In terra Micenea


Domenica 10 luglio, Nauplio

Sull’isolotto che protegge l’accesso alla baia dell’isola di Tolo c’è una piccola chiesa, bianca e blu. Si vede bene anche il sentiero che la raggiunge. Con Iv è questione di pochi minuti andare fino alla spiaggia di quest’isolotto per poi salire a vedere il panorama. Attracchiamo su un molo di legno, che serve anche per le barche turistiche, e ci incamminiamo lungo il breve sentiero che porta alla chiesa. Non è ancora troppo caldo ma le cicale “cicaleggiano” forte e per di più volano da un albero all’altro, a decine, senza sosta. Sento dietro le mie orecchie il rombo delle ali di una cicala che si avvicina, mi sorpassa e poi si butta a corpo morto sopra un ramo, attaccandosi con le zampe al primo colpo, come fosse una calamita lanciata su una piastra di ferro. Siamo circondati, mi viene la pelle d’oca ogni volta che una cicala mi passa accanto, la seguo con lo sguardo sperando che non mi colpisca, e anche se so che è innocua non riesco a non agitarmi quando la sento arrivare. Non avevo mai visto tante cicale in volo, di solito si sente solo il loro frinire, e si fa fatica anche a individuarle fra i rami degli alberi; queste invece sono ben visibili, grosse, sgraziate, ronzanti e sempre in movimento. La chiesetta non è visitabile, un cancello chiuso con un lucchetto impedisce anche l’accesso al cortile. Le giriamo attorno ammirando il panorama e facendo una foto a Eleftheria, unica barca rimasta all’àncora.

 


Solo dieci miglia ci separano da Nauplio. Avvicinandoci alla città vediamo le mura imponenti delle due fortezze che orlano la montagna che protegge la baia da sud. Entrando in porto c’è una terza piccola fortezza sopra un isolotto, un Bourtzi ottagonale, costruito dai veneziani a protezione del porto, come a Methoni. C’è un po’ di vento e l’ormeggio non è semplice. Il primo non ci convince, siamo troppo esposti al vento e abbiamo dato 25 metri di catena, poca. Un tedesco lì accanto, che ci ha dato una mano con le cime, mi dice che lui ne ha dato 100 metri, perché non si fida del fango del porto. Conviene cambiare ancoraggio e mettersi più dentro lungo il molo, meglio riparati dal vento grazie alla presenza delle altre barche. Diamo 35 metri di catena, e ci fermiamo sul molo. Forse sono pochi, ma la barca sta ferma, la catena “tira” e decidiamo che va bene così.


Panorama della città vecchia di Nauplio

La domenica non ci sono i bus che portano ai siti archeologici di Micene ed Epidauro, dobbiamo aspettare domani. Nauplio è una città turistica molto conosciuta, e molto frequentata. Il centro storico è pieno di alberghi, ristoranti, taverne e negozi, ma ci sembrano molto discreti e poco invadenti. Le strade sono tutte pavimentate con grandi lastre di pietra calcarea; i palazzi a due o tre piani sono ornati da balconcini in ferro battuto, con il solaio fatto da lunghe assi di legno, unite le une alle altre a formarne il pavimento; le finestre sono tutte in legno, con persiane e gelosie. Si vede proprio che Nauplio era una delle tante città costruite dai veneziani durante la loro dominazione del Mediterraneo orientale.


La Fortezza di Palamidi a Nauplio


Sulla rocca che sovrasta la città, e sulla quale parzialmente le case si arrampicano, c’è la grande Fortezza di Palamidi, anche questa costruita dai veneziani. È una cittadella militare come quella di Methoni, ma meglio conservata e ancor più grande. Per arrivare al primo degli otto bastioni bisogna salire una lunga e assolata scalinata, che si inerpica a zig zag per più di 200 metri di dislivello. È la nostra meta del pomeriggio, sempre senza in dito d’acqua dietro, per carità... Per nostra fortuna all’ingresso del primo bastione, accanto alla biglietteria, c’è una meravigliosa fontanella d’acqua fresca, anzi ghiacciata, che ci rimette in sesto.


