Patitiri, e la cinghia maledetta



Giovedì 11 agosto 

Fermo da tre giorni a causa della cinghia dell’alternatore usurata, spero che oggi Nikos, il giovane meccanico di Votsi, riesca a portarmela. Non so con quale nave arrivi la merce da Atene o da Volos a Patitìri, guardo con ansia ogni traghetto o aliscafo che attracca, quello delle undici, quello di mezzogiorno, quello dell’una, ne arriva più o meno uno ogni ora in piena estate. Nikos mi ha detto che arriva all’una, quindi ho tutta la mattina per fare i preparativi per la partenza. Pulisco un po’ sottocoperta, soprattutto la mia cabina e il bagno, faccio ordine fra i miei vestiti, non decidendomi ancora di abbandonare le magliette più vecchie, dai colori ormai sbiaditi e i colletti tutti slabbrati. La barca scossa maledettamente in questo porto fatto male, con la parte sud più ampia di quella nord, che quando il vento da nord spinge il mare dentro il porto, questo fa il giro di tutte le banchine finendo per far ballare le barche all’ormeggio. E oggi anche più di ieri per via del meltemi che è aumentato. Le cime che ho messo per fermarmi agli anelli del molo sono vecchie e logore, erano delle scotte da 14 mm che avevo in garage, ma cigolano ad ogni strattone che la barca dà in avanti. Le cambio con la cima che uso per ormeggiare nelle baie, più nuova e più adatta allo scopo, molto più “silenziosa”. 

Old Town ad Alonissos

Stanco dello scuotimento scendo a terra e mi sento come se fossi appena arrivato da una lunga navigazione: ho il mal di terra! Incredibile, tutto si muove attorno a me, e peggiora quando entro in un bar o in un negozio, in un luogo stretto. Il tempo non passa mai quando aspetti qualcosa con ansia e alle due non resisto più e chiamo Nikos. Non risponde al telefono, ma questa non è una novità; nessun meccanico di barche risponde al telefono, né qui né in Italia, e ti tocca sempre chiamarli più e più volte. Da un lato li capisco, se rispondono al telefono non riescono a lavorare perché il loro cellulare squilla di continuo, come ho avuto modo di verificare quelle volte in cui sono venuti in barca; però se non rispondi le telefonate quadruplicano, perché chi come me è in attesa di sapere di che morte deve morire non ce la fa ad aspettare ore e ore senza alcuna notizia. E così alterno messaggi su Whatsapp con inutili telefonate a cui risponde solo la segreteria telefonica in greco. È solo verso le cinque che Nikos risponde, per dirmi che la cinghia non è arrivata oggi, arriverà domani. Lo sapevo, lo temevo, non so proprio cosa fare. Devo aspettare altre 24 ore, e se per caso quella che arriva non è della misura giusta bisognerà fare un nuovo ordine e con il ferragosto alle porte temo che l’attesa diventi lunghissima.

Eleftheria in banchina a Patitìri

Le ore del pomeriggio sono interminabili da passare ciondolando da un bar all’altro; in barca si balla troppo, non riesco a leggere e non ho voglia di andare in spiaggia, non sono dello spirito giusto. Imbocco la strada che porta fuori paese e mi incammino senza meta. Giungo fino a Votsi, dove c’è un porticciolo molto carino con un paio di taverne con i tavoli sul molo; poi torno indietro e continuo per la strada principale, in mezzo al traffico di auto, pulmini che vanno agli hotel e camioncini che trasportano merci. Quando torno indietro è già sera, mi lavo rapidamente a prua con la doccia solare che ha ancora acqua calda e mi preparo una cena semplice con due uova fritte, un pezzo di formaggio e pan carrè, l’unica cosa che ho mangiato oggi, a parte la colazione. Rischio l’abbrutimento alimentare, lo so, ma non riesco a fare di meglio. Mi metto a leggere in pozzetto bevendo un bicchierino di ouzo, ma duro poco, mi addormento alla seconda pagina. Mi sveglio poco dopo mezzanotte, ma non vado subito in cuccetta, preferisco restare in pozzetto a leggere le news sul cellulare e a giocare, tanto mi tiene sveglio la discoteca dell’hotel di fronte. 

