di mare che mi rallenta e quindi meglio puntare decisamente alla meta.

Quando sono ad un paio d’ore dall’arrivo chiamo il Marina San Pietro per informarli, e la ragazza alla reception si ricorda perfettamente di Eleftheria e mi saluta. Mi informa che gli ormeggiatori sono a vostra disposizione sul canale 13 del VHF, gli uffici chiudono alle otto stasera e riaprono domattina alle 8, vedete voi come preferite. Questo fatto che a Termoli diano del voi anziché del lei mi disorienta un po, penso sempre che non stiano parlando con me, ma con altri, tanti altri, come minimo più di uno.

Accanto a me, al pontile galleggiante per il transito, c’è una coppia di abruzzesi, marito e moglie suppongo, con un cagnolino minuscolo, credo uno yorkshire, che dire irrequieto è dir poco. Non smette mai di abbaiare, a chiunque, con una voce acuta e rauca allo stesso tempo, fastidiosissima, talmente fastidiosa che il suo stesso padrone non lo sopporta. Vengono da Rodi Garganico, e sono tornati indietro per via del maltempo. A me non sembrava che ce ne fosse, ma ognuno ha i suoi parametri. Per curiosità riguardo il meteo e per domani è previsto vento forte e onda già oltre il metro e ottanta. Anche se non dovrebbe piovere non è una buona condizione per partire, e poi sono ancora stanco, si vede che non riesco a prendere il ritmo della navigazione e non recupero le forze con le ore di sonno notturne. Vado a farmi una doccia e resto in barca a cenare, ascoltando in radio la prima della serie scudetto fra Olimpia Milano e Virtus Bologna. Bologna parte bene, ma i milanesi rimontano e infine vincono. È solo la prima di cinque partite, vedremo nei prossimi giorni, se mi ricorderò di loro. 


Al Marina San Pietro, a Termoli

Sabato 10 giugno, Termoli

 

Dejà vu, fermo in porto con il cielo coperto e la pioggia. Unica differenza con l’anno passato è che non tira vento. In compenso dall’oblò della cabina di prua viene giù una goccia, anzi due, in due punti diversi, che stanno bagnando il mio letto, e una di queste cade proprio accanto al cuscino! Tocco il plexiglass nei punti dove entrano le gocce e vedo che si muove un po’, si deve essere scollato, dopo tanti anni anche i migliori sigillanti cedono. Ci metterò un po’ di sica quando smette di piovere, nel frattempo tampono alla bella e meglio con scottex e fazzoletti.

Non ho ancora messo su il caffè che ho già aperto Windy per vedere il meteo. Lo guardo ossessivamente da ieri pomeriggio, alla ricerca di uno “spiraglio” che mi faccia proseguire oltre il Gargano. Ho anche comprato la versione Premium, per poter avere quelle stesse utili funzioni che prima erano gratuite e adesso no, prima fra tutte la pianificazione della rotta interfacciata con il meteo che dice che tempo fa con il passare delle ore di navigazione. Ma per quante ipotesi faccia non riesco a trovare un via d’uscita. Aspetto nel pomeriggio, magari aggiornano i dati e le previsioni cambiano...

Non ho voglia di andare in città, resto in barca a fare piccoli lavoretti, preparo da mangiare, pulisco, leggo. Ricontrollo le previsioni, sembrano cambiate, faccio un po’ di ipotesi e decido di partire fermandomi però a Rodi Garganico, sono solo 40 miglia, dovrei farcela, giusto qualche goccia.

FelIce di aver trovato la soluzione passo la sera in città, alla ricerca di un bar dove vedere la finale di Champions fra Inter e Manchester City. 


