Vento contro
Lasciamo Atene diretti a Salamina. Vento e mare sono in poppa e con le due vele aperte facciamo subito 8 nodi. Max al timone, io a prendere il sole in pozzetto, con un occhio alle vele e uno al tablet di navigazione. Davanti al porto del Pireo ci sono molte navi alla fonda, ci passiamo in mezzo facendo un po’ di slalom, poi cambiamo rotta e puntiamo su Egina, meta preferita dagli ateniesi per i loro week end al mare. Superato il faro di nord est il mare si calma un po’ ma il vento resta, anzi aumenta, e anche parecchio. Con andatura al traverso siamo troppo sbandati e siamo costretti a chiudere le vele e proseguire solo a motore. Devo anche fissare con dei cordini supplementari il pannello solare sopra il bimini, che tende a sollevarsi e a volar via. Le raffiche adesso spazzano il mare, e anche senza vele procediamo con la barca inclinata. Raggiungiamo la cittadina di Perdika e ci fermiamo lì. Il porticciolo è riparato, c’è spazio in banchina, e ci sembra l’ideale per una sosta. L’acqua è bella anche in porto, e ci sono dei ragazzini che si divertono a tuffarsi dal molo.
Fuori dal porticciolo c’è una scogliera con acqua ancora più trasparente.
Il lungomare di Perdika è una fila ininterrotta di ristoranti, come ho già visto in tante isole greche. Ne scegliamo uno per la cena, quello dove c’è più gente seduta a mangiare, ma la qualità degli orektikà non è il massimo; meno male che i pesciolini fritti, che ho abbondantemente condiviso con una banda di gatti acquartierati sotto la mia sedia, erano buoni.
Martedì 19 luglio, Egina
Il vento continua a soffiare forte su Capo Sounion. È inutile andarci adesso per stare poi fermi “dietro uno scoglio” ad aspettare per chissà quanti giorni che il mare si calmi. Restiamo qui, prendiamo costume, maschere e asciugamani e andiamo a piedi in una delle baie a sud a fare un po’ di snorkeling. Ci sarà da fare un’ora circa di strada, speriamo ne valga la pena.
Non è così, purtroppo. La spiaggia in fondo alla baia è piena di ombrelloni e lettini; c’è una baracchina che mette musica da discoteca ad alto volume, e sono solo le dieci del mattino; c’è un parcheggio pieno di macchine; la spiaggia non è di sabbia ma di terra, con sassi anche grossi che rendono difficile entrare e uscire dal mare.
Facciamo ugualmente il bagno, lasciando i nostri vestiti all’ombra di un ulivo, ma andiamo via subito dopo. Vista su Google sembrava carina, ma è proprio vero che la mappa non è il territorio!
Giunti al porto un’altra sorpresa: la barca è nuovamente appoggiata in banchina con la poppa. Facciamo una corsa per vedere cosa è successo e ancora una volta qualcuno che ha dato àncora, senza poi riuscirci, ha staccato la nostra dal fondo facendoci perdere aderenza. Saltiamo subito a bordo, accendo il motore per allontanarci dalla banchina e visto che ormai siamo mezzo staccati, molliamo anche le cime a poppa e lasciamo il porto. Per fortuna non c’era vento e noi eravamo lì a poche decine di metri, altrimenti avremmo fatto il bis di danni alla spiaggetta di poppa!
Che stress, non puoi fidarti un attimo a lasciare la barca da sola. Ci spostiamo in un’altra baia, la baia di Maziòti, dove passeremo questa seconda notte a Egina. Lontano da tutto e da tutti.
Acqua bellissima e trasparente, tanto pesce fra gli scogli, anche due scorfanetti e una murena, silenzio notturno e un cielo stellato come solo nelle baie isolate o in montagna si può vedere.
Mercoledì 20 luglio, Poros
Il vento a favore spinge la barca verso Poros. L’onda si alza in fretta nel golfo del Saronico e governare Eleftheria è sempre un po’ impegnativo. Entriamo nella grande baia formata dall’isola di Poros e la terraferma sempre con mare e vento da nord, che non ci lascia nemmeno quando arriviamo in città. Le banchine sono affollatissime di barche; con questo vento quasi nessuno ha mollato gli ormeggi e non c’è verso di portare la poppa in banchina e scendere. Ci proviamo per la verità, perché un buco ci sarebbe fra altre due barche a vela, ma il vento a raffiche che ci arriva lateralmente rende impossibile la manovra. È destino che io a Poros non debba fermarmi, e così anche stavolta ci fermiamo nella baia a est, dove sono stato la scorsa settimana.