Il porticciolo di Votsi ad Alonissos


Venerdì 12 agosto 

Ho iniziato a leggere “Delitto e castigo”, sul reader. È la terza volta che affronto questo romanzo, la prima è stata tanto tempo fa in una edizione della Lucchi, che credo fosse una riduzione o peggio ancora un riassunto, visto che era di sole 300 pagine e qui sul lettore digitale ce ne sono ben 727; la seconda volta già sul reader, ma mi sono fermato dopo una cinquantina di pagine, non ero nella giusta predisposizione d’animo. Adesso l’ho ricominciato, anche se la testa è altrove. Però va bene così, ho bisogno di occupare la mente con altri pensieri, con altre storie. Anche se la cinghia arriverà solo nel pomeriggio, comincio a prepararmi per la partenza. 
Ho guardato il meteo, ho fatto l’ipotesi di rotta, anche se oggi andrò solo in una baia a sud di Alonissos, giusto per togliermi da questo porto e dalla sua risacca. Riempio il serbatoio dell’acqua, per la verità ancora quasi pieno, metto in carica tutti gli apparecchi elettrici che ho a bordo, le solite cose. Poi vado anche a fare un po’ di spesa, giusto qualcosa di fresco, due pomodori, un po’ di pane e dei biscotti che trovo in un altro forno, anzi bakery, perché qui si chiamano in inglese i fornai. Ho notato che pane e biscotti hanno dappertutto lo stesso sapore, qui come ad Atene; sembra quasi che ci sia un unico grande produttore, gigantesco, che faccia il pane per tutta la Grecia e in qualche modo lo faccia avere a tutti nello stesso momento; oppure che la ricetta e gli ingredienti siano uguali e identici, come per i panini di Mc Donald, che hanno lo stesso sapore a New York come a Tegucigalpa. 
Le ore passano, i traghetti arrivano e vanno via dal molo grande; in ogni camioncino che scende ci vedo dentro la mia cinghia, che viaggia verso l’officina di Nikos, e che presto sarà avvolta al mio alternatore. Alle due non resisto più e telefono. Nessuna risposta, ovviamente. Messaggio, telefonata, messaggio, telefonata, messaggio. Gli ho anche scritto “please, call me!”, piccolo ingenuo, come se li leggesse i messaggi. Dopo cinque ore di struggimento, alle otto meno dieci, mi risponde al telefono dicendomi che fra cinque minuti sarà lì. Non mi sembra vero, arriva e proviamo subito la cinghia, ma è troppo grande. Va nel furgone a prenderne altre ma queste sono troppo piccole. Porcaccia miseria non è quella giusta! Guardo il numero e leggo 670! Ma no!... la mia è 710, e aveva anche fatto la foto, presa la marca del motore, il modello, tutto quanto, e invece arriva con le cinghie sbagliate! Sono disperato. Nikos non mi guarda neanche in faccia, pensa di averla fatta grossa, ma non ce l’ho con lui. Gli propongo questa soluzione: lui chiama il suo fornitore per farsene mandare una corretta, io mi muovo per conto mio per comprarla in Italia o in internet e farla spedire direttamente al suo indirizzo. Mi lascia il suo recapito e rimango da solo, a pensare come uscire da quella che temo diventi la sosta più lunga della mia breve vita da marinaio. Non ho cenato né pranzato, ma non ho fame. 


Esco con il computer sottobraccio e vado al bar Spilia, dove c’è un buon collegamento internet. Mi siedo al tavolino e ordino una birra, come si conviene se uno usa la connessione del bar. La birra da sola temo mi faccia girare la testa, così a digiuno, e quindi ci abbino un dolce al cioccolato. Chiamo Sandro che mi consiglia di comprare la cinghia on line, perché con il ferragosto di mezzo è più facile che i siti di e-commerce riescano a fare lo stesso le spedizioni, altri corrieri forse no. Poi chiamo Saverio, il mio meccanico di Forlì, che so che ha una cinghia in officina e cerco di capire se può inviarmela. Lo trovo, non è in ferie, e ha anche una buona notizia per me: un suo amico vive qui ad Alonissos, ha la barca e sicuramente conosce degli altri meccanici che forse hanno da qualche parte in officina una cinghia come la mia, o comunque possono aiutarmi. In attesa che Guido, l’amico che vive qui, mi chiami al telefono, continuo la mia ricerca online e su un sito greco compro due cinghie e le faccio spedire all’indirizzo di Nikos. Poi mi chiama Guido e mi dà appuntamento domattina alle dieci per andare dal suo meccanico. Ho già bevuto anche la seconda birra, da mezzo litro, e mangiato l’orribile chocolate pie; chiudo il portatile, lo metto in borsa e torno a bordo. In barca finisco dei grissini aperti da qualche giorno, senza fame ma è meglio che mangi qualcosa. 