Al bar per vedere Inter Manchester


Lo trovo, c’è un simil megaschermo in una piazzetta a fianco del corso principale e tanti bar con tavolini dove potersi fare una birra e mangiare qualcosa. Scelgo quello posizionato proprio di fronte allo schermo e ordino un paio di pizzette e una birre. Mi portano due pezzi di pizza al taglio fredde e dal gusto orribile, e una birra in bottiglia da 33 alla modica cifra di 12 €. Intanto è iniziata la partita e quindi rinuncio a lamentarmi, tanto quello che conta è il tavolo ben posizionato. Partita orribile, che finisce pure male per l’Inter e per sovrammercato comincia pure a piovere. Torno in fretta in barca, riaccendo il computer e ricontrollo il meteo. Accidenti è tornato con previsioni catastrofiche, cioè pioggia e temporali per tutto il giorno e vento da 15 a 20 nodi. Demoralizzato mando un WA a Lella per dirle che non parto più, poi prendo la bottiglia di whisky e resto sulla scaletta della dinette, pensieroso.

 

Domenica 11 giugno, Termoli - Vieste

 

Fuori non piove, ma si sentono i tuoni in lontananza e si vedono i nuvoloni grossi e neri all’orizzonte che corrono verso il Gargano. Sopra la mia testa è quasi sereno, forse la possibilità di partire c’è. Aspetto ancora un’ora e il cielo diventa sempre più sereno. Ho deciso, parto! Preparo la barca, stacco acqua e luce, butto via l’immondizia, tutta ben differenziata nei suoi vari contenitori, accendo il motore e salpo, aiutato dal vicino abruzzese e salutato dalle urla del suo simpatico cagnolino.

Procedo a motore con il genoa aperto, che grazie al vento che ho alle spalle si mantiene gonfio. Le nuvole però lentamente tornano e si dispongono a cerchio tutto attorno a me, con la base nera e con le prime “tendine” di pioggia che cade, lontana per adesso. 


Circondato dalla pioggia ma all'asciutto


Alla mia sinistra il fronte è più “sottile”, ma davanti vedo un grosso nuvolone che prima sembrava poco preoccupante invece adesso ha cominciato a tuonare e si vedono i fulmini che scorrono al suo interno. Corro ai ripari, metto la giacca a vento e la cintura di sicurezza, poi cambio rotta puntando verso sud, verso la costa, per allontanarmi un po’.  Non basta, vedo che il nuvolone mi sta tagliando la strada; rallento, chiudo il genoa e cambio rotta cercando di mettermi alle sue spalle. Le prime gocce sono già arrivate, ma il nuvolone è molto veloce e corre via davanti a me con il suo carico di pioggia forte per scaricarla sulla terra ferma. Che sollievo, per un po’ ho temuto di trovarmi nei casini, mi vedevo già circondato dai fulmini e con il vento che spazzava la coperta, ma nulla di tutto ciò. Mi rimetto la maglietta perché comincio a sudare; il cielo si è velocemente ripulito e sembra essere di nuovo innocuo. Poi le nuvole ritornano, meno nere, più grigie, più piccole ma con tanta acqua dentro! I francesi li chiamano “merdòn” e non c’è bisogno di tradurre: durano cinque o dieci minuti, scaricano un mucchio d’acqua, fanno un gran casino di vento e poi spariscono. Ne becco altri due nel pomeriggio e l’ultimo crea sulla superfice del mare una specie di tappeto di perle bianche che sembrano saltellare sul velluto, creando un bellissimo e strano effetto di luce. Non posso fotografarlo, impegnato come sono a timonare, ed è un peccato non avere qualcun altro a bordo che possa farlo.


Peschici

Terminati i merdòn arriva il vento un po’ più sostenuto. Nonostante i cambi di rotta vari sono arrivato alla vista di Rodi in poco tempo e decido di non fermarmi ma di andare fino a Vieste; sono solo 15 miglia in più, poco più di 2 ore, visto che viaggio costantemente fra i 6.5 e 7 kts.