C’è ancora lì fermo il bellissimo e vecchio panfilo tutto bianco e con una enorme bandiera di Malta a poppa. È una barca costruita nel 1902 nei cantieri scozzesi. Lunga più di 50 metri è stata usata anche dai reali d’Inghilterra. Ora è di proprietà di una società di charter, che la affitta per le vacanze estive a nostalgici facoltosi.
Le raffiche di vento continuano per tutto il giorno, ma la barca è ben ferma. Mettiamo Iv in acqua e scendiamo a terra. Non possiamo andar via anche stavolta senza mettere piede nella cittadina di Poros, anche se Max ha le infradito ai piedi, io le scarpe da barca della Slam, e le prime case distano da noi più di mezz’ora di strada asfaltata.
Poros e le sue banchine per le barche da diporto |
Sono tutte fatte con lo stampino queste città turistiche sulle isole greche; comincio a dubitare che mi piacciano realmente, o forse è solo il fatto che ci si ferma per poco tempo, e non si ha modo di vederle meglio. A parte il lungomare, strabordante di barche ormeggiate, anzi pigiate l’una contro l’altra, e i ristoranti con le file di tavolini, nelle strade interne non ci siamo nemmeno entrati, quindi la mia è solo un’impressione superficiale.
Ritorniamo alla nostra baia pensando che abbiamo fatto bene a non fermarci qui; non oso pensare al delirio di ancore e catene la mattina se uno deve andar via presto e ha la sua incrociata con quella di altre barche.
Giovedì 21 luglio, Capo Sounion
Accendo il motore e le luci di via. Sono le 5,30 e non c’è ancora luce sufficiente. Il vento non ha mai mollato tutta notte, ma dobbiamo partire lo stesso. Dobbiamo raggiungere Capo Sounion oggi, perché domani c’è la possibilità che nel canale fra Sounion e Makronisos il vento scenda sotto i 20 nodi.
Riparati dalle alte pareti di Poros non sentiamo ancora mare e vento, che ci investono qualche miglio dopo. Il meteo prevede per oggi che in questo tratto di mare ci sia vento proveniente grosso modo da Atene a circa 20 nodi, con raffiche a 25, e onde di 1,40 max. È proprio quello che ci troviamo a dover passare. Apriamo anche un po’ il genoa per tenere la barca più dritta, ma senza spegnere il motore. Si viaggia a 6 nodi, in mezzo a onde che a me sembrano anche di due metri in alcuni momenti. Più avanziamo, più le onde salgono in coperta, fino a metà barca, con gli spruzzi che ci bagnano dalla testa ai piedi. Max più previdente ha un giubbottino impermeabile, io sono in maglietta e costume!
In mare ci siamo solo noi e navi commerciali, traghetti, portacontainer, aliscafi. Poi vediamo due vele alla nostra sinistra, che procedono nella nostra stessa direzione. Che sollievo, per un attimo ho avuto il dubbio che non fosse stata una buona idea uscire con queste condizioni meteo, ma così mi rincuoro; è come quando entri in un ristorante e non c’è nessuno, pensi subito di aver sbagliato tutto.
Ci avviciniamo alla costa e il vento gira ancora, questa volta provenendo da Capo Sounion. Invece di diminuire aumenta. Non più raffiche ma almeno 30 nodi costanti dritti a prua. Il motore è oltre i 2.000 giri, facciamo a stento 3,5-4 nodi. Dentro la baia il vento è ugualmente forte, l’unico sollievo è che non c’è più l’onda alta e gli spruzzi sulla coperta. Mettiamo giù tutta la catena che abbiamo a bordo e ci fermiamo di fronte alla spiaggia. Ci sono altre tre barche in baia, e nel corso della giornata ne arrivano ancora, non so se come noi in attesa di girare il capo, oppure se in sosta prima di rientrare ad Atene. Siria è già arrivata a Skiatos, in aereo da Pisa, e ci ha detto che in qualche modo riesce ad arrivare a Chalkida, il principale centro abitato di Eubea. Speriamo di incontrarci lì domani pomeriggio.
