Termoli, Termoli
Che dormita! Ero proprio stanco e ho dormito tanto e bene. I vicini di barca sono già partiti per Vieste. Devono arrivare a Salerno in una decina di giorni, e giustamente temono di rimanere bloccati qui se non partono subito. Fuori il cielo è coperto e stanotte ha anche piovuto. Lavo i piatti della sera e poi comincio a guardarmi attorno. In barca ci sono troppe cose. Temo di aver preso un mucchio di cose inutili, buone per quando si va in vacanza, ma non quando ci si sposta per tanto tempo “con tutta la casa”. Ho troppe magliette, troppe camicie, troppe calze, troppe scarpe, anche troppe stoviglie (addirittura 3 caffettiere!). E anche troppe cime, e nemmeno quelle giuste, visto che il vento sta aumentando ancora e le cime che ho messo per tenermi al pontile mi sembrano troppo sottili e logore. Per sicurezza raddoppio l’ormeggio aggiungendo la cima rossa da 14, che mi dà una sicurezza maggiore. Per domani sono previsti più di 30 nodi e non voglio avere sorprese.
Ieri sera è arrivata anche un’altra barca, trainata dalla pilotina degli ormeggiatori, con il motore fuori uso. E infatti oggi ci sono i meccanici che stanno armeggiando attorno al vano motore; credo che il guasto sia dovuto solo alla morchia presente nel fondo del serbatoio che è andata in circolo intasando tutto. Dovranno smontare il serbatoio per pulirlo come si deve.
La Cattedrale di Termoli |
Esco dal Marina e vado in giro per il paese. Non c’è nessuno per le strade della città vecchia; il vento forte spazza il mare e porta le sue gocce salate fino sopra le mura esterne, che partendo dalla Torre Sveva circondano tutte le case del piccolo centro. I vicoli stretti e i cortili che si aprono fra le case danno un buon riparo, lì non si sente più il rumore del mare. Entro nella Cattedrale romanica, piccola e con una bella facciata. Sono solo, giro fra le colonne delle due navate, salgo le scale verso l’altare, scendo nella cripta, osservo i quadri alle pareti e le statue nelle nicchie, leggo gli epitaffi nelle lapidi murate e nei reliquiari. Non capita spesso di girare da soli dentro una chiesa, ma siamo in giugno, a Termoli, in una giornata di maltempo...
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Il cielo tempestoso prima della grande pioggia |
Termoli, venerdì 10 giugno
Pioggia seria e vento forte questa notte. Le cime hanno cigolato a lungo ma gli strattoni alla barca non sono stati poi così frequenti. Il cielo è sempre nero e tempestoso, e il vento fischia tra le sartie. Tutto attorno a me è un concerto di drizze che sbattono, anche su Eleftheria; non mi resta che staccarle tutte e portale lontano dall’albero, a prua o a poppa. Leggo. Leggo la storia del Kon-Tiki. È un libro che non avevo mai preso in mano, e pur conoscendo la storia della zattera che attraversa il pacifico non sapevo con esattezza come si fossero svolti gli eventi. La cosa che più mi ha colpito non è l’avventura in sé, sicuramente affascinante, quanto piuttosto il rapporto dei sei navigatori norvegesi con gli abitanti del mare, ovvero con i pesci e i mammiferi marini.
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L’atroce morte dello squalo sul Kon-Tiki |
Sono tutti visti come semplici riserve di cibo e nulla più, compresi i poveri delfini, che vengono pescati e macellati non solo per mangiarli, ma anche per darli in pasto ai pescecani, anche loro pescati e macellati. In zattera sono solo in sei, ma a giudicare da quanto pesce mangiano sembrano in venti! Delfini, tonni, dorado, pescecani, calamari; pescano di tutto, usando come esche punte di arpioni legate a grosse funi e nascoste dentro tranci di delfini o dorado o altri pesci ancora, per ingannare gli squali che appena abboccano si ritrovano con le punte di arpione che si conficcano nel cranio cartilaginoso. In questo modo vengono tirati sui tronchi della zattera e poi, sollevati per la coda, si ritrovano con lo stomaco che comincia a premere contro la testa, paralizzandoli progressivamente. Una morte atroce, descritta con dovizia di particolari e documentata con tanto di foto. Era proprio un'altra era quella, con un'altra sensibilità verso gli animali; oggi chiunque scrivesse queste cose verrebbe subito censurato e messo al bando.
