Discendendo per l’Adriatico
Marina di Ravenna, lunedì 6 giugno.
Fino all’ultimo momento ho studiato le carte metereologiche per capire se questo lunedì 6 giugno, fissato sul calendario parecchi mesi prima, era veramente il giorno giusto per iniziare questo viaggio. Sì lo so che una data fissa per partire non significa nulla quando hai davanti tre o quattro mesi di viaggio, e nessun volo o treno o nave da prendere, ma non segnarla nel calendario mi lasciava dentro un senso di non compiuto, di non ben fatto, se vogliamo, e qui esagero, di sciatteria. E parimenti cambiare questa data della partenza in qualche modo aveva lo stesso sentore, per cui studia e ristudia carte del tempo e previsioni varie, nella speranza di trovar conferma e nessuna nota negativa. In realtà la previsione non è proprio di tempo buono, ma almeno i primi tre giorni permettono di navigare, poi si starà fermi, se il maltempo previsto arriverà davvero.
Salutati gli amici al pontile, inviati vari messaggi agli altri amici condividendo il blog, siamo andati a cena dalla nostra trattoria preferita, io e Lella. Poi a letto presto. La sveglia è fissata alle 5, ma so già che non chiuderò occhio fino a quell’ora, e tanto varrebbe partire di notte, ma non posso, sono da solo, e non mi va di iniziare con una navigazione notturna, sarebbe un inutile azzardo.
Il caffè è già sul fuoco, Lella si prepara a tornare a Bologna. Ci salutiamo sul pontile, gli occhi umidi, con un lungo abbraccio e un breve bacio. Ci vedremo fra venti giorni circa, ma so già che la prima telefonata sarà di lì a poco, giusto per un secondo saluto...
Sono le 5,30 e sto per uscire in mare aperto con l’intenzione di fare la prima tappa a Fano. Proprio mentre mi preparo a issare la randa, appena fuori dalle dighe, vedo due magnifici delfini che nuotano lentamente e lo prendo subito come un bel segno di “buon vento” anche da parte delle creature del mare.
in effetti un po’ di venticello c’è, anche se non è costante; prima da nord ovest, poi da nord est, comunque non contro, e questo è già un bel vantaggio. Con un minimo di motore acceso e le vele aperte riesco a fare 6,5 knt, non male per adesso.
Il sole scalda già, la felpa delle 6 del mattino è inutile, meglio stare in maglietta. A mezzogiorno ho già fatto 33 miglia e sto cominciando a pensare che non vale la pena fermarsi a Fano, ma potrei arrivare tranquillamente ad Ancona. Rifaccio i miei conti e decido che sarà lì la mia prima sosta, davanti al Marina Dorica, giusto per non farsi spennare fin da subito dai Marina. Dopo 13 ore di navigazione, fatta per lo più con vele aperte ma motore acceso per dargli una spinta in più, calo l’àncora in 4 metri di fondo sabbioso e mi siedo in pozzetto a riposarmi. Il vento è sparito da un po’, ma l’onda rimane ancora per qualche ora e rende il mio riposo poco riposante. Anzi è proprio uno stress la barca rolla come fosse in mare aperto e anche prepararmi qualcosa da mangiare è faticoso. Spero solo di riuscire a dormire un po’, che anche domani mi aspettano tante miglia.
![]() |
All’àncora di fronte al Marina Dorica di Ancona |
Ancona, martedì 7 giugno
Ci vogliono dieci ore per arrivare a San Benedetto del Tronto, prevedendo di navigare ad una media di 5 nodi. Mi sveglio alle 4,30, più per disperazione che per voglia. Le zanzare mi hanno molestato tutta notte, e rimanere a letto sarebbe stato un inutile sofferenza. Fuori comincia ad arrivare un po’ di luce, faccio colazione in pozzetto, lavo le stoviglie della cena, salpo l’àncora e alle 5,30 sono già in movimento. Il cielo è sereno, l’aria del mattino è fresca ma piacevole.
![]() |
Il porto di Ancona |
Mi preparo ad andare verso sud. Apro le vele e sfrutto subito un po’ di venticello di maestrale, prima che il Monte Conero mi faccia da schermo. Dopo un paio d’ore sono già a motore e alle 10 del mattino non c’è più in filo d’aria. Sempre la stessa storia qui in Adriatico, o niente vento o bufera. Mi rassegno e mi metto a leggere in pozzetto, lasciando al pilota automatico la guida della barca. La libreria di Eleftheria è piena di nuovi libri, alcuni li ho avuti in regalo proprio per questo viaggio, altri li avevo a casa ma non avevo mai trovato il momento di leggerli. Ho anche il lettore digitale con me, con dentro decine di titoli, ma per il momento preferisco i libri di carta. Retablo, di Vincenzo Consolo, è il primo che apro. Regalo di Paola nel lontano 1988, e non lo avevo mai letto.
