Da Corfù a Brindisi, un amaro ritorno




Martedì 6 settembre.

Nella notte la luce a Gaios è tornata. non so quanto sia durato il black-out, ma adesso vedo le luci in banchina accese. Controllo lo stato di carica della batteria motore e leggo 11 volts, completamente scarica! Mannaggia, ma allora è lei il problema delle non accensioni e nient’altro!
Bisogna che a Corfù la cambiamo, ormai ha sette anni di vita, e mi sa che sono anche troppi. Mettiamo in moto usando la carica della batteria di servizio e lasciamo Paxos. Non c’è vento, e quel poco che c’è lo sfruttiamo per arrivare a Corfù prima possibile. 
Questa mattina la mia schiena è molto dolorante; mi sono svegliato zoppicando con la gamba sinistra, che è anche piena di formicolii fino all’alluce. Brutto segnale, che già conosco, è la vecchia ernia che si ribella. Metto il bustino elastico con le stecche e lo tiro con forza. Mi sento meglio, la schiena è più sorretta. 
Al Mandraki Port, sotto la vecchia fortezza veneziana, c’è posto e l’abbiamo riservato per due giorni. In banchina però l’acqua è poco profonda e dobbiamo rimanere molto distanti. Per scendere a terra ci danno una passerella lunga più di 3 metri, che faccio fatica a sollevare e poggiare in pozzetto.

La lunghissima passerella
del Mandraki Port

Era da sette anni che desideravo ormeggiare a Corfù città, in questo marina con pochi servizi ma con una vista stupenda ai piedi della fortezza e sulla città. Appena di là dal molo c’è il mare “libero” con un’acqua così trasparente che sembra impossibile per essere in città. Al nostro fianco è ormeggiato un motorsail, con a bordo una signora che vediamo prendere la maschera e, uscita dalla barca, attraversare il moletto largo un metro e tuffarsi di là per fare snorkeling. Non possiamo far altro che imitarla, nonostante i miei acciacchi odierni. Fatto il bagnetto la vediamo rientrare in barca a mettersi in pozzetto a “fare la lana”. È bravissima, sta facendo delle meravigliose calze multi color per suo figlio e per i suoi nipoti. E ha fatto anche tutte le coperture dei parabordi, grosse e a maglie più larghe, che così “vestiti” somigliano a dei salami appesi. Marinella inizia subito a conversare con questa paciosa signora; è danese, è arrivata in Grecia questa estate con suo marito costeggiando l’Olanda e il Belgio e poi entrando nel Canal du Midì, che dal Mar del Nord porta in Mediterraneo attraverso tutta la Francia. È da sola in barca in questo momento: suo marito è ricoverato in ospedale a Corfù con un trauma alla testa, frutto di un tuffo in mare sbagliato finito sopra uno scoglio. Fra qualche giorno però dovrebbero dimetterlo e poi andranno ad Azio, sulla costa dell’Epiro, per lasciare la barca lì per l’inverno.

