Tutti ad Atene
Il bus per Atene parte alle 11. Mi sento strano, rimarrò di nuovo da solo e non so se ne ho voglia oppure no. La borsa di Lella è già pronta, da ieri sera. La guardo lì sul divano della dinette; è rimasta ancora aperta per poter inserire le cose dell’ultimo minuto, un libro, le sigarette, un regalino. Ci siamo svegliati presto stamattina, come sempre. Facciamo colazione ma nessuno dei due accenna al fatto che fra poche ore ci separeremo, lei per tornare a casa io per continuare il mio viaggio in barca, da solo. Come se questo fosse un giorno come gli altri andiamo assieme al supermarket per fare un po’ di spesa, pane, pomodori, yogurt, sempre le stesse cose, solo in quantità minime. Si fa l’ora e andiamo alla stazione della KTEL. Sembriamo due fidanzatini che si lasciano alla fine delle vacanze estive, con la promessa di rivedersi presto, forse fra un paio di mesi, o anche prima.
Un abbraccio, un bacio, poi Il grande bus bianco dai vetri neri chiude le sue porte e lentamente va via in mezzo al traffico mattutino di Nauplio.
Deglutisco più volte mentre a passo veloce vado verso il porto. Devo partire in fretta perché ho molte miglia da fare prima di fermarmi per la notte. Meccanicamente comincio a pensare alle manovre da fare, togliere la passerella, mettere in moto, mollare un po’ di catena prima di tornare a poppa a slegare le cime, poi di nuovo a prua a recuperare l’ancora e infine al timone, verso Atene. Sono diretto lì anch’io, ma ci arriverò solo fra qualche giorno. La barca a vela è un mezzo molto lento, non ama le velocità, e la sua rotta la determina il vento più che la volontà del marinaio. Ho programmato di andare a Hydra dove spero di passare la notte in una baia a sud, riparato dal mare e dal vento, che è previsto molto forte. Probabilmente dovrò stare fermo per due giorni prima di poter riprendere a navigare verso Atene.
Apro le vele, spengo il motore e mi metto di bolina, molta stretta purtroppo, ma meglio che andare a motore controvento. La barca sbanda molto e viaggia oltre i 6 nodi; ho ridotto la randa e il genoa per farla raddrizzare un po’ e così cammina meglio. La rotta è quella giusta, in poche ore dovrei essere a Spetses, poi entrerò nel canale fra la terra ferma e l’isola e raggiungerò Hydra, forse. Scendo sottocoperta e quando entro in bagno lo trovo pieno d’acqua che esce dalla tazza del water. Merda! Non ho chiuso le prese d’acqua di mare e mi si è allagato tutto. Aziono immediatamente la pompa ma dopo qualche secondo si ferma. Non posso stare sottocoperta a pulire la pompa, devo anche badare alla navigazione, e con la barca tutta piegata per il vento non mi sento tranquillo. Ci penserò dopo all’acqua, per adesso chiudo la presa a mare e torno a governare la barca.
Dentro il canale il vento cambia, si fa più in faccia e più violento, a raffiche sicuramente ben oltre i venti nodi. Chiudo il genoa e continuo solo con la randa. Hydra è troppo lontana, e non ho voglia di navigare altre cinque ore così; provo a fermarmi a Spetses, entro nella sua profonda insenatura ben ridossata da mare e vento ma non c’è posto per fermarsi se non dando ancora e portando le cime a terra legandole da qualche parte sulla scogliera. Non sono in grado da solo a fare questa manovra e quindi lascio l’isola tornando indietro di quattro miglia verso Porto Cheli.
La grande baia di Porto Cheli |
È un grande porto naturale, circolare e con un fondo di 6-7 metri, nel quale è molto facile dare àncora. Ci sono già decine di imbarcazioni, ma c’è posto ancora per molte che come me cercano riparo dai due giorni di vento duro che tutti i siti meteo hanno previsto per oggi e domani. Metto giù tutta la catena che ho, 50 metri e poi mi dedico a pulire sottocoperta.