Una stradina di Old Town,
deserta di giorno 


Sabato 13 agosto

La barca ha smesso di scossare, il vento ora viene da maestrale e il porto è protetto. Mi faccio la barba in attesa che arrivi Guido. Alle dieci esatte salgo in macchina con lui e sua moglie e andiamo a Votsi da Ioannis, il migliore meccanico di Alonissos, così si dice. Lo troviamo intento a spostare dei parabordi su una barca a motore con tre motori da 300 cavalli cadauno! Un mostro, se penso che il mio ha solo 27 cavalli. Guarda la cinghia e scossa il capo, non ce l’ha, ma la può ordinare a Volos. Adesso deve andar fuori a provare la barca a motore, poi quando rientra ci fa sapere. Lo sapevo già che era difficile che ne avesse una uguale, di cinghie ce ne sono centinaia di modelli e di misure, ed è impossibile che in una piccola isola come questa se ne possa trovare una uguale, se non ordinandola. Ormai sono convinto che passerò qui tanti altri giorni e con questo spirito andiamo in giro per negozi e meccanici, ma nessuno ha la cinghia giusta; poi, all’ultimo tentativo, da un meccanico di moto e quad, ne trovo una che potrebbe anche andar bene; è una 725, un po’ più grande, ma mettendola accanto a quella usurata la circonferenza è uguale, solo leggermente più grande. 

La cinghia maledetta


Torno immediatamente in barca e la monto. Stringo i bulloni dopo aver tirato verso l’esterno l’alternatore con un cacciavite e controllo la tensione. Non è tiratissima, ma è più tesa della mia quando ancora non si era lacerata. Metto in moto e va, tutto gira e non si sentono fischi né si vedono slittamenti. Non mi sembra vero. Chiamo tutti e li informo che ho risolto. Faccio anche un video che invio a Saverio per avere il suo parere sulla tensione della cinghia Mi dice che dovrò tirarla ancora un po’ perché normalmente si allenta dopo un po’ che gira. Ma se non la uso tanto, se vado molto a vento e poco a motore non dovrei aver problemi. Mi consiglia però di trovarne una esatta al più presto. I preparativi per partire li ho già fatti diverse volte e non devo far molto. Guardo il meteo che si è messo male; sta arrivando una perturbazione da nord ovest, da Salonicco, e investe tutta la penisola calcidica. 


Non ho voglia di mal tempo, ho voglia di navigare tranquillo e cambio programma. Rimango qui anche domani e appena passa la pioggia andrò a Skiros, con il vento alle spalle. Intanto in porto è arrivato il catamarano dei ragazzi da circo, gli stessi che avevamo visto a Panormos insieme a Siria. Sono ormeggiati qualche barca più in là, e si sente già il suono del sax che fa le prove. Sono curioso di vedere la loro performance perché non ho capito se usano la barca come palcoscenico, con le americane piene di trapezi e corde, oppure se si esibiscono in strada. Vedremo, per il momento vado a fare un bagno sulla scogliera est, adesso con il mare liscio come l’olio. Quando cala la sera vedo gli artisti del catamarano che si avviano, strumenti in spalla, verso il centro di Patitìri. Mi vesto in fretta e li seguo, sono attirato dalla loro musica fatta con organetto, tamburello, tromba e sax tenore, nacchere e uno strano tamburo di legno “a cubo” con un buco tondo in uno dei lati e la pelle sul lato opposto. Si piazzano in un piccolo spazio sopra la spiaggetta, poco oltre il diving, accanto ai tavoli di due ristoranti. 

The Circus, artisti di strada e .. di mare

Uno di loro fa il giocoliere con le fiaccole sul bagnasciuga, mentre gli altri cantano e ballano. È una bella banda, una decina di persone in tutto, giovani ma non solo, molti di loro greci, e qualche straniero. Metto anch’io il mio euro dentro il cappello quando una di loro passa tra il piccolo pubblico che si è formato in mezzo ai tavoli di chi sta cenando. Ancora con la musica degli artisti nelle orecchie salgo a bordo di Eleftheria e tolgo la passerella dal molo per la notte, per evitare che possa cadere in acqua, come già successo. Mi riempio un bicchierino di ouzo e lo sorseggio mangiando delle fette di banane secche comprate ieri nel market, e mi rilasso un po’, ma solo un po’. La discoteca di sabato sera è ancora più attiva e arzilla; da più di un’ora mette praticamente lo stesso brano, in tutto e per tutto uguale a quello della scena iniziale de “La grande bellezza”, e so che sarà cosi fino alle quattro del mattino! E poi accanto a me è arrivata oggi una barca di russi, che parlano pure loro senza sosta: “da, da da...smirumocnje, paranzia tritolo mjria”. Uno strazio, ...e io qui che leggo Dostoevskij!



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