Il mare in tempesta sulla spiaggia di Termoli |
Il vento non molla un attimo. Mi preparo la cena già nel pomeriggio e poi, stanco di leggere, mi vedo un film. Ho un hard disk con dentro una cinquantina di titoli, molti li ho già visti, ma va bene lo stesso, li riguardo sempre volentieri.
Termoli, sabato 11 giugno.
Ancora ventaccio, ancora mare agitato, ancora fermo. Oggi per colazione mi sono preparato un croissant con banana fritta, yogurt e marmellata. Mi sa che non ci vorrà molto a riprendere qualche chilo se continuo a stare fermo in porto. Guardo e riguardo le previsioni, ma non c’è verso, da qui a Vieste ci sono sempre 20-25 nodi, che a doppiare il Gargano arrivano anche a 30-35. Non posso muovermi, devo aspettare ancora.
Nella barca di fronte alla mia è arrivato un nuovo equipaggio, o almeno così mi sembra, non sono gli stessi che hanno lasciato la barca due giorni fa. Devono portare la barca a La spezia, ma in questa seconda tappa sperano di arrivare almeno a Napoli. La barca è un Hanse 325, partito da Ravenna martedì. Il proprietario si chiama Massimo e ci scambiamo pareri sul da farsi; anche loro sono indecisi se muoversi domattina o se aspettare. Nel frattempo fanno il pieno al serbatoio con le taniche, cosa che faccio anch’io, soprattutto perché mi dicono che il benzinaio li ha accompagnati al pontile con la macchina, risparmiandogli un lungo giro a piedi. Meno male.
La sera ceno in barca, spaghetti con le zucchine e il parmigiano. Domattina si parte, almeno spero.
Termoli, domenica 12 giugno
Un WhatsApp di Massimo alle 6,30 mi dice che lui è indeciso, e sta pensando di aspettare un altro giorno. Il vento è ancora sostenuto, sempre attorno ai 20 nodi, ma è il mare quello che più mi preoccupa. Andiamo lungo il molo di sopraflutto per vedere com’è la situazione al di là delle previsioni dei siti, ed effettivamente le “ochette” sono ancora dei bei cavalloni. Meglio aspettare, anche se ho il timore che aspetta aspetta il vento crolli del tutto e ci si trovi a dover smotorare. Andiamo a far colazione al baretto “Pane e caffè” della piazzetta e poi rientriamo al pontile. La barca a vela che sta proprio in testa al pontile, un Oceanis 40, sta per uscire. Lo seguiamo con lo sguardo per capire come si comporterà con l’onda e lo vediamo tirar fuori appena un mozzicone di randa (rollata) e poi solo motore. Beccheggia un po’ sull’onda, anche perché la sua rotta è sulle Tremiti, e faticosamente avanza. La decisione di rimandare ci sembra sacrosanta. Torniamo alle nostre faccende; Massimo deve sostituire la lampada della luce di via motore, Luca si mette a preparare il pranzo, facendo anche un ottimo tzatziki, e io metto per la prima volta Iv 2 sul ponte a prua! Starà così per la prossima settimana, dove non si prevedono venti forti, ma al contrario probabili smotorate.
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I miei vicini di barca a Termoli |
Poi, al bar del Marina, facciamo conoscenza con una ragazza israeliana che vive e studia in Italia, e dopo diversi gin tonic e vodka-lemon la invitiamo a fare uno spuntino in barca con friselle, tzatziki, pomodori e tonno. Il vino lo metto io, visto che ne ho parecchio in sentina, ma ho la netta sensazione che se ne avessi preso il doppio non avrei sbagliato, perché sta calando a vista d’occhio! Il pomeriggio passa piacevolmente fra chiacchere e musica, e la sera cena in pizzeria. Domattina si partirà presto, probabilmente attorno alle 5,30. Sarà meglio andare a letto presto.
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