Skiros




Domenica 14 agosto, Patitìri

Pensavo di partire oggi e di lasciare Alonissos, e invece è in arrivo una perturbazione da nord ovest, poca cosa in verità, però si è risucchiata tutto il vento e se voglio andare a Skiros devo farlo a motore. Pazienza, giorno più giorno meno è meglio non tentare la sorte, visto che la cinghia non è proprio di misura, e fare subito sette o otto ore di motore per coprire le 40 miglia che separano le due isole non mi sembra una buona idea. Così anche questa mattina continuo a preparare la barca per la partenza; mi sento un po’ come Drogo, che aspettava i tartari e continuava a prepararsi per respingere un assalto che non arrivava mai, e così io mi preparo per una partenza che ogni giorno si sposta sempre più in là. Ho anche invertito le cime in banchina, per averle più corte possibili domattina, quando dovrò mollarle in fretta, mentre la catena dell’àncora mi farà da molla spingendomi in avanti. Di acqua non ce n’entra più nel serbatoio, e ho riempito una decina di bottiglie che ho messo in sentina, al posto delle bottiglie di vino, ormai tragicamente alla fine. Non ho altro da fare, vado al mare, sempre nella solita scogliera poco oltre il molo del traghetto. Ci sto un paio d’ore, poi torno in barca. Ho terminato di scrivere il mio diario e voglio aggiornare il blog prima di lasciare Alonissos. La pioggia arriverà, sicuro, ed è meglio che prepari ogni cosa; tolgo il tendalino, metto tutti i cuscini sottocoperta, chiudo ogni oblò e vado al bar, dove c’è internet, mentre in cielo vedo già le nuvole scure che si avvicinano. Le prime gocce cadono leggere sopra l’ombrellone che mi ripara dal sole; poi i tuoni scuotono l’aria e la pioggia comincia a cadere violentemente. Mi avvicino sempre più al centro dell’ombrellone per non bagnarmi, sposto la sedia e il tavolino, ma sotto di me si è già formata una pozzanghera dalla quale le mie scarpe forate non sono in grado di difendermi. Lascio il mio riparo ormai inutile e mi metto sotto la tettoia in cemento del bar. Non vedo più Eleftheria, la fitta cortina d’acqua ha ridotto la visuale verso il molo; mi sento di averla abbandonata nel momento peggiore, mentre vedo gli altri dentro le proprie barche a vigilare, a controllare che tutto vada bene. Però penso che bisogna pur fidarsi delle cime e delle legature fatte; e poi è solo un temporale, non è certo un uragano!

Piove a Patitìri

Mezz’ora di pioggia intensa, poi una pausa, quanto basta per lasciare la tettoia del bar, raggiungere il molo ed entrare in pozzetto. Sottocoperta la barca è asciutta, a parte qualche goccia caduta dall’oblò sul divano della dinette; devo mettere il sigillante nuovo, si vede che il sicaflex si è seccato e da una qualche crepa passa l’acqua. Poca cosa, per fortuna.
La pioggia però non è finita, e per altre tre ore circa continua a cadere più o meno intensamente. Solo dopo mezzanotte arrivano le prime stelle in cielo, domani sarà bello.
 
Lunedì 15 agosto, Skiros
 
Venir fuori da un ormeggio con in vento al traverso che ti spinge verso l’altra barca è la manovra più difficile da fare, e a me tocca farla da solo, e dopo una settimana di sosta nella quale mi sono un po’ rammollito. Santi parabordi, mi permettono di non far danni e di uscire da quella che poteva essere una partenza complicata. Dormono tutti in porto, oggi è Ferragosto e sono le otto del mattino. Come previsto ho il vento alle spalle, e anche abbastanza vivace. Apro solo la vela di prua e corro già a 6 nodi. Mi bastano, Skiros non è lontana, in sei o sette ore sarò lì. Aumenta anche il mare e le onde maggiori superano già il metro e mezzo. Però sono onde buone, non incrociate, e mi diverto a farmi sollevare la poppa e correre in avanti come sopra un surf. Per circa quattro ore vado avanti così, poi il vento cala, poi termina del tutto e le ultime due ore sono tutte a motore. Cosa rara in Egeo, ma succede anche questo. Entro nella prima delle baie che ho individuato per passarci la notte, è bellissima, deserta, le rocce basse e bianche si riflettono sull’acqua immobile e trasparente. I pini che coprono le scogliere scendono fino alla spiaggia; un silenzio di tomba avvolge tutta la baia, troppo silenzio, troppo solo; mi prende una strana sensazione, quasi di timore per questo luogo solitario e selvaggio. Giro il timone ed esco, un paio di miglia e sono in un’altra baia, più grande, meno fascinosa, con una taverna sul fondo e alcuni ombrelloni sulla spiaggia. Sarà meno bella ma mi sento più tranquillo. 