L'ingresso del Mandraki Port a Corfù,
nella vecchia fortezza veneziana

Finite le pubbliche relazioni con i vicini è giunto il momento dello shopping e in una Corfù ancora piena di turisti facciamo i nostri ultimi acquisti. Taglieri di legno d’ulivo, saponi all’olio d’oliva, pietre pomici e spugne naturali, dolci di kumqat (piccole arance tipiche di Corfù che qui usano per fare liquori o come frutta candita), camicie hawaiane, che da tre mesi ci faccio il filo e non mi decido ad acquistarne una, carte da gioco con i filosofi dell’antichità, statue delle divinità dell’Olimpo, magliette di Zeus e di Achille, tappeti da bagno, teli da mare, abiti femminili “alla greca”, olive di Kalamata, confezioni di baklava, bottiglie di ouzo e mastika, che qui costa come il cognac ed è solo un liquore a base di resina, occhi di cubia in vetro, sandali di cuoio, tutte le stoviglie possibili e immaginabili in legno d’ulivo, dalle forchette ai mestoli, dalle zuppiere ai prendi olive, piccolissime piccole e grandi icone bizantine; tutto ciò riempie i muri, dentro e fuori dai negozi, degli stretti vicoli del centro città. E dove finiscono i negozi iniziano i tavoli dei ristoranti e dei bar, rendendo veramente faticoso muoversi per queste belle e tortuose vie.
Zoppico sempre più vistosamente, ma non ci faccio caso. Passando davanti a una gelateria non resisto e mi prendo un bel cono tutto pistacchio. Poco più avanti ce n’è un’altra, e un’altra ancora, e ci scappa anche il secondo gelato, in fondo non ho ancora mangiato nulla da stamattina e questo è tutto il mio pranzo di oggi. Ci rifaremo a cena, in barca.
Mentre stiamo preparando un bel mix di verdure cotte all’orientale arriva in barca Nikos, il meccanico che ho chiamato per risolvere il problema della batteria motore scarica. Ne ha una un po’ più grande ed è venuto a misurare per bene lo spazio e veder se ci sta. Tornerà domani per montarla.
 
Mercoledì 7 settembre, Corfù
 
La notte l’ho passata male, facendo una grande fatica a trovare la posizione giusta per dormire. Le previsioni meteorologiche per domani non sono buone. Il vento per attraversare il canale di Otranto è sì a favore, da scirocco, ma è a più di 20 nodi, con raffiche anche a 30 e di conseguenza con le onde che facilmente possono andare oltre il metro e mezzo o forse anche due metri. Ci conviene anticipare la partenza a oggi, in modo da essere già a metà strada quando rinforzerà il vento. Alle 11 arriva Nikos con la nuova batteria, una 100 ampere “made in Grecia” dice con orgoglio, e porta via la vecchia, a suo dire di produzione cinese e quindi di poco valore. È la stessa identica cosa che mi avevano detto a Ravenna quando avevo sostituito la batteria servizi, tre anni fa: “questa è italiana, mica cinese!”
Sistemata la faccenda motore, non ci resta che prepararci a partire. Compriamo un po’ di cibarie fresche, e poco prima di sera lasciamo il Mandraki per la prima traversata notturna del canale fatta in coppia, Lella ed io. 
Tramonto su Corfù

 
Giovedì 8 settembre
 
Nessuna barca in mezzo al mare, solo noi e qualche grande nave in lontananza. È sereno e la luna quasi piena illumina la nostra strada. Per il momento vento non ce n’è, come previsto, e scivoliamo sull’acqua immobile verso Erikoussa, una delle isole diapontine a ovest di Corfù. Sul mare la scia dietro di noi si accende di verde smeraldo, merito della bioluminescenza del plancton. È uno spettacolo bellissimo e rimaniamo a lungo a osservare i mulinelli fluorescenti formati dal movimento dell’elica. Poi iniziamo i turni di guardia, siamo solo in due e ci alterneremo due ore ciascuno fino al mattino. 
Le prime luci da est disegnano sull’orizzonte il profilo delle montagne d’Albania; arriva anche un po’ di vento da sud e ne approfitto subito per aprire il genoa. Non è sufficiente per andare solo a vela ma come al solito ci permette di ridurre i giri del motore mantenendo la velocità attorno a 6 nodi. 

Alba nel Canale d'Otranto

Brindisi dista 115 miglia da Corfù, ne abbiamo percorso circa una settantina, ci vorrà tutto il giorno per arrivare. Le onde adesso sono più alte e il pilota automatico geme, fa fatica a timonare la barca; lo stacco e mi metto dietro la ruota a cercare di surfare con le onde, che è sempre un gioco che mi piace moltissimo. Alcune onde frangono rumorosamente dietro di noi, altre si abbattono sulla spiaggetta, inondandola, altre ancora ci spostano la poppa facendoci danzare da dritta a sinistra. Sono solo le onde più alte che riescono a spostarci lateralmente, le altre ci passano sotto, sollevano la barca e la depositano un po’ più in avanti nel cavo dell’onda successiva. Così per altre sette ore, fino a quando non entriamo nel grande porto di Brindisi, con i sui “mari interni” che si succedono fino alla banchina di città.

