Da Brindisi a Porto San Giorgio, l’Adriatico lungo e severo





Mercoledì 14 settembre.

Stiamo navigando al largo del Gargano diretti a Vieste. Doppieremo il capo fra un paio d’ore al massimo, e poi andremo dritti per Ancona. Abbiamo deciso di fare una tappa unica, e anche se adesso siamo a motore attendiamo con fiducia un po’ di vento da sud.
 È stata una settimana terribile quella passata a Brindisi. Io sono stato praticamente immobile a letto, con la gamba sinistra fuori uso. Mi fa molto male anche adesso, ma riesco a controllare i movimenti e a stare in piedi, anche se faccio ancora molta fatica a stare seduto per molto tempo. Lella ha trascorso la settimana a prendersi cura di me, preoccupata per questa mia pesante ricaduta, e immaginando tutti gli scenari possibili per il nostro rientro a Bologna, compreso quello di lasciare la barca qui e chiamare un’ambulanza, visto che seduto su un sedile d’aereo o su quello di un treno non ci riuscirei a stare. Invece ieri mattina, con il maestrale che non aveva finito del tutto di “mordere”, abbiamo lasciato gli ormeggi e siamo usciti in mare. Siamo stati però respinti da un mare ancora troppo agitato, con onde alte e incrociate che non erano facilmente governabili. Rientrati frettolosamente oltre il molo nord ci siamo riparati dietro l’isolotto presente nella zona più esterna del grande porto di Brindisi, su un fondo di pochi metri, ottimo per una sosta all’àncora.
Dopo qualche ora di attesa siamo tornati in mare aperto, navigando a motore contro un’onda ancora alta, ma almeno senza frangenti. Motore quasi al massimo dei giri e velocità di appena 3 nodi e mezzo; per qualche ora siamo andati avanti così, con solo un pezzetto di vela di prua aperta, più per stabilizzare la barca che non per dare velocità. Poco prima del tramonto la situazione è migliorata, con il vento che è scemato del tutto e il mare che lentamente è tornato quasi calmo, concedendoci una tranquilla navigazione a motore.

Rifornimento in navigazione

Quando oggi pomeriggio è arrivato il vento da sud non è stato come ci aspettavamo, ovvero un gentile venticello, ma al contrario è stato un vento abbastanza vivace, che nel giro di un paio d’ore ha sollevato un’onda tale che il pilota automatico, preziosissimo compagno e timoniere eccellente, non è stato più in grado controllare, e così mi sono dovuto mettere al timone. Le onde che arrivano sulla poppa sono ben diverse da quelle che ti colpiscono a prua. Sono per così dire onde amiche, spingono la barca in avanti, ti fanno accelerare, stanno dalla tua parte. Fino a quando non diventano troppo grandi o troppo vicine le une con le altre, e allora diventa tutto più complicato. La prima onda ti solleva, la seconda arriva che sei appena sceso dalla prima, e la terza, se non sei perfettamente allineato, ti colpisce di lato e sposta la poppa; la barca inizia a “rollare” come fosse un’amaca che dondola, devi con forza girare il timone dalla parte opposta per contrastare il muro d’acqua e sperare che non ce ne siano altre di onde, pronte a colpirti. Tutto ciò succede alle spalle, senza vedere le onde, puoi solo sentirle arrivare per il movimento che fa la barca, oppure dal rumore della cresta dell’onda, che spesso frange. Ecco, queste che abbiamo dietro stanno diventando troppo grandi, e fanno proprio così. 
Non riesco a lasciare il timone un solo attimo; non siamo nemmeno riusciti a ridurre la randa, che è rimasta tutta aperta e con il vento forte spinge la barca velocissima. Non era questa la navigazione che immaginavamo ed è impensabile affrontare una notte con queste condizioni. Lella va sottocoperta ad ascoltare il bollettino meteo sul canale 68 della radio di bordo, e le previsioni sono cambiate; vento e mare in intensificazione anche per domani.
Siamo all’altezza delle isole Tremiti, sono le sette di sera, rapida decisione, si va verso terra, a Termoli. Con non poca fatica strambiamo, cercando un momento di tregua fra un “treno” di onde e un altro. Dobbiamo percorrere altre 30 miglia e sta rapidamente diventando buio. Le giornate sono diventate più corte, e alle otto di sera già non ci si vede più; inoltre il cielo velato riduce la luce che la luna, ormai dimezzata, riesce a mandare sulla superfice del mare. 

