Puglia, lunghissima Puglia



 

Termoli, lunedì 13 giugno.

 

Sono le 5,30, stacco le cime dal finger che per quattro lunghi giorni mi ha visto fermo a Termoli per far passare “il ventaccio” ed esco dal porto. La meta di oggi è il Gargano, con sosta per la notte a Cala Campi, e poi dritto per Monopoli, o altra località della lunghissima costa pugliese, dove fermarsi per la notte successiva. Come temevo il mare è ancora mosso e non c’è un filo di vento, una classica situazione da “xamamina doppia”. Metto la prua su Vieste e mi appresto a soffrire per le prossime 50 miglia. I miei compagni di pontile - Massimo, Luca e Carmelo - partiti anche loro oggi, sono un po’ più a nord di me; procedono a zig zag facendo dei bordi, io invece preferisco tirar dritto, non ho voglia di fare virate; quando si è da soli a navigare bisogna risparmiare le energie e tutto quello che non è indispensabile diventa subito superfluo, sacrificando un po’ il divertimento.


Ci prepariamo a doppiare Vieste


Avvicinandomi a Vieste l’onda si fa più alta e aumenta anche il vento. Girare un capo porta sempre una variazione delle condizioni di mare e vento, e a Vieste non è raro trovarsi con 20 nodi anche in una giornata di calma piatta. Non sapendo cosa mi aspetta prendo una mano di terzaroli, mi metto la cintura di sicurezza e mi preparo al passaggio. Il pilota automatico tiene la rotta, raddrizzando la barca ogni qual volta un onda più grossa del solito prova a farla girare su sé stessa, mandandola in straorza. Io, con la scotta della randa in mano, apro e chiudo in continuazione per aiutare il pilota nel suo ottimo lavoro. In un momento di grande straorza ho anche un moto di affetto per il pilota e gli mando un bacino, come fosse una persona in carne ed ossa. E in effetti è il mio vero compagno di questo viaggio, cigola un po’, saltella ogni tanto, ma non smette mai di lavorare fino a quando non mi metto io al timone e gli do un po’ di riposo.


Baia della Zagare, Gargano

Guardo col binocolo Cala dei Campi e mi sembra ci sia onda dentro, continuo fino alla Baia delle Zagare e calo l’ancora sotto le bianche pareti del Gargano. Sono da solo e con il mare calmo. La spiaggia della baia è vuota, un ragazzino in kajak va avanti e indietro da una punta all’altra della baia e i gabbiani scendono in picchiata lungo la parete prima di tuffarsi in acqua per pescare. Io in acqua ci scendo per dare un occhiata alla carena, e vedo con orrore che è piena di alghe e schifezze varie. Per forza, ho scelto di non farla pulire in cantiere prima di partire, ma solo di fargli dare una pulita rapida al sub e purtroppo non basta. La pulirò io ogni tanto, va bene lo stesso, non sono mica in regata!


Alba nel golfo di Manfredonia

Gargano, martedì 14 giugno

 

Quattro del mattino, fuori è ancora buio, io ho già la caffettiera sul fuoco. Ieri sera sono andato a dormire alle nove e mezza, ma un rumore sordo e tamburellante mi ha guastato il sonno senza che fossi riuscito ad individuarlo. Mi preparo per salpare l’ancora, motore acceso inizio a tirare su la catena: 25 metri, 20 metri, 15 metro, 10 metri... stack!! La catena si blocca e non viene più su. Impossibile, sono in spiaggia, non ci sono scogli, che succede? Vado al timone, do marcia indietro e rimango bloccato. Vado un po’ avanti e stessa cosa. Merda! Probabilmente ho infilato l’ancora sotto le catene sul fondo che d’estate usano per legarci le boe di limite dello spazio spiaggia, solo che adesso non ci sono boe e non potevo immaginare una cosa simile. Di scendere in acqua e liberare l’àncora a mano non se ne parla, è ancora buio, dovrei seguire tastoni al catena fino all’àncora, che comunque è almeno a 8 metri e io non sono per niente allenato visto che questo è il mio primo bagno di stagione. Provo a mollare un po’ di catena e andare a motore leggermente a destra e a sinistra nella speranza di liberarla; poi corro a prua, sollevo lentamente di nuovo e con grandissimo sollievo la catena viene su, l’àncora e libera e posso andar via.

Che sollievo. È la seconda volta che mi succede una cosa simile, la prima a Mola di Bari, nell’avanporto, ma lì era anche plausibile viste le ferraglie che si possono trovare nei porti, ma qui sotto le “bianche pareti del Gargano” proprio non me l’aspettavo. Tutta esperienza!

Apro finalmente le vele e con sorpresa mi trovo un venticello che mi fa andare di bolina larga a 6 nodi. Monopoli è a poco più di 60 miglia, dovrei farcela senza problemi.


Il sole sta per tramontare, ho già deciso di andare a Otranto

Poco fa mi sono dato il mio primo ALOE in faccia. Ho la pelle che comincia a chieder aiuto, vento e sole non è che gli facciano benissimo, e le creme solari che ho usato fino a oggi forse non sono molto efficaci, sono lì dallo scorso anno, e anche più.