Agio Fokas, a Skiros

Mi fermo davanti ad una spiaggetta che si apre sulla sinistra della spiaggia principale, è più piccola e senza ombrelloni. Non ci sono altre barche a vela, non ci sono charter, yacht o altri diportisti; sono l’unico turista straniero in mezzo a tanti greci che passano qui il loro ferragosto. Faccio il bagno, più per controllare l’àncora che per desiderio di farlo. Poi rimango in pozzetto, a leggere, a dormire, a guardare il paesaggio senza far nulla.
Quando cala il sole le due spiagge si svuotano, resto solo, con le capre che a decine attraversano il sentiero sulla collina, dirette verso l’interno dell’isola. Come ogni notte le stelle riempiono di luce il cielo, da alcuni giorni senza luna.
 
Martedì 16 agosto
 
Mi sono svegliato con il mal di schiena. Lo avevo anche ieri, ma oggi è pesante. Con fatica mi alzo dal letto e ci metto un po’ a prendere la posizione verticale. Ho preso due antidolorifici, ma per il momento non mi fanno effetto. Non sono in grado di fare alcuna manovra in barca e di andare a fino a Linaria Port, anche se sono poche miglia, non è il caso, meglio attendere. Mi sono messo anche un po’ di arnica, chissà, magari qualcosa conta. È la parte sinistra della schiena quella che mi fa male e non riesco a fare forza sulla gamba, appena la carico mi arriva una fitta tremenda sopra al gluteo e devo mollare e appoggiarmi sulle braccia. Stare seduto e poi rialzarmi è una cosa impossibile se non mi aggrappo a qualcosa per sollevarmi. Non posso far altro che stare fermo in questa baia. Non mi ero mai sentito così invalido in barca, e per di più da solo. Quando mi sono rotto quattro costole almeno non ero solo, c’erano gli amici che hanno portato la barca da Corfù a Ravenna mentre io mi curavo a base di dosi massicce di Voltaren. Ora invece in questa baia, per fortuna senza vento ma con l’àncora messa male e la barca troppo vicina alla costa, non sto tranquillo.


Odio il mio albero e tutto quello che c’è dentro. Non sta fermo e sbatte di continuo, anche con pochissima onda. Ho contato undici cavi che lo attraversano, fra drizze e cavi elettrici, e non riesco a capire cosa si muove dentro tintinnando di continuo. Stanotte mi sono dovuto mettere i tappi alle orecchie per avere un po’ di pace. Quando torno a Ravenna dovrò metterlo giù e capire cosa non va.
Sono le quattro del pomeriggio e la mia schiena è ancora dolorante. Non devo pensarci, devo confidare nelle pillole, tre al giorno a stomaco pieno, e tanta pomata, fra arnica a voltaren, non so se faccio bene a mischiarle. Domani proverò comunque ad andare a Linaria, starò lì un paio di giorni, per girare un po’ l’isola, e poi giù fino ad Andros, nelle Cicladi, confidando nel meteo buono. 
 
Mercoledì 17 agosto
 
Ho deciso, stamattina lascio il mio ormeggio nella baia di Fokas. La notte è passata uguale a quella precedente, per dormire mi sono messo una coperta sulla schiena, sperando che tenerla calda aiuti a far passare il male. A casa, quando ho questi attacchi di mal di schiena, spesso mi metto una borsa d’acqua calda e funziona, ma qui, in Grecia e in agosto, e poi in barca, mi viene male.
Quando mi sono svegliato ho provato a girarmi di lato ma una fitta me lo ha impedito. Comincia male la giornata. Ci riprovo e lentamente mi metto verticale, scendo da letto ma ci torno subito dopo. Leggo un po’, cercando di prendere una posizione migliore, ma non funziona. Sono le otto, faccio colazione in piedi, con un caffè e due biscotti. Ieri sera avevo già messo tutto via, tolto il tavolo dal pozzetto, chiuso il tendalino, messi sottocoperta i cuscini e tutte le altre cose sparse sulle sedute. Ho anche posizionato i parabordi sulle draglie attorno alla barca e mi preparo a lasciare l’ormeggio, Linaria è a meno di un’ora da qui. 
Vado in porto a Linaria

Il mare è liscio, non c’è vento; entro in porto, piccolissimo, mi guardo intorno per cercare un posto dove fermarmi, poi sento un fischio, è l’ormeggiatore che mi fa segno che sta arrivando, mi fa fermare all’inglese (along side) in un angolo della banchina aiutandomi con la manovra e le cime.  Anche se a prima vista non si vede questo è un Marina, con tutti i servizi che di solito ci sono nei marina: acqua e luce compresi nel prezzo e di libero accesso, lavanderia con stireria, bagni e docce, raccolta rifiuti perfettamente differenziata, benzinaio in banchina, cosa rarissima da queste parti, nemmeno allo Zea Marina di Atene ce n’era uno.
Linaria Eco Port