L’acqua per fortuna è rimasta solo in bagno e non è arrivata anche al resto della sentina. La “succhiarola” della pompa è totalmente intasata di sporco; non la pulisco da anni, anche perché non la uso mai. Svito la succhiarola dal tubo di gomma, mi armo di spazzolino di ferro e gratto fino a farla diventare lucida e con i fori tutti liberi. Rimonto e finalmente adesso la pompa va. In pochi secondi libera il bagno dall’acqua di mare; poi asciugo tutto per bene e pulisco con il mio detergente ecologico e non inquinante, gradevolmente profumato all’arancia.
Un magnifica luna sorge alle mie spalle, dopo un tramonto di fuoco che non ho potuto fare a meno di fotografare, anche se solo con il misero cellulare.
Giovedì 14 luglio – Porto Cheli
Vento, tanto vento, troppo vento. Non c’è proprio verso di muoversi. Oggi si sta fermi, con un occhio alla catena dell’àncora e uno al movimento laterale della barca per prevenire eventuali avvicinamenti eccessivi con altre barche. Ce ne sono tantissime ferme, tutte in attesa che il Meltemi che sta spazzando l’Egeo diminuisca di intensità e permetta ad ognuno di raggiungere la propria meta. La mia è Atene, non ho intenzione di farla in un’unica tappa anche se in teoria è fattibile, visto che sono 60 miglia, ma ho prenotato al marina per sabato, e volevo utilizzare questi giorni per fermarmi in altre isole e in altre baie. Pazienza, approfitterò della sosta forzata per mettere a posto un po’ di cose. Svuoto la cabina di poppa dalle mie cose, metto da parte le scarpe mie e di Lella che sono un po’in giro; divido i panni sporchi fra bianchi e colorati per lavarli poi ad Atene; prendo un po’ di provviste dalla cambusa sotto il letto della dinette per metterle nei vari stipetti, rifaccio il letto, ma dopo un ora circa ho già finito. Sarà lunga passare una giornata intera qui. Leggo, fotografo, poi leggo, poi guardo il meteo, poi faccio rotte e calcoli per la navigazione, poi leggo, poi scrivo. Il giorno più inutilmente lungo da quando ho lasciato Ravenna.
La costa est del Peloponneso e l'isola di Spathi |
Venerdì 15 luglio – Poros
Le previsioni dicono che a girare il capo oltre il quale c’è l’isola di Poros bisogna aspettarsi 15-20 nodi, con raffiche a 30. Metto la testa fuori dalla cabina di prua e mi guardo intorno; ci sono meno barche di ieri, e anche il vento è molto meno. Non so a chi credere, ma un’altra giornata qui non la voglio passare. E allora accendo il motore, salpo àncora e catena e esco dalla baia. Sono le otto del mattino e sono l’unica barca in mare, eccetto il traghettino che gira fra le varie cittadine costiere. Nel canale c’è molta onda, da nord ovest, e anche un po’ di vento, ma sono a mio favore. Apro il genoa e spengo il motore. Faccio subito 6 -7 nodi e in pochissimo tempo supero Spetses e mi dirigo verso Hydra. La mia strategia è quella di provare a passare il capo, ma se vedo che il vento è troppo, faccio marcia indietro per una decina di miglia e mi riparo dentro la baia di Ermioni. Superata Spetses il vanto cala, poi muore del tutto e mi ritrovo a ciondolare in un mare liscio come l’olio. Previsioni errate, mi dico e mi spingo a motore verso il capo. Nel passaggio fra due isole vengo investito da un forte vento contrario: è l’effetto venturi, che fa accelerare il vento all’interno di un restringimento. Però anche quando a fatica supero il canale il vento rimane.