Cena in dinette durante la traversata del canale

Ci fermiamo “all’inglese” cioè di fianco, sulla murata di destra, aiutati da un signore inglese anche lui fermo sulla banchina poco più avanti. È la stessa banchina dove nel 2015 ci fermammo, di notte, arrivando da Siracusa, entrati in porto per fuggire da un mare contro che ci impediva di procedere. E ci sono sempre le maledette catene che allora ci fecero un buco a prua, costringendoci ad andare in cantiere per ripararlo.
La lega navale non risponde, né alla radio né al telefono. Vogliamo andar lì a passare la notte per cui ci vado direttamente a piedi, anzi con il traghettino, visto che siamo dalla parte opposta del porto. Con gran fatica cammino verso gli uffici, sempre zoppicando, ma quando arrivo non c’è nessuno, tutto chiuso; e non si vedono nemmeno dei posti liberi ai pontili. Sono le quattro del pomeriggio, fa un gran caldo, stanotte ho dormito solo poche ore, e sono molto stanco. Chiamo il cantiere Naval Balsamo, dove siamo già stati altre volte, e per fortuna ha un posto disponibile.
Ci stacchiamo dalla pericolosa banchina e entriamo in cantiere per fermarci sul loro pontile. Fine della traversata, mi stendo sul divano della dinette e cerco di controllare il dolore alla gamba che adesso è veramente insopportabile.
 
Venerdì 9 settembre, Brindisi
 
Non cammino e non posso star seduto, riesco solo a stare sul divano con la gamba piegata sopra la spalliera. È l’unico modo che ho per impedire al disco che è fuoriuscito dalle vertebre di urtare contro il nervo sciatico e mandare fitte tremende a tutta la gamba. Le dita dei piedi sono in formicolio ormai da 48 ore, il morale è sotto i tacchi. Lella è più preoccupata di me, e non sa in che modo aiutarmi. 


Purtroppo l’unica cosa da fare è riposare, prendere antinfiammatori e aspettare che il dolore passi. Oggi non sarebbe stato possibile andar via, per via dello scirocco forte, ma in questo stato di salute ho paura che ci tocchi star qui tutta le settimana. Stiamo cominciando a valutare altre soluzioni, fra cui quella di lasciare qui la barca e rientrare a Bologna con altri mezzi, ma anche questa cosa non è poi così semplice. In cantiere non sono sicuro che possano tenere la barca per un tempo lungo, e poi bisognerebbe svuotarla un po’: ci sono un mucchio di panni sporchi, il frigo pieno di cibo fresco, tutto il mio guardaroba estivo (ho vissuto qui per tre mesi), senza contare che non posso stare in nessuna posizione se non per pochi minuti, poi mi devo distendere sul letto, e in aereo o in treno non ci sono “posti letto”. No, non c’è altra soluzione che aspettare, confidare nella chimica e nel riposo e incrociare le dita.
Marinella è abbacchiata e preoccupata; nell’ottica di lasciare aperta ogni soluzione possibile ha deciso di andare in lavanderia a fare il bucato, almeno se dobbiamo chiudere la barca non rimangono lenzuola e magliette a puzzare nelle borse. 

Lavanderia automatica
 a Brindisi

Torna dopo un po’ senza essere riuscita nemmeno in questo: la lavanderia era stata appena totalmente occupata dal bucato dei marinai del Battaglione San Marco, che stranamente vanno lì a lavare i panni e non in caserma.
Ceniamo in pozzetto, dove alterno un boccone da seduto e due minuti in orizzontale per far passare il dolore. Poi mi rialzo e così via fino a terminare l’insalata di pomodori, unica cosa che riesco a mangiare. E senza vino, che con cortisone e antidolorifici vari non va per niente bene!
 