Mi sento già meglio, e anche la mia schiena sembra trovare beneficio da tutti questi comfort. Ho una montagna di cose da lavare, soprattutto le lenzuola. Faccio un gigantesco bucato e lo stiro anche tutto, comprese le mutande! Poi ricca doccia, in un bagno con la musica a tutto volume e un piccolo globo a specchi sul soffitto che gira su se stesso e riflette la luce di un faretto che lo illumina, come in una discoteca!
Sono pronto a fare un giro dell’isola e invece non c’è un motorino disponibile, il rent a bike ne ha solo tre e tutti già affittati. Dovrò attendere domattina. Per la cinghia poi non se ne parla nemmeno, mi dicono chiaro e tondo che devo andare ad Atene o a Volos, qui non c’è nessuno che le vende.
Skiros è l’isola delle aragoste, se ne pescano in abbondanza. Sono tentato di mangiarne una, ma poi quando vado al ristorante e le vedo lì, ancora vive che vengono prese per le antenne e buttate così dentro la pentola, mi finisce qualsiasi voglia; vorrei mangiare solo delle melanzane, ma poi prendo un calamaro alla griglia, almeno lo cuociono da morto.

Giovedì 18 agosto
 
La schiena non migliora, continuo a zoppicare quando mi alzo la mattina, e continuo anche a imbottirmi di pillole per avere un po’ di sollievo. Non ho voglia di essere malato, non ne ho tempo, voglio andare in giro per Skiros. Vado a farmi una doccia nel bagno/discoteca e poi torno da George, l’affitta motorini, ma anche ormeggiatore del Marina e chissà quale altro lavoro fa. Mi dà un motorino un po’ vecchiotto, anche molto sporco, senza bauletto dietro, ma non importa. Si lamenta con me di suo figlio, raccontandomi che la notte va in giro a far baldoria e a bere e la mattina dorme fino a tardi e non lo aiuta nel lavoro. Non so cosa dirgli, se non abbozzare un mezzo sorriso di comprensione e dirgli in un inglese maccheronico: he is young!
Quando metto in moto e vado via mi accorgo che non mi ha dato il casco, ma è lo stesso, tanto in Grecia non lo usa nessuno, a parte i turisti. 
La chiesa in cima alla Chora

Vado subito alla Chora Skiros; è grande e bella, piena di chiese piccole e piccolissime, e con un castello in cima alla rocca. Mi piace questa Chora, molto pulita e bianchissima, con le case perfettamente imbiancate e le stradine strette, come nelle isole Cicladi. Lascio la Chora e comincio a girare senza meta, seguendo le strade asfaltate, che non sono poi tante. La parte nord dell’isola è verdissima, piena di pinete che arrivano fino al mare; la strada però non è propriamente lungo la costa, anzi mi tocca fare diversi saliscendi sulle colline per passare da una baia all’altra; il paesaggio “alpino” però mi piace, e la vista dall’alto ripaga lo sforzo che deve fare la mia moto decisamente spompata.

Spiaggie deserte sulla costa nord di Skiros

Alcune baie sono deserte, con acqua trasparentissima; in altre vi sono minuscoli porticcioli, dei semplici moletti per gommoni in realtà; in un'altra spiaggia invece c’è addirittura un campeggio libero, con le tende all’ombra dei pini, che mi ha rimandato indietro di almeno trent’anni.
Arrivo anche all’Aghios Fokas, quello dove sono stato fermo due giorni, e dove è iniziato il mio mal di schiena. Da terra è più brutto che dal mare, cosa strana, perché spesso è proprio il contrario, dal mare sembra tutto uguale e da terra invece si vedono meglio le linee di costa. Forse mi sto abituando a vedere le cose da un altro punto di vista.

Baia di Pefkas

Termino il giro della parte nord dell’isola e vado verso sud, la cosiddetta zona arida. In effetti qui non c’è più un pino, la vegetazione è bassa e gli alberi, forse dei lecci, sono tutti piegati nella direzione del meltemi. Qui c’è la cima più alta dell’isola, 778 metri, e ci sono tutti i percorsi naturalistici che ho trovato segnati sulla carta topografica. Incontro anche il primo gregge di pecore, con il pastore che le segue in moto, segno dei tempi... 
Vedo anche due coppie di falchi Eleonora, segnalati anch’essi come specie “avvistabile”.

La costa sud di Skiros

Sono già le otto di sera quando rientro a Linaria.  Devo fare un mucchio di cose perché domani voglio partire e non ho ancora preparato la barca. Soprattutto devo riuscire a svincolarmi dalla stretta della barca che è entrata stasera, talmente vicina che i parabordi sono sul punto di scoppiare. La cena è di nuovo al ristorante, con polpette di zucchine e acciughe fritte, che condivido con una brigata di gatti affamati.



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