Entro in porto con un bel venticello alle spalle e protetto dal molo preparo la barca per l’ormeggio, mettendo fuori cime e parabordi. Ci sono le trappe in pontile, ma con il vento laterale la manovra viene fatta “in appoggio” ad un'altra barca, e solo dopo prendo le cime per fermare la prua, più che altro per allontanarmi dalla barca contro cui in vento mi spinge.


In porto alla Vieste Ormeggi


Giuseppe, l’ormeggiatore, mi dà un mano salendo anche a bordo e tirando lui per me la trappa, mentre io lo facilito dando motore avanti. Finite le manovre mi rilasso in pozzetto, non con la classica birra, ma con un sano succo d’arancia. 


Lunedì 12 giugno, Vieste – Trani

 

Il vento non ha smesso un attimo di soffiare per tutta la notte e stamattina, quando alle 6,30 ho aperto un occhio per vedere com’era la situazione fuori, ho visto la bandierina che sta fissa sulla crocetta di dritta, frustata dal vento da nord. Quanti nodi saranno? Tanti da non partire, o sufficienti per girare la testa del Gargano e rifugiarmi nel golfo di Manfredonia? Esco dalla cabina e vado in pozzetto. La situazione è meno grave di come sembrava, vento ce n’è, sì, ma non così tanto da stare fermi. Mi verso una tazza di caffè e aspetto che arrivi l’ormeggiatore per pagare la notte. Giuseppe, pantaloncini corti e scarpe da ginnastica, maglietta a maniche corte e gilet sopra, occhiali da sole e berrettino da baseball, si presenta poco prima delle 9. Andiamo nel suo ufficio per pagare i 40€ della sosta, cash e manco a dirlo senza nessuna ricevuta. Torno in barca, sempre seguito da Giuseppe, che mi aiuta anche a lasciare il pontile. Mollo le cime sottovento e la trappa, motore a tutta in direzione del vento e la barca si allontana quanto basta per mollare anche l’ultima cima di poppa e uscire.


Golfo di Manfredonia

Le onde fuori dal porto sono già alte, più di ieri, ma non mi preoccupano perché in poppa sono sempre facilmente governabili. Apro il genoa, spengo il motore e volo subito a 7 nodi!! Ottimo, e anche la rotta è quella giusta per Trani. Sono così veloce che non apro nemmeno la randa, tutta fatica risparmiata. Per più di 25 miglia vado avanti così, fino a quando sono costretto ad uscire dal “letto del vento” per non andare fuori rotta rispetto a Trani, e quindi perdo un po’ di spinta. Mi tocca anche accendere il motore per non rallentare troppo. Col passare delle ore le onde si sono fatte sempre più aggressive e quando ne arrivano due o tre in fila, di cui l’ultima sempre più alta, il pilota automatico impazzisce e si lamenta stridendo e saltellando, gira la ruota con grande veemenza, prima da una parte poi dall’altra e alla fine corregge le imbardate della poppa e si rimette in rotta. Però fa una gran fatica e mi fa quasi pena, poveretto. Lo metto a riposo e prendo in mano il timone. Ci alterniamo venti minuti ciascuno, come fossimo in due a navigare, ed in qualche modo è così; spero solo di non cominciare a parlargli, come ogni tanto si legge nei racconti dei solitari.


Il pilota automatico soffre ma resiste

Nel frattempo ricevo al notizia che Berlusconi non c’è più. Amen, pace all’anima sua, e soprattutto all’anima nostra.

A 15 miglia da Trani chiamo per prenotare l’ormeggio, telefonando ad un certo Luigi, che vedo segnalato su Navily. Dovrebbe essere l’ormeggiatore della Darsena, ma mi sbaglio. È il gestore di un’agenzia nautica, Apulia qualcosa, che però gentilissimo mi prenota un posto in Darsena e mi dà tutte le istruzioni su come arrivarci. Che idiota che sono, dovevo guardare meglio, adesso mi tocca pagare un servizio in più senza alcun motivo.