Sabato 10 settembre
 
Oggi è il compleanno di Lella, e credo che se lo ricorderà per sempre un compleanno così. Io sono sempre ko, non riesco nemmeno a dormire in cabina di prua, ma sto in dinette, sul divano e con la gamba sollevata sui cuscini laterali. La colazione l’ho fatta letteralmente in piedi, due gallette di riso con yogurt e marmellata, come sempre, giusto per non prendere le pillole a stomaco vuoto. Poi mi ristendo sul divano. Passerò la giornata intera così, ad ascoltare radiotre, benedetta frequenza, che mi porta dal festival delle letteratura di Mantova alla mostra del cinema di Venezia.
Lella è finalmente riuscita a fare il bucato, e ha fatto anche un po’ di spesa per la “cena di compleanno”; quando torna dalla città e mi vede ancora steso sul divano viene colta dallo sconforto. Anch’io comincio a vacillare, e non sono più sicuro su cosa sia meglio fare. Poi però decido di fare una cosa diversa; mi alzo dal divano, mi metto in piedi e con il bustino protettivo che mi tiene la schiena un po’ su decido di andare a farmi una doccia, sperando che il movimento, anche se piccolo, possa essermi d’aiuto. Esco lentamente dalla barca, faccio i primi passi sul pontile, raggiungo il bagno, al singolare perché ce n’è uno solo, e metto la testa sotto il getto d’acqua calda. La gamba mi fa male ma meno del previsto. Mi lavo, mi asciugo, torno in barca, cammino con un passo più sicuro, sembra proprio che qualcosa si sia sbloccato, che il movimento abbia permesso al disco incriminato di muoversi dalla sua posizione e spingere meno sul nervo. Sono euforico, d’un tratto tutto è diventato possibile; provo a mettermi seduto e il dolore non arriva subito, riesco a stare bene anche per cinque minuti di fila prima di dovermi di nuovo stendere: una conquista insperata!
La cena adesso è più “umana”, e bevo perfino un bicchier di vino per festeggiare con Lella. Ci guardiamo anche la partita dell’Italia di volley, che con un secco 3-0 ha steso la Slovenia, e domani sera si giocherà la finale mondiale contro la Polonia. Va tutto a meraviglia in questo sabato 10 settembre, e speriamo che non sia un fuoco di paglia.
 
Domenica 11 settembre
 
La notte non è passata come immaginavo. Non che abbia avuto particolare dolore, ma la vecchia posizione con la gamba sulla spalliera del divano che mi permetteva di dormire adesso non funziona più; mi rimane un dolore di fondo, meno acuto e senza fitte, ma che non riesco in nessun modo a eliminare. Mi giro e rigiro sul letto, torno sul divano in dinette, poi ritorno a letto. Dormo male ma dormo; era troppo bello per essere vero, ma devo confidare nella chimica e nel riposo ed essere ottimista. E da ottimista oggi mi farò anche la barba, magari è proprio la passeggiata sul pontile la chiave di volta del mio miglioramento.
Passiamo la giornata a fare piani di partenza, guardando i diversi siti di previsioni meteorologiche che consultiamo da mesi, dal classico Windy al greco Poseidon, e tutti ci dicono che fino a martedì avremo maestrale, più o meno forte. Il vento peggiore per risalire la costa pugliese. Se va bene solo martedì pomeriggio riusciremo a partire, o nel peggiore dei casi mercoledì mattina. Pazienza, il mare è così, decide lui quando è il momento di lasciarti andare.