Gli aliscafi velocissimi che collegano l e varie isole del Golfo del Saronico |
Saranno almeno 20 nodi perché con il motore al massimo non arrivo a 4,5 kts di velocità. Vuoi vedere che le previsioni alla fine erano corrette? Ormai però non ho voglia di tornare indietro, ho aperto un po’ di vela nella speranza di aiutarmi nella risalita del vento, ma devo chiuderla perché ce l’ho troppo in faccia. Il vento gira di continuo, a tratti mi permette di aprire le vele e in altri momenti no. Faccio una gran fatica tutte le volte ad aprire e chiudere, cazzare e lascare, e intanto mi avvicino al capo. Adesso le raffiche sono più forti, quei famosi 30 nodi mi sa che un po’ alla volta stanno arrivando. La prua di Eleftheria batte violentemente sull’onda ma avanza. Sono solo a motore e miglio dopo miglio doppio questo altro capo e vedo finalmente l’isola di Poros. Mi fermo in una grande baia ridossata dal vento e dal mare. Ho mal di schiena, forse dovuto alle continue manovre, alla tensione causata dalle onde, e al beccheggio della barca. Mi stendo in pozzetto a riposarmi e faccio molta fatica anche a girami. Poi vado a cercare degli antidolorifici nella farmacia di bordo, e ne prendo uno. Spero che mi passi in fretta e che non sia nulla di più grave.
Poros e la sua banchina piene di barche |
Sabato 16 luglio – Atene
Volevo partire molto presto per guadagnare un po’ di miglia prima che il vento diventasse più forte, ma non mi sono svegliato in tempo. Passo lentamente dal lungomare della città di Poros, ancora addormentata, e vedo che ci sono molti posti vuoti in banchina, e anche tante barche all’àncora proprio di fronte alle case, poche decine di metri. Che peccato, se avessi avuto l’idea di andare in città anziché fermarmi nella baia avrei potuto passare una serata diversa e visitare un altro posto. Mentre guardo la fila di ristoranti e negozi ancora chiusi, dispiaciuto per questa seconda mancata occasione, non mi accorgo che sto entrando in una zona di fondale basso, e solo il fischio di un pescatore dietro di me mi fa correggere la rotta e rientrare nel canale scavato. Lascio Poros e le sua grandi baie e punto dritto su Atene. In quattro o cinque ore dovrei essere lì.
Zea Marina, nel centro del quartiere del Pireo ad Atene |
Zea Marina è uno dei due marina da diporto del Pireo. Quando entro in questo strano porto circolare, letteralmente in mezzo alla città e ai suoi palazzi, non c’è nessuno che mi viene incontro per l’assistenza all’ormeggio. Chiamo per radio e aspetto l’arrivo del gommone che mi accompagna al mio posto. Barca ferma, mi rilasso, ma non per molto.
Devo lavare dal sale tutta la coperta, poi lavare me stesso e poi i mie panni. Cerco un lavanderia automatica e la trovo non molto distante, su per una grande via del popoloso quartiere del Pireo.
In un mese in barca non avevo lavato quasi nulla, in attesa del momento topico della lavanderia. È grande e molto pulita, con macchine nuove di zecca. Ci sono molte persone che entrano ed escono con i loro panni e il loro detersivo. Non ci ho pensato ma potevo portarmelo anch’io dietro, invece mi tocca comprarlo, e sbaglio pure a scegliere prendendo un “acchiappa colore” al posto di un detergente per capi colorati. Dopo un’ora ho finito e torno in barca.
Max arriverà tardi, verso le 11 di sera. Mi preparo qualcosa da mangiare in barca e poi vado a fare due passi per il “lungo marina” ovvero la strada che corre accanto al molo, con tutti gli yacht da una parte, con tanto di steward e hostess in uniforme, e dall’altro lato una fila ininterrotta di bar, ristoranti, birrerie e altri locali strapieni di gente che beve, chiacchiera, mangia. È sabato sera, me ne ero dimenticato.
Domenica 17 luglio –Zea Marina - Atene
Da due giorni guardiamo le previsioni per poter girare capo Sounion, e sono sempre sconfortanti. Troppo vento, 35 nodi, anche 40 e per tutta la settimana. Bisogna cambiare programma. Andremo in giro per il golfo del Saronico, Salamina, Aegina, Poros, e poi quando il tempo migliora andremo verso l’Eubea. Oggi giornata di cambusa e poi di visita ad Atene. Dobbiamo anche far gasolio e Max prova a contattare uno di quei mini tank che riforniscono le barche. Ci dice che passa fra un’ora; poi fra due ore, poi nel pomeriggio, e infine dopo l’ennesima telefonata di Max ci dice che passerà solo domattina. Che fregatura! Tutto un giorno perso dietro ad una promessa.