Cala la sera e davanti a noi, sul promontorio, il grande tempio di Poseidone si illumina, facendo le veci di un faro, vero punto cospicuo della zona, sia di giorno che di notte. Anche domattina ci sveglieremo presto per sfruttare le prime ore del mattino, quelle teoricamente in cui il meltemi soffia meno.
Venerdì 22 luglio, Eubea
La prima luce del giorno sta lentamente arrivando da est. Siamo dentro il canale e per la prima volta da giorni non sentiamo un vento forte in faccia. Forse ci siamo un po’ abituati e non ci facciamo più tanto caso. Ora dopo ora risaliamo verso l’isola di Eubea. Sono più di cinquanta le miglia che ci separano da Chalkida, e dalla Siria. Questo tratto di costa e di mare è deserto. Nessuna barca in giro, pochissime case sulla costa, sia sulla terraferma che sull’Eubea.
Un po’ a vela un po’ a motore arriviamo fino alla città e superato il ponte nuovo, alto 35 metri, ci fermiamo alla banchina dell’autorità portuale per le pratiche di passaggio del secondo ponte, quello mobile che apre solo la notte, più o meno dalle 22 in poi, e solo per una volta al giorno. La colonnina di servizio per acqua e luce è lì accanto. Compriamo la tessera a consumo da 12 € e ci riforniamo subito. L’acqua è potabile ma ha un sapore cattivo, buona solo per farsi la doccia e lavare la barca. Poi, come da istruzioni, ci stacchiamo e ci fermiamo all’ancora poco distanti dal ponte, nell’attesa di essere chiamati sulla radio di bordo. Il nuovo equipaggio si è già formato e adesso siamo in tre in barca, mai in così tanti da due mesi a questa parte!
“Eleftheria, Eleftheria...Port Authority ...we are ready to cross…” La radio gracchia la stessa informazione e le stesse richieste per tutte le barche che devono passare, sia da nord che da sud. Alle 22,30 circa il ponte si apre, e le file di auto che fino a quel momento erano passate da una parte all’altra della città spariscono dalla nostra vista, sostituite da una folla di persone affacciate alle transenne che addirittura ci applaude quando ci vede passare. Mi viene da sorridere, ma capisco che è uno spettacolo sempre diverso quello delle barche in fila che passano un canale, e ho già visto da altre parti questo formarsi di una piccola folla che sta ad osservarti. Accostiamo subito dopo il ponte sul molo cittadino, perché abbiamo intenzione di passare lì la notte. Siamo in pieno centro città, i ristoranti sul lungomare sono tutti aperti, nonostante siano già le 11,30 di sera.
La taverna dove ci fermiamo è tipicamente greca, niente fronzoli per turisti, e nessun turista tranne noi. Una signora anziana che vende biglietti della lotteria si avvicina al tavolo, parla un po’ di italiano e cerca di indovinare da dove veniamo, o meglio secondo lei io sono italiano, Max è tedesco e Siria è inglese. Vabbè, ci ha provato, non è neanche così insistente con la vendita dei biglietti e ci saluta augurandoci buona notte.
Notte che si preannuncia un po’ movimentata perché al bar di fronte a noi c’è musica dal vivo, e fino alle 2,30 non smettono un attimo di cantare e ballare.
E quando la coppia cantante-pianista si congeda dal pubblico, inizia la discoteca, almeno per un'altra ora, quando ormai sconsolato decido di andare in cabina a cercare di riposare. Non faccio a tempo a prendere sonno che vengo svegliato da un dondolio eccessivo della barca, mi precipito fuori dal letto senza mettermi niente addosso, temendo che un’onda di qualche barca ci faccia sbattere in banchina e invece vedo che in pozzetto ci sono dei ragazzotti che quando sentono i miei passi scappano via di corsa, saltando fuori dalla barca ancora con le birre in mano. È stata solo un’innocente bravata da adolescenti.
Sabato 23 luglio, Eubea
Senza praticamente aver chiuso occhio esco dalla mia cabina e con Max andiamo a fare un po’ di spesa prima di partire. Siria rimane a dormire in dinette, deve smaltire il sonno arretrato del viaggio. Noi facciamo un giro fra i negozi di alimentari, il forno, la pasticceria e soprattutto il supermercato, il fantastico “Kritikos” che abbiamo già utilizzato a Poros.