Leggo, guardo col binocolo i pescherecci che vanno avanti e indietro arando il mare, fotografo la costa illudendomi che ne venga fuori qualcosa di buono, dormicchio con un occhio aperto e uno chiuso steso in pozzetto o a prua.


Letture per la Grecia


Sto maturando l’idea di andare fino a Brindisi, anzi di fare la notte e andare fino a Otranto. Faccio di nuovo i calcoli della mia posizione e se continuo a questa velocità dovrei arrivare a Otranto domattina alle 4, fin troppo presto. Mi piace l’idea di fare la notte, è da quando ho iniziato ad andar per mare che navigare nel buio mi affascina, e poi stanotte c’è una magnifica luna piena che renderà tutto più romantico. Pare che sia un fenomeno raro, chiamata anche “luna delle rose”. Sta sorgendo proprio sopra la città di Brindisi, tenue e rosata, poi tutta rossa, ora bianca e lucente nel cielo che diventa sempre più scuro. Nel buio cominciano a vedersi le prime luci delle navi, un paio di traghetti che vanno verso nord, alcuni mercantili alla fonda davanti a Brindisi, altri pescherecci. Otranto è a sette ore da me.

 

Adriatico meridionale, mercoledì, 15 giugno

 

Il vento è aumentato e anche il mare si è fatto più aggressivo. Per fortuna le onde arrivano da poppa, mi sollevano e mi spingono qualche metro più avanti, facendomi guadagnar velocità. Il rollio è più consistente e quando le onde mi superano sento il rumore della cresta che frange poco oltre. Mi metto al timone perché il pilota fa un po’ fatica e per quanto bravo non è capace di “surfare” sull’onda e va troppo a zig-zag.

Sono le 2,30 del mattino, navigo da 21 ore e ho fatto 125 miglia. Comincio ad esser un po’ stanco. La tecnica dei micro sonni, come quelli che facevo sotto i pozzi in grotta in attesa che si liberassero le corde per risalire, qui non hanno funzionato bene. Più che altro sono stato con gli occhi chiusi ma di dormire non se ne parla, dovrò abituarmi. Da est il cielo comincia a schiarire, supero la secca di Missipezza e dirigo verso Otranto. Ho già chiuso le vele e avanzo a motore. Il fondo basso trasforma le onde i veri cavalloni, che arrivano a gruppi rendendo questo avvicinamento al porto un po’ faticoso. Entro, vado verso i pontili ma non vedo dei veri pontili. Strano, sul pianetto del porto erano ben visibili. Anche il benzinaio è un po’ difficile da scovare, ma comunque è troppo presto, sono le 6, 30 ed è tutto chiuso. Nell’avanporto ci sono alcune barca alla fonda, mi ci metto anch’io, ma l’onda che entra da nord è insopportabile. Devo assolutamente andare in banchina, provo a chiamare il numero che trovo sul portolano e mi risponde la Guardia Costiera, mi da un altro numero da chiamare, che non risponde. Devo trovare una soluzione. Analizzo la situazione: rimanere qui all’ancora è impossibile, andare a San Foca sarebbe ottimo, sono solo 10 miglia a nord, ma in vento e il mare contro renderebbero la navigazione lunga e impegnativa. Non mi resta che andare a sud, a Leuca, e poi traversare da lì per la Grecia. Cerco il telefono del benzinaio per sapere a che ora apre e per mia fortuna è già lì. Salpo l’ancora, vado a fare il pieno, 50 litri, ed esco di nuovo in mare.

Col motore al massimo dei giri tuffo la prua contro l’onda per vincerla e allontanarmi dalla costa, quanto basta per poter poi accostare alla mia destra e mettermi in rotta per Leuca. Appena posso apro il genoa per sfruttare il vento e senza spegnere il motore comincio ad andare a sud. Passo accanto al faro di Otranto con solo un fazzoletto di genoa aperto perché il vento è tanto e si vola. Non avendo anemometro non posso dire quanti nodi ci sono, diciamo tanti e basta.

Poco dopo aver passato il faro il vento cala, riapro tutto il genoa e continuo a navigare con meno apprensione. Leuca è a una ventina di miglia, fra qualche ora sarò lì.


Le grotte sulla costa est di S.Maria di Leuca

Dietro lo scoglio il mare è come l’olio, diceva qualcuno, e quando entro a Leuca mi si apre un sorriso dentro. Nel mare finalmente fermo porto la poppa al pontile aiutato dal marinaio che mi porge la trappa.

Massimo, Luca e Carmelo sono lì che stanno issando la randa dopo che il velaio è dovuto intervenire riparando il punto di mura che si era strappato. Alla fine, anche se involontariamente, li ho raggiunti. Ora loro stanno per ripartire, io invece starò fermo un paio di giorni e riposarmi, prima di lasciare la Puglia e l’Italia per un po’ di tempo.


 Buon vento!

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