Iv si prepara per
il ritorno a casa

Nel pomeriggio Lella va in città a fare un po’ di spesa e io rimango a letto a riposare. Non passano mai le ore quando non hai nulla da fare; non riesco nemmeno a leggere, non mi concentro, la mente è continuamente disturbata dalla ricerca continua della miglior posizione per non sentir nessun dolore, ma è un esercizio inutile. Mi metto a pancia in giù, poi mi appendo con le mani all’oblò della dinette, come se fosse una spalliera svedese; mi rimetto seduto, cammino, l’unica cosa certa è che non posso mantenere la stessa posizione per lungo tempo e quindi non ho pace.
Vado a fare una doccia, prima che faccia buio, e preparo qualcosa per cena. Stasera c’è la finale mondiale di volley, contro la Polonia. Sono tosti, ma noi non siamo da meno, e poi siamo i campioni d’Europa in carica, qualcosa vorrà pur dire, no? E infatti dopo un primo set vinto da loro gli altri tre set sono tutti nostri. Siamo di nuovo campioni del mondo di pallavolo!
 
Lunedì 12 settembre
 
Questa notte il vento si è sentito bene anche qui in porto. Le cime di poppa davano forti strattoni sulle bitte ad ogni raffica, e il vento spingeva la barca contro il pontile facendo sfregare i parabordi. Appena svegli ci troviamo tutti e due con il telefono in mano a consultare il meteo. Forse domattina si può lasciare davvero Brindisi, perché le previsioni danno vento in calo già da stasera, e poi addirittura scirocco per domani sera. La mia schiena migliora sempre di più, comincio di nuovo a crederci che possiamo tornare a Ravenna in barca. Per “festeggiare” la nuova situazione preparo anche un ciambella, la prima che faccio in barca nel piccolo forno a gas senza termostato, e a parte il fondo un po’ bruciacchiato è venuta ben lievitata e morbida.


È giunta l’ora di preparare la barca. Sgonfiamo Iv e lo mettiamo in cabina di poppa; riempiamo il serbatoio d’acqua, e poi ultime spese di cibarie fresche prima di partire.
“No, noo! Non è possibile!” Esco da sottocoperta per capire che succede e vedo Lella sul pontile, con un’aria disperata, che mi guarda e mi dice: “mi è caduto il cellulare in mare”. Aveva la borsa con la chiusura lampo non perfettamente chiusa e sporgendosi al di là delle draglie per scendere, si è piegata un po’ in avanti e il cellulare e volato in mare. È irrecuperabile, in un acqua profonda solo qualche metro, ma con una visibilità pari a zero. Il mio telefono è sul tavolo da carteggio, al sicuro, e lo guardo con amore e preoccupazione. So che non serve avere due telefoni con urgenza, nelle navigazioni in solitario ne avevo ovviamente uno solo, ma visto l’uso che ne fa Lella forse è meglio andare in qualche centro commerciale e comprarne uno nuovo. Mi vesto, metto in borsa il mio bustino per la schiena e usciamo per andare in un Ipercoop, dove possano anche darci un duplicato della sim, visto che il nostro gestore telefonico è Coop Voce. 
Il taxi ci prende 20 €, solo andata, per fare appena due chilometri di strada e portarci al centro commerciale; mi sembra un furto, ma pago e mi tengo per me le considerazioni. Il nuovo telefono è un Honor, nome per me sconosciuto, ma a detta del rivenditore è ottimo, praticamente un simil Huawei, e costa molto poco, meno di 200 €. Torniamo a Brindisi in bus, scendiamo in stazione centrale e poi a piedi fino al cantiere. Il bustino è sacrosanto, non posso fare sforzi eccessivi, non vorrei compromettere la partenza di domattina.

Lella con il nuovo
 cellulare da studiare

Tornati in barca attiviamo il nuovo cellulare, copiamo tutti i dati dai back-up on line di Google, ringraziando cento volte l’esistenza del cloud e dei suoi servizi!
Ceniamo con filetti di merluzzo al pepe verde e un fresco Muller Thurgau, e poi andiamo a dormire, dopo aver controllato per l’ultima volta il meteo.

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