A un paio di miglia dal porto mi arrivano i vari messaggi su Wathsapp da parte di Luigi, screenshot del pontile dove ormeggiare, indicazioni di ristoranti dove cenare, messaggi audio che non riesco a sentire perché il mio telefono è mezzo rotto e se ascolto un audio da WA si spegne; mi telefona anche per darmi le ultime istruzioni, ma non sa che sono da solo e che tutte queste comunicazioni sono un continuo disturbo, dovendo gestire l’entrata in porto con le onde alte alle spalle, con la randa ancora aperta, i parabordi da tirare fuori,  e le cime d’ormeggio da preparare. Gli dico, forse un po’ rudemente, che ho da fare e che lo chiamo io quando sono in ordine!


Le indicazioni di Luigi via WA

Quando la situazione è di nuovo sotto controllo, al riparo dal mare e dal vento dietro il molo, entro finalmente in darsena e ormeggio al pontile comunale. Luigi è già lì, sull’altro pontile, che mi parla al telefono, anche se praticamente siamo a vista e ci sentiamo perfettamente anche a voce. Fermo la barca con l’aiuto dell’ormeggiatore, gli lascio i documenti e mi dà un foglio con le istruzioni per pagare: 31,97 € da pagare con un bonifico al Comune di Trani e inviare come ricevuta ad un numero di WA. Ottimo prezzo, direi, compreso di luce e acqua.

Finalmente arriva anche Luigi a “far visita”. Solo adesso capisce che sono da solo, che sto qui solo una notte e forse non scendo neanche a terra, ma ceno in barca; i suoi servizi turistici sono un po’ sprecati ma mi invia ugualmente una serie di WA con allegati pdf turistici del duomo, della sinagoga, del centro storico, link a ristoranti, supermercati, insomma una vera guida in miniatura di Trani, a misura di diportista. Mi dice anche che per questo servizio lui chiede 15 €, ma si intuisce dal tono della voce che essendo un “cadeau” non ci spera proprio che io possa darglieli. Io faccio finta di non aver capito, e lui mi saluta con un ci vediamo dopo molto poco credibile.

I bagni della darsena sono in un container, spartano ma funzionante, nel senso che c’è la carta igienica e l’acqua della doccia è bollente, contrariamente alla Vieste Ormeggi dove i bagni, molto belli e curati, ricavati nel retro di un ristorante, erano però sprovvisti di carta igienica e con l’acqua rigorosamente fredda. E per di più con una fotocellula che accendeva e spegneva la luce solo quando ci passavi sotto; è stata la doccia più rocambolesca che ricordi, con una mano per insaponarmi e un'altra sempre fuori protesa e ondeggiante verso la fotocellula, per farla attivare e non rimanere al buio.

Trani è sempre molto bella, e per quanto turistica non si è trasformata in quelle orribili cittadine fotocopia, tutte piene di negozi di souvenir paccottiglia e ristoranti e pizzerie come sono diventate Otranto, o Vieste o Gallipoli. Sarà anche per via degli spazi grandi, della magnifica piazza con il duomo, o del numero inferiore di turisti, ma a Trani c’è un’aria più bella a tranquilla.


La darsena di Trani con il Duomo sullo sfondo

Non voglio cenare fuori, mi preparo un riso al pomodoro piccante, che correggo con un pizzico di spezie orientali per dargli un po’ di tono; l’altro ieri per sbaglio ho aperto una bottiglia di vino rosso, e con questi sapori ci sta anche bene. Il cielo è sempre sereno e non c’è nemmeno vento, ma non sento ancora il desiderio di mangiare in pozzetto, non fa così caldo. In lontananza si sente una moto che corre, accelera, si ferma; poi riparte, si riferma, accelera in folle smanettando a tutto gas, poi di nuovo di corsa, sfrecciando anche sul lungomare più e più volte. 

Non pensavo che ci fossero ancora delle persone che passano così le proprie serate.

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