Andiamo in centro lo stesso, con il metrò, preso accanto allo stadio dell’Olympiakos, dopo un lungo cammino a piedi in mezzo ad anonimi condomini.
Il centro di Atene è pieno di turisti; da Piazza Syntagma all’Acropoli e vie dei negozi e dello shopping si alternano a quelle dei ristoranti e bar. Saliamo fino all’Acropoli passando dal delizioso quartiere di Anafiotika, tutto fatto di piccole viuzze e scalinate ricavate dagli spazi lasciati vuoti da case e cortili.
L’Acropoli di Atene vista dal quartiere di Anafiokita |
Per tornare al Pireo prendiamo un taxi, un taxi sbagliato direi, in quanto l’autista non sa nemmeno dove si trova il Zea Marina del Pireos. Continua a dire “bireio, bireio” e poi ammette di non sapere dove si trova, ma se gli diamo il GPS lui ci arriva. Max gli porge il suo iPhone, ma si accorge dello sbaglio troppo tardi e il suo telefono finisce sul cruscotto come navigatore satellitare. Alle nostre domande insistenti su cosa costa la corsa e se ha capito dove ci deve portare, il taxista, che non parla una parola di inglese, prende il suo telefono e chiama un’altra persona per farlo parlare con Max. In qualche maniera sembra aver capito ma sul prezzo non ci siamo: “40 euro, è troppo, è lontano, sono 20 chilometri, non sono di più, facciamo 30, anzi 25...” Max spazientito gli dice di accostare che scendiamo, e così facciamo.
Il primo taxi con Max preoccupato per il suo iPhone già inserito nel cruscotto |
Per nostra fortuna ci ha fatto fare solo poche centinaia di metri e possiamo fermare un altro taxi, che questa volta capisce subito dove deve andare e ci dice anche il prezzo: 20 euro.
Chiacchierando con il nuovo taxista, piò o meno settantenne, scopriamo che è un appassionato di calcio, che conosce le squadre italiane, persino il Bologna e lo stadio Dallara. Max per fare la parte di chi ne sa gli dice “Atene Panathinaikos”. Non l’avesse mai fatto” “Nooo, Olympiakos, Olympiakos!” e giù improperi contro il Panathinaikos, reo solo di essere l’altra squadra cittadina. D’altronde come da noi...
Il nostro simpatico e accanito tifoso per tutto il viaggio non fa che urlare, di tanto in tanto, “Olympiakos!”, e noi di rimando: ”Bravo, Olympiakos...” Sembriamo tutti dei cretini, appena usciti da una ubriacatura da derby...
Davanti allo stadio dell’Olympiakos al Pireo |
Scesi allo Zea Marina, ci facciamo una doccia e poi a cena, in un locale non turistico, a qualche centinaio di metri da lì. È un piccolo locale, con quattro tavolini su un marciapiede in forte discesa, ma che miracolosamente stanno dritti senza bisogno di zeppe. Lo gestiscono due ragazze, una secchissima che prende le ordinazione ai tavoli, e un’altra con capello rasato fino alle tempie e coda di cavallo per il resto, che è la cuoca. Tatuaggi sì, ma discreti. Al bancone un’altra ragazza beve una birra dietro l’altra e mi porge anche un menù, subito ripresa dalla cuoca che me lo toglie di mano. Temo il pacco, ma ordiniamo orektikà vari e pesce fritto. Dopo due minuti torna dicendo che il pesce è finito, se vogliamo ci sono involtini di carne. Però la skordalià c’è, lo tzatziki pure, Max prende una insalatona greca, piuttosto buona, io mi fermo lì. Temevo il pacco e invece anche gli antipasti sono molto buoni, e poi ci porta un boccale da 250 cc. di ouzo con ghiaccio che beviamo “con grande soddisfazione” del corpo e della mente.
Mai fermarsi alle apparenze.
Tzatziki e un boccale di ouzo |
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