Prigioni dentro il primo bastione

I Bastioni di Palamidi sembrano scolpiti nella roccia, e non costruiti con blocchi e mattoni. In molti punti seguono il profilo stesso delle rocce, ed essendo del medesimo colore e materiale da lontano manufatti ed elementi naturali si confondono. Ritorniamo in paese discendendo gli stessi scalini, ignorando la seconda via per strada asfaltata, molto meno bella. Marinella ha smesso di parlare, so cosa sta facendo, sta contando i gradini per vedere se sono davvero 911 come dice la guida.


Le scale che portano ai bastioni
 della Fortezza di Palamidi


 

Lunedì 11 luglio, Epidauro

 

Il bus parte alle 10,30. Ci metterà tre quarti d’ora per portarci nella zona archeologica di Epidauro. Siamo quasi solo turisti a bordo, anche se è un normale bus di linea. Per la prima volta da quando sono in Grecia indosso la mascherina. Lella ne ha una in più per me, io le avevo tutte archiviate non so più in quale stipetto della barca.

Attraversiamo tutta la Nauplio moderna, fatta di basse e anonime palazzine, superiamo anche i capannoni commerciali e industriali e siamo fuori dalla città. La strada, nuova e tutta dritta, corre fra grandi campi coltivati e piantagioni di agrumi; sulle colline gli ulivi a perdita d’occhio resistono sotto un sole già molto caldo. Un piccolo centro abitato, poche case, poi di nuovo la strada e gli agrumeti. Dentro il bus con l’aria condizionata non si sente il caldo, ma lo si avverte guardando questo tipico paesaggio mediterraneo, assolato e florido nello stesso tempo.

 

Il grande Teatro di Epidauro

Bar, negozi di souvenir, baracchine con hot dog, birre e patatine, gelati; nel piazzale d’arrivo dei pullman a Epidauro c’è di tutto, come era prevedibile. La nostra acqua, ormai tiepidina, potevamo evitare di portarcela dietro da Nauplio... per una volta che eravamo stati previdenti!

 

Che meraviglia che sono i teatri greci. Sono nato in una città che ne ha uno molto bello e molto grande, nel quale ogni anno vengono rappresentate le tragedie di Eschilo, Sofocle e Euripide. Non possiamo fare a meno di mettere i due teatri a confronto, ed è anche un privilegio poterlo fare. Ci fermiamo al centro del palcoscenico osservando le altissime e ripide gradinate della cavea circondata da pini. Nell’ultimo anello del teatro ci sono tante persone sedute, un po’ per godere dell’ombra, un po’ per la visione dall’alto del teatro e delle montagne. Ci andiamo anche noi. Giù in basso, al centro esatto dalla scena, turisti più o meno dotati si alternano in canti e prove acustiche varie, per verificare – novelli San Tommaso – se quel che dicono le guide, ovvero che se fai cadere una moneta al centro del palcoscenico puoi sentire il rumore fino all’ultimo ordine di gradini, sia vero o falso. Una ragazza inglese si esibisce in un bel canto che a poco a poco fa zittire tutti, bambini compresi, e alla fine viene premiata da un applauso spontaneo del casuale pubblico di “turisti spettatori”.

Al di là del Teatro, bellissimo e conservato straordinariamente bene, c’è una grande zona archeologica, purtroppo con poche colonne o muri rimasti in piedi. Vagoliamo fra le rovine degli edifici che ruotavano attorno al fulcro attrattivo di Epidauro, il Tempio di Asclepio, dove venivano praticate le cure con una organizzazione quasi scientifica.


Ex voto per otorino!?


Nel piccolo museo ci sono anche gli ex-voto di chi è stato guarito, la descrizione dei metodi praticati sui singoli pazienti e una teca con piccoli attrezzi e strumenti chirurgici. Guardandoli e pensandoli all’opera ci siamo detti che è una fortuna vivere in luogo e in un’epoca in cui la medicina è molto migliorata!!