Lella al timone con un occhio alla bussola

Sulla costa pugliese e molisana appaiono le prime luci delle città. Anche le Tremiti sono illuminate, quelle poche case presenti a San Domino e a San Nicola. Le oltrepassiamo lasciandocele alla nostra dritta, mentre il mare lentamente si assopisce. Andando verso costa siamo usciti dalla zona di vento forte, o forse è calato un po’ dappertutto, alla faccia delle previsioni che davano tutt’altra situazione. Ne approfittiamo subito per ammainare la randa, con un tempismo provvidenziale, perché appena dieci minuti dopo inizia il vento da terra, dritto a prua e che ci accompagnerà fino al Marina San Pietro di Termoli, che avevamo avvisato per telefono del nostro arrivo in porto.
Sono quasi le due di notte quando ci mettiamo a tavola in dinette per mangiare qualcosa prima di andare a dormire, una situazione che ci ricorda molto da vicino il periodo in cui facevamo speleologia, quando si usciva di notte dalla grotta dopo una lunga esplorazione e non sapevi se avevi più fame o più sonno, mentre mangiavi del cibo senza né capo né coda, aprendo una scatoletta di tonno, tagliando un pezzo di formaggio o spremendo un tubetto di maionese su una fetta di pane.

La Torre Sveva di Termoli

Giovedì 15 settembre
 
Come tre mesi fa sono di nuovo fermo a Termoli, e di nuovo con forte vento, non di maestrale ma da sud ovest, vento di libeccio se fossimo in Tirreno, oppure garbino, come lo chiamano in Romagna. Ed è un vento caldo, pieno di sabbia che si deposita su tutta la coperta. Il nostro proposito di ripartire oggi stesso si è sgretolato, e non solo per il vento. Dopo 36 ore di navigazione e con la fatica che abbiamo accumulato, sentiamo il bisogno di stare fermi a recuperare le energie. Io, oltre alle energie, devo anche recuperare la mia schiena, e soprattutto la mia gamba sinistra, ormai sempre più dolorante e zoppicante. E così resto a letto, mentre Lella si fa un giro per Termoli, che non vedeva da molti anni.
Per tutto il giorno il vento non smette di soffiare, al punto che ci fa temere che non si possa partire domattina. La previsione meteo è pessima; dovrebbe piovere domattina e anche con raffiche di vento a 27 nodi per le prime ore del mattino, proprio quelle in cui vorremmo partire per poter raggiungere Porto San Giorgio prima di notte. Sono più di 80 miglia da percorrere, con venti molto variabili e se non partiamo domattina saremo costretti a star fermi per alcuni giorni, visto che da sabato è in arrivo una grossa perturbazione con venti molto forti che scenderà lungo tutto l’Adriatico, con bora fino a 60 o 70 nodi. Prepariamo la barca per la partenza e andiamo a dormire, dopo aver controllato ancora una volta tutti i siti meteorologici possibili e immaginabili.
 
Venerdì 16 settembre
 
Sono le 5,40 del mattino quando la sveglia suona. È buio e piove. Ci sono anche dei lampi, ogni tanto, lì al largo. Il vento c’è, ma molto leggero. Ci vestiamo per una navigazione sotto la pioggia, stacchiamo le cime dai finger e dal pontile e usciamo. Anche la barca accanto a noi si prepara ad uscire, ed è sempre confortante vedere che non sei il solo che ha deciso di prendere il mare. La pioggia cessa subito, per fortuna, ma siamo circondati dai temporali, più in là a est e anche a nord. Il mare però è calmo, e ci mettiamo in rotta per Porto San Giorgio sotto un cielo completamente coperto di nuvole grigie e nere.

In bonaccia verso Porto san Giorgio

Navighiamo lungo costa, poche miglia al largo, giusto al di là delle varie zone di pesca segnalate sulla carta nautica. Vasto, Ortona, Francavilla, Pescara, le città costiere d’Abruzzo scorrono alla nostra sinistra, mentre il cielo si libera completamente dalle nuvole e un sole, tornato estivo e caldo, ci invita a metterci nuovamente in costume da bagno. Quando mancano ancora più di sei ore per raggiungere la nostra meta, si alza vento da nord ma troppo in prua per sfruttarlo aprendo le vele. La nostra velocità cala drasticamente e scendiamo sotto i 5 nodi, e il computer di bordo segna l’ora di arrivo oltre la mezzanotte. Forse perché condizionati dall’ultima esperienza di navigazione, con un meteo inattendibile, e anche perché non abbiamo nessuna voglia di combattere ancora con le onde che battono sulla prua, chiamiamo al telefono San Benedetto del Tronto per veder se hanno posto nel Marina. Ci dicono di sì, ma ce lo sconsigliano vivamente, perché con il brutto tempo previsto per domani i loro pontili galleggianti risentono della risacca che crea il vento da nord e si balla troppo. A questo punto non possiamo far altro che continuare, sperando che questo vento non rinforzi.