Con la cambusa di nuovo piena di cibarie fresche e di pane, lasciamo Chalkida e andiamo ancora verso nord. Il programma di oggi è: trovare uno o più posticini dove fare un bagno e poi cercare una baia per passarci la notte, in solitudine e tranquillità. La prima spiaggia bella è subito lì, dopo qualche miglio, sulla terraferma; le rocce bianche lasciano giusto un pizzico di spiaggia che raggiungiamo a nuoto dopo aver dato àncora. Acqua meno fredda di quella di Poros, si sta proprio bene. Riprendiamo il cammino e non troviamo più altre spiagge.
Arriviamo nella baia scelta per la notte e facciamo un altro bagno. L’acqua però non è pulita, ci sono degli strani pezzetti di plastica trasparente, sembrano quasi dei sacchettini ovali, alcuni poco più grandi di un uovo, altri piccoli come fagioli. Ce ne sono a decine, a centinaia! Max, che si è già buttato in acqua per controllare l’àncora, ci rassicura: non è plastica, sono organismi marini, della famiglia dei Ctenofori e precisamente sono delle “beroe ovate”, dei barilotti sfaccettati e trasparenti. In controluce si vedono dei filamenti con delle specie di zampine come quelle dei millepiedi. Pare che di notte alcune si illuminino per il famoso effetto della bioluminescenza, lo abbiamo letto sulla guida allo snorkeling che sta nella libreria di bordo, ed è ormai la nostra bibbia sugli organismi marini del Mediterraneo. È la prima volta che faccio un bagno fra le beroe e ad di là del primo impatto semi gelatinoso che ti lasciano momentaneamente sulla pelle, per il resto è divertente prenderle in mano senza tirarle fuori dall’acqua e osservare come si muovono.
La spiaggia di fronte a noi è già vuota. I pochi bagnanti che c’erano sono andati via. Sulla strada che corre parallela alla costa passa ogni tanto qualche macchina o qualche moto. Per il resto è silenzio totale. Ci voleva proprio.
Domenica 24 luglio – Agio Demetrios
Apro gli occhi e guardo l’oblò sopra la mia testa. Il sole è già alto, non ci sono rumori, non si sentono nemmeno le auto che fino a ieri sera passavano lungo la strada. Che ora sarà? Siria sta ancora dormendo, Max è in pozzetto che legge i quotidiani sul tablet. È caduto il governo in Italia e pare che le borse siano in crollo e gli spread alle stelle. Ma soprattutto c’è un caldo infernale e gli incendi stanno scoppiando uno dietro l’altro. Anche in Grecia gli incendi non danno tregua. Vediamo tutti i giorni i canadair volare sopra di noi diretti chissà verso quale disastro da contenere.
Facciamo colazione in pozzetto e poi partiamo per cercare un’altra baia dove fare un bagno prima di fermarci per la notte. Quella che abbiamo individuato è un po’ distante, ma è arrivato il vento e possiamo andare a vela. Sono 30 miglia circa, dobbiamo andare di bolina, risalendo il vento. Randa e genoa ridotti al solito, barca molto sbandata e 6-7 nodi di velocità. Un bordo dopo l’altro, ben dodici per la precisione, alcuni molto buoni, altri un po’ peggiori per via del vento troppo in faccia, e dopo otto ore di veleggiata, stanchi ma felici, arriviamo alla nostra baia. Si chiama Agios Demetrios. Non è deserta, ma sappiamo già che lo sarà a breve. Alcuni ragazzi sono in acqua a rinfrescarsi; una famigliola è seduta sotto gli ombrelloni con i bimbi che giocano sul bagnasciuga; un gommone è fermo all’ancora.
Sopra la collina alcune case, poco appariscenti e immerse nel verde. Sarà un’altra notte tranquilla, lo so già. Scendiamo anche noi in acqua, con pinne e maschere, e andiamo a “esplorare il territorio” come si diceva una volta. In questo tuffo la cosa che più mi ha colpito sono state le decine di anemoni, bianchi e viola per la maggior parte, e gli spirografi, piccoli e rossi, spesso nati accanto alle spugne gialle, presenti in gran quantità in queste acque. Saraghi, salpe, tordi, sciarrani ci sono sempre, non sono mai molto grandi qui in Grecia, almeno non nei posti dove sono stato finora.
Ancora una notte stellata e silenziosa. Si dorme sempre bene in mezzo al mare.
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