![]() |
Costa abruzzese |
Mi sono cosparso di crema solare per evitare le scottatura, anche se siamo a inizio giugno. Steso a prua, in costume, guardo il cielo sopra di me, sereno per lo più, giusto qualche nuvoletta sui monti della costa marchigiana. In mare non c’è nessuno, nemmeno i pescherecci che solitamente affollano questo mare. Le citta costiere scorrono alla mia destra e mi piace osservarle con il binocolo: Porto Recanati, Civitanova, Pedaso, altri nuclei di case senza un nome preciso riportato sulla carta nautica. Tutta la costa è molto edificata, e a più livelli. Dal mare si vede bene la linea dei paesi antichi costruiti sulle prime colline, quasi uno su ogni monte, con le chiese e i campanili che svettano, e sotto di loro la linea ininterrotta di case sulla costa, tutte uguali, tutte un po’ tristi.
![]() |
Bolina con vento da sud est navigando verso San Benedetto |
Il vento è improvvisamente arrivato, da nord est anziché da nord ovest, ma va bene uguale. Spengo il motore e vado a vela, filando anche più di 6 nodi. Silenzio magnifico, solo rumore d’acqua che scorre lungo le murate. Eleftheria va, con la sua randa nuova e il genoa riparato.
Nel primo pomeriggio sono in vista di San Benedetto. Chiamo il marina per avvisarli del mio arrivo e il marinaio di turno mi attende all’ormeggio per prendere le cime. San Benedetto ha un ingresso porto insabbiato per buona parte, e bisogna stare attenti a non finire su un banco, costeggiando il molo del fanale rosso, che è appositamente scavato. La prima volta che sono entrato qui non l’ho fatto e mi sono insabbiato.
![]() |
Temporale a San Benedetto |
Sistemata la barca in pontile vado a farmi una doccia e poi un giro per il centro. Bar, gelaterie, pizzerie, tutti con i tavolini fuori in attesa dei turisti, che però non ci sono ancora in giro.
Torno al marina e preparo la cena: un uovo fritto, con mozzarella, pomodoro e birra. Sobria, molto sobria. Poi sono crollato dal sonno.
San Benedetto del Tronto, mercoledì 8 giugno
Le ho pensate tutte per evitare di rimanere intrappolato dal maltempo che sta per arrivare, e alla fine ho deciso che stamattina farò un “tappone” di oltre 70 miglia per raggiungere Termoli. Per vari motivi: 1) è da un pezzo che penso di fermarmi a Termoli ma non l’ho ancora fatto 2) il marina di Pescara è troppo vicino (solo 30 miglia) ed è più caro; 3) meglio fare un po’ di strada adesso che rimanere dietro al temporale, può darsi che le previsioni siano peggiori della realtà.
Alle 5, 40 lascio il pontile ed esco dal porto. Il vento c’è già e comincio ad andare a vela, facendo anche 6-7 nodi. Bellissimo, speriamo duri. Ho tracciato la rotta sul mio tablet e il Navionics ha calcolato 11 ore di navigazione, rotta 140°, fuori dai campi di coltivazione delle cozze, che corrono lungo la costa adriatica, quasi ininterrotti dal Po al Gargano. Piattaforme petrolifere e cozzare sono forse i due elementi che si trovano ovunque in questo mare, e temo che siano destinati ad aumentare, soprattutto le prime.
Anche oggi mare deserto; ne approfitto per fare i miei “bagni di sole” steso a prua, debitamente cosparso di creme protettive. Non ne avrei bisogno, tanti mesi in mezzo al mare mi faranno diventare nero come il carbone, ma stare distesi in coperta a godersi il vento e scaldarsi al sole è una sensazione troppo bella per rinunciarci, fin da subito.
Il tempo scorre fra un controllo alla rotta, un avvistamento all’orizzonte con binocolo, la lettura del mio libro, un caffè preparato sulla cucina basculante, e un pranzo fatto alle 12,30 con un insalata di lattuga e pomodoro, fatta più per non fare andare a male la verdura che per desiderio di mangiarla.
Termoli, la città vecchia |
Nel pomeriggio il vento cala e il motore diventa l’unica forza motrice. L’onda alla mie spalle mi aiuta un po’ e riesco a mantenere la giusta velocità. Alle 18,30 sono davanti all’ingresso del porto. Chiamo il Marina San Pietro per l’assistenza e mi fermo al primo pontile galleggiante. Ha un sistema strano di ormeggio: briccole e finger assieme, cosa alla quale non sono abituato. Un gruppo di giovani ormeggiatori, il più grande avrà 18 anni, gli altri meno, mi aiutano con le cime, facendo non poca confusione con nodi e rinvii. Fanno cadere le cime in acqua, fanno e rifanno le legature alle bitte, sono carini, stanno imparando dal più grande.
![]() |
Commenti
Posta un commento