Cielo nuvoloso lungo la costa marchigiana  

Con un cielo orlato di belle nuvole, colorate dagli ultimi raggi del sole che sta tramontando, e con le luci lungo costa già accese, rimettiamo la prua verso Porto San Giorgio. Navighiamo ormai vicinissimi alla costa, in un mare profondo appena una decina di metri; si vedono perfettamente i fari delle automobili sulle strade, i semafori agli incroci, e anche il treno che passa lì accanto. Ad un certo punto un faro grande e potente si accende alla nostra poppa; non capisco cosa sia, forse un segnale luminoso automatico che indica qualche allevamento di pesce dal quale stare alla larga; eppure sulla carta nautica non c’è segnalato nulla. Qualche secondo dopo si spegne, ma si riaccende nuovamente e questa volta è più vicino; guardo meglio e vedo anche una luce verde più in basso. Capisco solo adesso che è un gommone che si sta avvicinando a noi a gran velocità, ma non so chi siano e cosa possano volere. Quando arrivano a pochi metri leggo sulla fiancata del gommone la scritta “Guardia di finanza” e li sento parlottare fra di loro. Poi spengono il faro che mi stava accecando e si allontanano, senza dire nulla, senza un saluto, senza nessun cenno che ci possa far capire cosa volevano. Mi è sembrato un comportamento molto scorretto, quasi piratesco, e francamente non so se questa modalità sia la norma dei controlli notturni in mare o se sia l’arroganza di chi esercita il potere interpretandolo a modo suo. In ogni caso è pessimo.
La luce rossa del porto è a poche centinaia di metri; chiamo al VHF gli ormeggiatori per avere istruzioni. Mi dicono di tenermi dentro il canale segnalato dalle boe rosse e verdi, ma quando entriamo in porto queste boe non sono per nulla visibili, e infatti ci insabbiamo. Prevedendo ciò andavo pianissimo e riesco facilmente a uscire dalla sabbia con una marcia indietro di qualche metro e rimettermi dentro questo quasi fantomatico canale. Sistemiamo la barca in banchina, tirando molto le trappe, anche usando il motore per tenderle per bene. Il vento domani picchierà sulla prua ed è bene averla ben ferma!

Arriva la bora anche a Porto San Giorgio


Sabato 17 settembre
 
Oggi è il giorno della bora. Attorno alle barche ormeggiate ai pontili vediamo diverse persone che mettono cime supplementari, che chiudono bimini e serrano tutto quello che può far presa al vento. Anche noi chiudiamo per bene tutto, portando via dalla coperta tutto ciò che non è fissato in maniera permanente con la barca. Mettiamo anche un paio di parabordi a poppa, per protezione contro il molo di cemento, non si sa mai.
Intanto ho notizie da Ravenna, che Alessandro mi invia per WhatsApp. Vento a 69 nodi, tutti rifugiati nei bagni, pioggia a dirotto, vele strappate, passerelle divelte, cuscini che volano via...
Il cielo si è fatto nero anche qui ed è meglio andare in un posto più riparato ad aspettare gli eventi. Non facciamo in tempo a scendere dalla barca che le prime raffiche giungono in porto. Da zero a trenta nodi in un secondo, poi arriva la pioggia e scappiamo verso il bar che troviamo chiuso. Merda! Per fortuna c’è un gazebo dove ripararsi e poco dopo da dentro il bar un signore, presumo il gestore, ci apre la porta facendoci entrare. Il bar-ristorante è chiuso, anzi è in disuso, chiuso da tempo, anche se con il frigo acceso e le bottiglie di vino al fresco. Non siamo i soli ad essere stati accolti in questo rifugio; c’è Roberto, che ha la barca al nostro stesso pontile, e che ha portato una forma di pecorino buonissimo che offre a tutti; c’è una coppia di signori di un altro pontile che purtroppo vedono il loro genoa che si è mezzo aperto con il vento e che per il momento non si rompe, ma è questione di tempo; poi arriva una terza coppia, anche loro velisti, con due magnifici cirnechi dell’Etna. 
Un ottimo pecorino...

Tutti attorno al tavolo, guardando le barche che si piegano sotto le raffiche ormai i 45 nodi, ma in sicurezza, senza onda in porto e quindi senza eccessivo sbattimento degli scafi. È un porto sicuro questo, lo dicono loro e lo vedo anch’io. Bene, non ci resta che mangiare questo magnifico pecorino bevendo del fresco trebbiano!
La buriana dura qualche ora, e per qualche ora mangiamo e beviamo, al punto che Lella torna in barca mezza ubriaca. Finita la pioggia rimane ancora un po’ di vento, e arriva il freddo. Sembra incredibile ma in mezza giornata si è passati dall’estate all’inverno; ho tirato fuori la felpa, i pantaloni lunghi, il giubbotto, e poco ci manca che metto anche sciarpa, guanti e cappello!
Spero che non sia la fine dell’estate. 

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