 

Come ogni pomeriggio anche oggi il vento si alza a raffiche provenendo da sud est. La barca è ferma in banchina sulle cime, anche se balla un po’. Non andiamo al ristorante stasera, ma allestiamo una cenetta in barca, non si sa mai che con questo vento l’àncora a prua non faccia il suo lavoro come si deve. E poi ci sono tante barche che stanno entrando a cercare ormeggio sul nostro stesso molo. Dopo il danno di Itaca sono diventato meno fiducioso.

 


Martedì 12 luglio, Micene

 

Seconda giornata di “turismo culturale” come dicevamo una volta. Il bus per Micene è solo uno, e parte alle 9,30 con ritorno alle 12,30. Per visitare l’antica città di Agamennone dovremo farci bastare le due ore che restano, oppure prendere un taxi o noleggiare una macchina. Quindi cercheremo di utilizzare al meglio queste due ore.


Le cisterne di Micene


Devo confessare che dopo averla vista tante volte nei libri di storia, nelle enciclopedie, o nei siti web sulla Grecia, non pensavo che la Porta dei Leoni mi avrebbe colpito tanto. E invece non è stato così, nemmeno per Marinella. Ho provato una forte emozione, ho immaginato chi e come aveva costruito questo accesso alla città, chi e come aveva realizzato le mura ciclopiche che la circondano, da quale grande pericolo volevano difendersi gli abitanti di Micene del 1400 avanti Cristo. Micene era stata costruita su due monti, in una vasta area di rocce calcaree, e all’orizzonte il mare del golfo di Nauplio. 


La maschera di Agamennone


Del Palazzo di Agamennone e degli altri edifici sono rimasti solo i perimetri delle fondamenta, e bisogna immaginarseli, tanto tanto. Marinella vorrebbe essere come Alberto Angela, che passando con le dita sulle rovine ricostruisce palazzi e templi mentre cammina e gesticola, ma non le è dato. Nell’ultima mezz’ora che ci rimane prima dell’arrivo del bus entriamo a vedere cosa è conservato nel Museo: tanti vasi, minuscoli e perfetti sigilli, piccole marionette di terracotta, armi, oggetti d’uso quotidiano di 3500 anni fa, una copia della famosa maschera di Agamennone, monete piccole e piccolissime. Avessimo avuto più tempo…

 

Vecchie case del centro di Nauplio in ristrutturazione


Fa caldo nel pomeriggio a Nauplio. Lella prepara la sua borsa perché domani ha il volo di rientro da Atene, io invece cerco di prenotare un posto per il fine settimana al Marina Alimos di Atene. Arriverò lì per imbarcare Max e Siria, due amici in arrivo da Bologna, sciopero Ryanair permettendo. Da Alimos mi dicono che non hanno posto nel week end; cerco allora altri Marina, ma non rispondono al telefono e devo inviare una mail. Poi da Zea Marina mi arriva una risposta positiva, il posto c’è, devo però pagare anticipatamente. Faccio tutto con il telefono, ma con un po’ di fatica per via di password da inserire, codice da verificare, sms da ricevere e confermare, tutto in nome della sicurezza informatica; è giusto, ma a scapito della facilità d’uso di questi mezzi. E infatti il primo pagamento non va a buon fine. Lo rifaccio e questa volta va tutto liscio, il sistema non mi butta fuori e mi arriva anche la mail di conferma di Zea Marina. Sembra tutto corretto, ma poco dopo mi arriva una seconda mail che mi avverte che il pagamento è “failure”.

Ci penseremo, dopo, quando potrò avere una connessione internet anche per il computer, per adesso basta così.

 

Il molo di Nauoplio


Cena fuori stasera, non abbiamo voglia di metterci a cucinare e lavare piatti. Di fronte al porto ci sono tanti ristoranti, tutti in fila uno dietro l’altro; scegliamo una taverna che ha l’aria di essere a conduzione familiare, e infatti lo è. Appena ci sediamo un anziano signore, probabilmente il papà, ci porta il menù e l’acqua; poi la figlia raccoglie l’ordinazione: tanti “orektikà” di verdure e tzatziki e due belle porzioni di frittura mista di pesciolini e alici. A noi ci piace così!

 


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